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Sintesi

Dopo avere evidenziato andamenti deboli nel secondo e nel terzo trimestre del 2019, la crescita del PIL in termini reali dovrebbe rimanere modesta nel breve periodo. Gli indicatori del clima economico sono scesi, riflettendo principalmente l’attuale debolezza del commercio mondiale in un contesto di perduranti incertezze a livello internazionale (connesse a un aumento del protezionismo, a un potenziale rallentamento più pronunciato in Cina e a una Brexit senza accordo). Ciò nonostante, gli indicatori più recenti relativi al settore manifatturiero mostrano una certa stabilizzazione, mentre il clima di fiducia nel settore delle costruzioni e quello dei consumatori hanno evidenziato una maggiore capacità di tenuta e la situazione nei mercati del lavoro rimane favorevole. Oltre il breve termine, le condizioni di finanziamento molto positive (favorite dall’orientamento estremamente accomodante della politica monetaria della BCE), l’ipotesi di una Brexit ordinata e di una lieve attenuazione delle altre incertezze a livello mondiale, il connesso recupero graduale della domanda esterna e il considerevole allentamento delle politiche di bilancio dovrebbero nell’insieme sostenere una ripresa durevole della crescita nel medio periodo. Il ritmo di espansione del PIL in termini reali subirebbe nell’insieme una lieve diminuzione nel 2020, all’1,1%, per poi salire all’1,4% nel 2021 e nel 2022. Rispetto alle proiezioni di settembre 2019 è stato rivisto verso il basso di 0,1 punti percentuali nel 2020, in un contesto in cui gli effetti delle notevoli correzioni al ribasso della domanda esterna sono compensati solo in parte dall’impatto di politiche fiscali e monetarie più favorevoli e dal deprezzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro.

L’inflazione misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) dovrebbe diminuire ulteriormente nel 2020, dopo il calo del 2019, per poi risalire gradualmente portandosi all’1,6% nel 2022. Il profilo dell’inflazione complessiva nei prossimi trimestri risentirà in misura consistente di effetti base nella componente energetica. Dopo essere aumentato alla fine del 2019, il tasso calcolato al netto di energia e beni alimentari aumenterebbe gradualmente nell’orizzonte temporale di proiezione. Agirebbero da sostegno il rafforzamento della crescita economica, la dinamica salariale relativamente robusta in presenza di tensioni nei mercati del lavoro e la ripresa dei margini di profitto in un contesto in cui l’attività riacquista slancio grazie anche al recente pacchetto di misure di politica monetaria. L’aumento dei corsi delle materie prime non energetiche dovrebbe altresì sostenere l’inflazione di fondo. In confronto all’esercizio di proiezione di settembre, l’inflazione misurata sullo IAPC è stata rivista al rialzo nel 2020 per l’aumento dei corsi petroliferi e lievemente al ribasso nel 2021 per le minori pressioni esterne sui prezzi e il più debole andamento dei salari e dei margini di profitto[1].

1 Economia reale

La crescita del PIL in termini reali nell’area dell’euro è stata pari allo 0,2% nel terzo trimestre del 2019, lievemente superiore rispetto a quanto previsto nelle proiezioni di settembre. La domanda interna ha fornito un contributo positivo nel terzo trimestre di quest’anno, mentre l’interscambio netto e le variazioni delle scorte hanno esercitato un lieve impatto frenante. La dinamica moderata delle esportazioni riflette circostanze sfavorevoli su scala mondiale e in particolare il ristagno dell’attività internazionale e della domanda esterna in un contesto di elevata incertezza a livello globale. L’espansione dei consumi privati ha evidenziato una buona capacità di tenuta nel terzo trimestre ed è rimasta la determinante principale della crescita.

Grafico 1

PIL in termini reali dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sul trimestre precedente, dati trimestrali destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative)

Nota: gli intervalli di valori delle proiezioni centrali presentano un’ampiezza pari al doppio della media degli scarti, in valore assoluto, fra i dati effettivi e le proiezioni elaborate negli anni scorsi. La metodologia adottata per il calcolo degli intervalli, che comporta una correzione per eventi eccezionali, è illustrata in New procedure for constructing Eurosystem and ECB staff projection ranges, pubblicata dalla BCE nel dicembre 2009 e disponibile nel suo sito Internet.

Gli indicatori congiunturali segnalano una crescita modesta nel breve periodo. L’indice di fiducia (Economic Sentiment Indicator) elaborato dalla Commissione europea è migliorato a novembre dopo due mesi di calo, ma rimane inferiore alla media del terzo trimestre. L’attuale debolezza del commercio mondiale e l’incertezza ancora elevata (connessa alle controversie commerciali internazionali, alla possibilità di una Brexit disordinata e ai rischi di un rallentamento più pronunciato in Cina) incidono negativamente sulle aspettative delle imprese. Ciò vale in particolare per il settore manifatturiero, dove la fiducia si mantiene ben inferiore alla propria media di più lungo periodo. Il clima di fiducia nel settore delle costruzioni, assieme a quello dei consumatori, ha continuato per contro a mostrare una buona capacità di tenuta. Gli indici dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Indices) continuano a segnalare un’evoluzione divergente tra settori: mentre i dati relativi al settore manifatturiero rimangono molto al di sotto del valore 50 associato a una crescita uguale a zero, nonostante una lieve stabilizzazione nel periodo recente, quelli riguardanti i servizi e le costruzioni sono superiori a tale valore. Gli effetti di propagazione dal settore manifatturiero a quello dei servizi sono stati finora contenuti e sostanzialmente in linea con le attese, data l’esposizione limitata del settore dei servizi agli shock mondiali che hanno inciso negativamente su quello manifatturiero (cfr. riquadro 3). Gli indicatori più recenti suggeriscono nell’insieme che l’andamento debole della crescita osservato nel secondo e nel terzo trimestre proseguirà nei mesi finali del 2019 e agli inizi del 2020.

Nel medio periodo le proiezioni ipotizzano che le circostanze sfavorevoli a livello mondiale vengano in parte meno, consentendo ai fattori fondamentali a sostegno dell’espansione nell’area dell’euro di tornare a rafforzarsi (cfr. grafico 1 e tavola 1). Lo scenario di base assume in particolare un’uscita ordinata del Regno Unito dall’Unione europea e l’assenza di ulteriori misure protezionistiche (in aggiunta a quelle già annunciate), il che riduce altresì la probabilità di un rallentamento pronunciato in Cina. Pertanto, l’attuale livello di incertezza diminuirà gradualmente e questo permetterà ai fattori fondamentali che sostengono la crescita di tornare a rafforzarsi. Le condizioni di finanziamento dovrebbero rimanere molto accomodanti e le misure di politica monetaria della BCE, compreso l’insieme adottato a settembre 2019, seguiteranno a trasmettersi all’economia. Più specificatamente, le ipotesi tecniche implicano che nell’arco di tempo considerato i tassi di interesse nominali registrino un aumento solo modesto rispetto ai bassi livelli attuali. Dopo essersi mantenuti pressoché invariati nel breve periodo, anche i prestiti al settore privato non finanziario dovrebbero rafforzarsi lievemente grazie al miglioramento del contesto macroeconomico, ai tassi di interesse molto bassi e alle condizioni favorevoli del credito bancario sia alle famiglie sia alle società non finanziarie. Le minori esigenze di ridimensionamento della leva finanziaria e la migliore capacità di servizio del debito nei diversi settori, assieme all’espansione degli utili, contribuiranno altresì al dinamismo della spesa privata. La dinamica dei consumi privati e degli investimenti nell’edilizia residenziale dovrebbe trarre beneficio anche dagli andamenti relativamente robusti della crescita dei salari e della ricchezza netta, oltre che dal calo della disoccupazione. Le esportazioni dell’area dell’euro beneficerebbero della prevista ripresa della domanda esterna e del recente deprezzamento dell’euro in termini effettivi. Infine, l’orientamento delle politiche di bilancio dovrebbe diventare più espansivo nel periodo 2020-2021 e sostanzialmente neutro nel 2022 (cfr. sezione 3).

Tuttavia, il venir meno di alcune circostanze favorevoli determinerebbe un profilo di crescita lievemente più debole nel corso del 2022. L’occupazione dovrebbe decelerare a medio termine, rispecchiando in gran parte l’acutizzarsi dei vincoli dal lato dell’offerta di manodopera in alcuni paesi.

Tavola 1

Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Nota: le proiezioni riguardanti il PIL in termini reali e le sue componenti, il costo unitario del lavoro, il reddito per occupato e la produttività del lavoro si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative.
1) Gli intervalli di valori delle proiezioni presentano un’ampiezza pari al doppio della media degli scarti, in valore assoluto, fra i dati effettivi e le proiezioni elaborate negli anni scorsi. La metodologia adottata per il calcolo degli intervalli, che comporta una correzione per eventi eccezionali, è illustrata in New procedure for constructing Eurosystem and ECB staff projection ranges, pubblicata dalla BCE nel dicembre 2009 e disponibile nel suo sito Internet.
2) Incluso l’interscambio verso l’interno dell’area dell’euro.

3) Il sottoindice si basa sulle stime dell’impatto effettivo delle imposte indirette. Può divergere dai dati dell’Eurostat, che ipotizza la trasmissione completa e immediata dell’impatto dell’imposizione indiretta allo IAPC.
4) Calcolato come saldo delle amministrazioni pubbliche al netto degli effetti transitori del ciclo economico e delle misure temporanee assunte dai governi.

La crescita dei consumi privati si è consolidata nel terzo trimestre del 2019 e dovrebbe moderarsi leggermente nell’orizzonte temporale di proiezione. Nel terzo trimestre è salita allo 0,5%, dallo 0,2% del secondo, in un contesto di tenuta del clima di fiducia dei consumatori e di condizioni favorevoli nei mercati del lavoro. In prospettiva, nella seconda metà del 2019 il tasso di variazione dei consumi privati sul trimestre precedente sarebbe lievemente superiore in media che nella prima metà dell’anno per motivi in parte riconducibili alla reazione ritardata dei consumi alle misure pubbliche di sostegno al reddito in diverse grandi economie. Nel 2020 il clima di fiducia dei consumatori ancora relativamente favorevole, gli attesi cali ulteriori della disoccupazione e il perdurante aumento dei salari reali per occupato suggeriscono un’accelerazione dei consumi, sorretta anche dagli effetti positivi dell’allentamento delle politiche di bilancio in alcuni paesi. L’espansione dei consumi dovrebbe registrare una lieve moderazione nel periodo 2021-2022, in linea con la minore crescita del reddito disponibile reale in questi due anni.

La dinamica dei consumi privati sarebbe sostenuta dalle condizioni di finanziamento favorevoli e dall’aumento della ricchezza netta. I tassi nominali sui prestiti bancari dovrebbero registrare un’ulteriore lieve diminuzione nel breve periodo, per poi stabilizzarsi e successivamente aumentare in misura modesta nel 2021 e nel 2022. Poiché si prevede che i tassi sui prestiti bancari e i volumi dei prestiti bancari alle famiglie aumentino solo moderatamente nei prossimi anni, la spesa lorda per interessi si manterrebbe contenuta e continuerebbe quindi a sostenere i consumi privati. Le proiezioni indicano inoltre che la ricchezza netta aumenterà ulteriormente in termini reali nel periodo 2020-2022, grazie al perdurare di robuste plusvalenze legate agli immobili posseduti. La crescita della ricchezza netta, assieme ai progressi realizzati in precedenza nella riduzione della leva finanziaria, dovrebbe altresì fornire un sostegno moderato ai consumi.

Riquadro 1
Ipotesi tecniche riguardanti i tassi di interesse, i tassi di cambio e i prezzi delle materie prime

Rispetto alle proiezioni dello scorso settembre, le ipotesi tecniche includono un aumento dei prezzi del petrolio, un indebolimento del tasso di cambio effettivo e tassi di interesse più alti. Le ipotesi tecniche concernenti i tassi di interesse e i prezzi delle materie prime sono basate sulle aspettative di mercato al 19 novembre 2019. I tassi di interesse a breve termine si riferiscono all’Euribor a tre mesi e le aspettative di mercato sono desunte dai tassi dei contratti future. Da questa metodologia deriva un livello medio dei tassi a breve del -0,4% nel 2019, nel 2020 e nel 2021 e del -0,3% nel 2022. Le aspettative di mercato sui rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro implicano una media dello 0,4% per il 2019, dello 0,3% per il 2020, dello 0,4% per il 2021 e dello 0,6% per il 2022[2]. Da un confronto con l’esercizio previsivo di settembre emerge che le aspettative di mercato per i tassi di interesse a breve termine sono state riviste verso l’alto di circa 20 e 25 punti base rispettivamente per il 2020 e il 2021, mentre quelle per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni sono state corrette al rialzo di circa 20 punti base per il 2020 e il 2021.

Per quanto concerne le materie prime, sulla base dell’evoluzione dei prezzi impliciti nei contratti future considerando la media delle due settimane fino al 19 novembre, si assume che le quotazioni del greggio di qualità Brent si collochino a 63,8 dollari al barile nel 2019 e che scendano a 56,8 nel 2022. Tale profilo comporta che, rispetto alle proiezioni di settembre, i prezzi in dollari del petrolio siano più elevati nell’intero periodo in esame. I corsi delle materie prime non energetiche, espressi in dollari, sono stimati in calo nel 2019, ma si assume che tornino a salire negli anni successivi.

Le ipotesi sui tassi di cambio bilaterali restano invariate nell’arco di tempo considerato sui livelli medi osservati nelle due settimane fino al 19 novembre. Ciò implica che il cambio dollaro/euro si collochi in media a 1,12 nel 2019 e a 1,10 nel periodo 2020-2022, lievemente al di sotto di quanto indicato nell’esercizio previsivo di settembre. Il tasso di cambio effettivo dell’euro (calcolato nei confronti delle valute di 38 partner commerciali) si è deprezzato dell’1,6% rispetto alle proiezioni di settembre, riflettendo l’apprezzamento della sterlina al venir meno dei timori di un’imminente Brexit senza accordo e il relativo vigore delle valute di alcuni paesi emergenti.

Ipotesi tecniche

La crescita degli investimenti in abitazioni dovrebbe proseguire, sebbene a un ritmo più moderato. Nel breve periodo gli indicatori del clima di fiducia nel settore delle costruzioni segnalano una perdurante, ma moderata, espansione degli investimenti nell’edilizia residenziale. Tale andamento è suggerito anche dal calo delle concessioni edilizie e dalle indagini congiunturali recenti, dalle quali si evince una diminuzione della quota di famiglie che prevede di ristrutturare un’abitazione nel prossimo anno. A medio termine ci si attende che la crescita degli investimenti nell’edilizia residenziale si stabilizzi su livelli bassi, di riflesso all’acuirsi dei vincoli di capacità nel settore delle costruzioni in alcuni paesi. Anche le tendenze demografiche sfavorevoli in talune economie agirebbero da freno nel medio periodo.

Gli investimenti delle imprese continuerebbero a evidenziare una dinamica contenuta nel breve periodo, per poi acquisire gradualmente slancio nell’orizzonte temporale di riferimento. A breve termine seguiterebbero a espandersi a un ritmo modesto per motivi in larga parte riconducibili agli effetti ciclici sfavorevoli connessi alla debolezza della domanda esterna, a un grado di utilizzo della capacità produttiva inferiore e più prossimo alla propria media storica e all’incertezza elevata. Nel medio periodo dovrebbero acquisire slancio, pur crescendo in misura inferiore che negli anni precedenti, di riflesso all’evoluzione relativamente modesta del commercio mondiale e alla minore necessità di nuovi impianti. A più lungo termine, tuttavia, sarebbero sostenuti da una serie di fattori fondamentali favorevoli in un contesto in cui si ipotizza il venir meno delle incertezze. In primo luogo, in presenza di una domanda aggregata ancora robusta per diversi anni, le imprese accresceranno gli investimenti per espandere il proprio stock di capitale produttivo. In secondo luogo, le condizioni di finanziamento dovrebbero essere ancora molto positive nell’arco di tempo considerato. In terzo luogo, l’atteso miglioramento dei margini di profitto agirebbe da sostegno. In quarto luogo, gli investimenti delle imprese dovrebbero essere sorretti dal calo dell’indice di leva finanziaria nel settore delle società non finanziarie registrato negli ultimi anni grazie alla ripresa dei corsi azionari, al protratto accumulo di attività e alla moderata crescita dei debiti finanziari, anche se l’indebitamento lordo consolidato resta superiore ai livelli pre-crisi e dovrebbe aumentare in misura moderata nel periodo in esame. Infine, la spesa lorda per interessi delle società non finanziarie ha toccato minimi storici negli ultimi anni e dovrebbe aumentare solo gradualmente negli anni a venire, sostenendo gli investimenti delle imprese.

Riquadro 2
Contesto internazionale

I dati più recenti disponibili confermano il netto calo della crescita in termini reali del PIL mondiale (esclusa l’area dell’euro) nel 2019. L’economia globale è rimasta debole nel corso del 2019 dopo il forte rallentamento nella seconda metà del 2018, registrando il periodo di minore espansione dalla crisi finanziaria mondiale. La debolezza dell’attività nel settore manifatturiero e degli investimenti, in presenza di un aumento dell’incertezza riguardo alle politiche commerciali, continua a rappresentare la principale circostanza sfavorevole per l’economia mondiale, solo in parte compensata dalle misure di stimolo attuate in diversi paesi per contrastare il deteriorarsi delle prospettive. La debolezza osservata nei paesi emergenti è stata maggiore del previsto a causa di shock idiosincratici al volgere dell’anno e di problemi strutturali in alcune di queste economie. Nei paesi avanzati, politiche economiche favorevoli e alcuni fattori temporanei positivi hanno contribuito ad attenuare il rallentamento.

A medio termine la crescita mondiale aumenterebbe solo lievemente, di riflesso alla moderata ripresa nelle economie emergenti che compensa il rallentamento nei paesi avanzati e in Cina. Dopo essere scesa al 2,9% nel 2019, dal 3,8% nel 2018, la crescita mondiale (esclusa l’area dell’euro) dovrebbe recuperare gradualmente e raggiungere il 3,4% nel 2022. Tali andamenti sono determinati da tre fattori principali. L’indebolimento della congiuntura in gran parte delle economie avanzate e la graduale transizione della Cina verso un profilo di crescita inferiore incideranno negativamente sulla crescita a livello internazionale. Per contro, un effetto base favorevole dovuto allo stabilizzarsi dell’attività nelle economie emergenti che avevano registrato una grave recessione (ad esempio Argentina, Venezuela e Iran) contribuirà alla ripresa. Rispetto alle proiezioni di settembre, le prospettive per la crescita globale sono state riviste al ribasso nel periodo considerato riflettendo una ripresa meno dinamica del previsto in alcuni paesi emergenti e, in misura inferiore, l’impatto delle perduranti tensioni commerciali su scala internazionale.

L’interscambio mondiale (esclusa l’area dell’euro) è diminuito in misura significativa nel corso del 2019, in presenza di ricorrenti episodi di intensificazione delle tensioni commerciali e di un rallentamento dell’attività industriale. Nelle economie avanzate il commercio dovrebbe tornare a crescere moderatamente nel terzo e nel quarto trimestre del 2019, grazie alla normalizzazione delle importazioni nel Regno Unito (dopo il netto calo del secondo trimestre che ha fatto seguito all’eccezionale incremento nel processo di accumulo di scorte agli inizi del 2019[3]) e alla ripresa delle importazioni negli Stati membri dell’Unione europea che si trovano nell’Europa centrale e orientale dopo un temporaneo rallentamento nel secondo trimestre. Nei paesi emergenti l’interscambio scenderebbe in territorio negativo nel terzo trimestre a causa delle circostanze sfavorevoli agli scambi in Cina, del rallentamento economico in India e delle turbolenze politiche in America latina, ma dovrebbe sostanzialmente stabilizzarsi nel quarto trimestre.

Contesto internazionale

(variazioni percentuali annue)

1) Calcolato come media ponderata delle importazioni.
2) Calcolata come media ponderata delle importazioni dei partner commerciali dell’area dell’euro.

Nel medio periodo le importazioni mondiali (esclusa l’area dell’euro) aumenterebbero gradualmente, ma a un ritmo più modesto di quello dell’attività globale. L’ulteriore intensificazione delle tensioni commerciali su scala internazionale (i cui effetti continueranno a essere avvertiti nel 2020), il recupero più graduale del previsto nei paesi emergenti e il riequilibrio strutturale dell’economia cinese contribuiranno nell’insieme a posticipare la ripresa dell’interscambio mondiale. Di conseguenza, l’elasticità del commercio al prodotto tornerebbe pari a uno solo oltre l’orizzonte temporale di proiezione. La crescita delle importazioni mondiali (esclusa l’area dell’euro) dovrebbe subire un calo pronunciato rispetto al 4,6% registrato nel 2018, scendendo a zero quest’anno, per poi recuperare portandosi allo 0,8% nel 2020, al 2,4% nel 2021 e al 2,7% nel 2022. Il ritmo di espansione della domanda esterna dell’area dell’euro, pari al 3,7% nel 2018, scenderebbe allo 0,7% nel 2019 e aumenterebbe gradualmente raggiungendo l’1,0% nel 2020, il 2,3% nel 2021 e il 2,6% nel 2022. Al confronto con le proiezioni di settembre, è stato rivisto al ribasso di 0,3, 0,9 e 0,4 punti percentuali rispettivamente nel 2019, nel 2020 e nel 2021. Oltre all’impatto delle tariffe annunciate dopo la data di chiusura dell’esercizio previsivo di settembre e dei dati più modesti, queste revisioni riflettono altresì la debolezza generalizzata delle importazioni nelle economie sia avanzate sia emergenti sulla scia di prospettive di crescita moderate.

Le esportazioni dovrebbero espandersi a un ritmo contenuto nel breve periodo, per poi recuperare gradualmente nel resto dell’orizzonte temporale di riferimento. Nei mesi finali del 2019 si manterrebbero deboli, in linea con il persistente rallentamento del commercio mondiale, dopo avere registrato tassi di crescita bassi nel secondo e nel terzo trimestre dell’anno. A medio termine, le esportazioni dell’area dell’euro dovrebbero recuperare ed espandersi a un ritmo sostanzialmente coerente con l’evoluzione della domanda esterna (cfr. riquadro 2). Le importazioni, che avevano evidenziato una dinamica vigorosa nel secondo trimestre del 2019 (connessa al picco raggiunto dalla crescita degli investimenti in Irlanda) e moderata nel terzo, aumenterebbero pressoché in linea con la domanda totale (domanda interna ed esportazioni) nell’arco di tempo considerato. Complessivamente, il contributo del commercio netto alla crescita del PIL in termini reali dovrebbe essere sostanzialmente neutro nell’intero periodo in esame.

La crescita dell’occupazione sarebbe contenuta, riflettendo in parte fattori temporanei nel breve periodo, mentre ci si attende che emergano vincoli dal lato dell’offerta di manodopera nel prosieguo dell’orizzonte temporale di proiezione. Il numero di occupati è salito dello 0,1% nel terzo trimestre del 2019, a indicare una perdita di slancio rispetto ai tassi di incremento sul periodo precedente osservati negli ultimi quattro anni. A medio termine l’occupazione continuerebbe ad aumentare a ritmi piuttosto modesti, per effetto dei vincoli dal lato dell’offerta di manodopera. Inoltre, verso la fine del periodo in esame anche la domanda di manodopera dovrebbe registrare una moderazione in linea con il rallentamento dell’attività.

La dinamica delle forze di lavoro dovrebbe moderarsi nell’arco di tempo considerato. Le forze di lavoro continuerebbero a espandersi riflettendo la prevista immigrazione netta di lavoratori (compresa l’attesa integrazione dei rifugiati) e i perduranti aumenti del tasso di partecipazione. Si prevede tuttavia che nell’orizzonte temporale di proiezione questi fattori vengano gradualmente meno e aumenti l’impatto sfavorevole esercitato dall’invecchiamento demografico, in un contesto in cui le coorti più anziane che escono dalle forze di lavoro sono in numero maggiore rispetto a quelle più giovani che entrano a farvi parte.

Il tasso di disoccupazione nell’area dell’euro scenderebbe costantemente, portandosi al 7,1% nel 2022. È diminuito al 7,5% a ottobre 2019, il livello più basso dal 2008. Ci si attende che i tassi di disoccupazione continuino a evidenziare differenze sostanziali tra i diversi paesi dell’area.

La produttività del lavoro dovrebbe recuperare nel periodo sotto rassegna. La crescita della produttività del lavoro per addetto e per ora lavorata è diminuita nel 2018 dopo il forte slancio del 2017, di riflesso all’inatteso indebolimento dell’attività. Sarà modesta anche nel 2019, per la debole espansione del prodotto a fronte di una dinamica dell’occupazione ancora piuttosto robusta. Nel resto dell’orizzonte temporale di riferimento dovrebbe aumentare, in un contesto in cui l’attività riacquista slancio mentre gli input di lavoro registrano un rallentamento, e a medio termine si avvicinerebbe alla propria media pre-crisi dell’1,0% sul periodo corrispondente[4].

Rispetto alle proiezioni di settembre, la crescita del PIL in termini reali ha subito una revisione verso il basso per il 2020 ed è stata mantenuta invariata per il 2021. Il dato relativo al 2020 è stato corretto al ribasso in un contesto in cui l’impatto delle notevoli revisioni verso il basso della domanda esterna è compensato solo in parte dagli effetti di politiche fiscali e monetarie che offrono un sostegno maggiore e dal deprezzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro. Nel 2021 l’impatto di una più limitata correzione al ribasso ulteriore della domanda esterna è bilanciato da politiche più favorevoli.

Riquadro 3
Effetti di propagazione fra paesi e settori nell’area dell’euro

Due dinamiche concomitanti hanno influito sulla crescita economica nell’area dell’euro dagli inizi del 2018: 1) l’indebolimento dell’interscambio mondiale, anche alla luce delle crescenti tensioni commerciali e delle persistenti incertezze sul piano delle politiche a livello internazionale; 2) la differenziazione degli andamenti tra il settore manifatturiero e quello dei servizi. La produzione nel settore manifatturiero, riflessa nell’indice dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Index, PMI)(cfr. grafico A), risente in misura significativa sin dai primi del 2018 del calo del commercio mondiale e di alcuni fattori interni sfavorevoli connessi in particolare al comparto automobilistico tedesco[5]. L’attività nell’insieme del settore dei servizi ha continuato finora a evidenziare una relativa capacità di tenuta, anche se gli indicatori recenti basati sulle indagini congiunturali segnalano una lieve debolezza.

Grafico A

Indicatori PMI per l’area dell’euro

(indice di diffusione, 50 = nessuna variazione)

Fonti: Markit.
Nota: l’ultima rilevazione si riferisce a novembre 2019.

I risultati del modello utilizzato indicano che i fattori mondiali costituiscono la determinante principale della debolezza del PMI relativo al prodotto nel settore manifatturiero nei grandi paesi dell’area dell’euro a partire da gennaio 2018 (cfr. grafico B)[6]. Alla diminuzione degli indicatori PMI relativi al prodotto nel settore manifatturiero hanno contribuito altresì shock avversi specifici di tale settore nell’area dell’euro.

Anche i servizi hanno avvertito l’effetto lievemente negativo dei fattori mondiali e interni, ma hanno mostrato una maggiore capacità di tenuta (cfr. grafico B). IlPMI relativo al prodotto nel settore dei servizi è altresì diminuito da gennaio 2018, sebbene molto meno del corrispondente indice per il settore manifatturiero. I risultati del modello mostrano come anche questo calo sia riconducibile principalmente a fattori mondiali, che hanno tuttavia esercitato un impatto meno pronunciato rispetto a quello osservato nel settore manifatturiero. Gli shock riguardanti l’attività manifatturiera nell’area dell’euro hanno svolto un ruolo limitato nella diminuzione del PMI relativo al prodotto nel settore dei servizi.

Grafico B

Determinanti del PMI per il settore manifatturiero e dei servizi nei paesi dell’area dell’euro: fattori interni ed esterni a confronto

(differenza nell’indice di diffusione)

Fonti: Markit ed elaborazioni della BCE.
Nota: gli shock sono individuati attraverso restrizioni sull’ampiezza del loro impatto (cfr. De Santis, R. A. e Zimic, S., “Spillovers among sovereign debt markets: Identification through absolute magnitude restrictions”, Journal of Applied Econometrics, vol. 33, pagg. 727-747, 2018). “MAN” sta per manifatturiero e “SER” per servizi. L’ultima rilevazione si riferisce a ottobre 2019.

In sintesi, i risultati suggeriscono l’esistenza di alcuni effetti di propagazione negativi dai fattori mondiali e dal settore manifatturiero al settore dei servizi, anche se nel complesso quest’ultimo ha continuato finora a evidenziare una relativa capacità di tenuta. Ciò rispecchia verosimilmente il fatto che gli attuali shock avversi sono connessi al commercio di beni e al comparto automobilistico e sono quindi specifici del settore manifatturiero, mentre al tempo stesso l’attività in tutti i settori è stata sorretta dalle condizioni di finanziamento favorevoli che riflettono l’orientamento estremamente accomodante della politica monetaria.

2 Prezzi e costi

L’inflazione misurata sullo IAPC scenderebbe all’1,1% nel 2020, per poi salire all’1,4% nel 2021 e all’1,6% nel 2022 (cfr. grafico 2). L’inflazione complessiva sarà verosimilmente moderata ma piuttosto volatile fino al secondo trimestre del 2020, riflettendo principalmente effetti base nella componente energetica. Quest’ultima rimarrà negativa fino agli inizi del 2021 e diventerà positiva solo nel secondo trimestre di tale anno in un contesto in cui la curva dei contratti future sulle quotazioni del petrolio si stabilizza e iniziano altresì ad avere effetto alcuni aumenti delle imposte. La componente alimentare dovrebbe oscillare attorno all’1,8%. Dopo un aumento moderato alla fine del 2019, lo IAPC al netto di energia e beni alimentari non evidenzierà alcuna tendenza significativa nel corso del 2020 e salirà all’1,4% nel 2021 e all’1,6% nel 2022. Favorirebbero questo andamento ascendente il rafforzamento dell’attività economica, la dinamica salariale relativamente robusta in presenza di tensioni nei mercati del lavoro e la ripresa dei margini di profitto in un contesto in cui l’attività riacquista slancio grazie anche alle misure di politica monetaria adottate dalla BCE a settembre 2019. L’aumento dei corsi delle materie prime non energetiche dovrebbe altresì fornire un certo sostegno all’inflazione calcolata al netto dei beni energetici e alimentari.

Grafico 2

IAPC dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sui dodici mesi)

Nota: gli intervalli di valori delle proiezioni centrali presentano un’ampiezza pari al doppio della media degli scarti, in valore assoluto, fra i dati effettivi e le proiezioni elaborate negli anni scorsi. La metodologia adottata per il calcolo degli intervalli, che comporta una correzione per eventi eccezionali, è illustrata in New procedure for constructing Eurosystem and ECB staff projection ranges, pubblicata dalla BCE nel dicembre 2009 e disponibile nel suo sito Internet.

Dopo essersi indebolito nella seconda metà del 2019. l’incremento del reddito per occupato dovrebbe acquisire gradualmente slancio in presenza di condizioni ancora tese nei mercati del lavoro. Il fattore principale alla base della dinamica salariale è il previsto inasprimento delle condizioni nei mercati del lavoro in alcune parti dell’area dell’euro. Al di là degli andamenti congiunturali, è prevedibile che l’aumento dell’inflazione complessiva negli ultimi due anni contribuisca a una crescita robusta delle retribuzioni nelle economie dell’area in cui il processo di formazione dei salari include elementi retrospettivi. Inoltre, alcuni paesi hanno introdotto aumenti delle retribuzioni minime che potrebbero trasmettersi alla distribuzione dei salari.

La crescita del costo del lavoro per unità di prodotto dovrebbe diminuire fino agli inizi del 2021 e non evidenziare alcuna tendenza significativa nel periodo successivo. Dopo il picco raggiunto nel 2019 nel contesto del rallentamento ciclico della produttività, la crescita del costo del lavoro per unità di prodotto dovrebbe moderarsi nel corso del 2020 e mantenersi poi pari all’1,4%. La dinamica più debole nel 2020 riflette un’accelerazione della produttività sullo sfondo di tassi di incremento dei salari invariati, mentre il successivo profilo di stabilità denota l’effetto congiunto del perdurante aumento della crescita della produttività e della più vivace dinamica salariale.

Dopo essersi ridotti nel 2019, i margini di profitto dovrebbero continuare a diminuire nel 2020 e registrare una lieve ripresa nel resto del periodo in esame. I margini di profitto sono compressi dalla metà del 2018 e ci si attende che rimangano tali nel corso del 2020 per l’indebolimento dell’attività economica, in particolare nel settore manifatturiero. In questo contesto, attenuano l’accelerazione del costo del lavoro per unità di prodotto connessa alla produttività. Inoltre, gli aumenti passati delle quotazioni del petrolio hanno inciso negativamente sulle ragioni di scambio e questo esercita effetti avversi sui margini di profitto. I suddetti fattori dovrebbero diventare meno importanti in presenza di una stabilizzazione dei corsi petroliferi e di una ripresa di slancio dell’attività economica, con gli aumenti passati dei salari che si trasmettono gradualmente ai prezzi.

Le pressioni esterne sui prezzi, che si erano attenuate nel corso del 2019, dovrebbero aumentare moderatamente fino al 2021 e mantenersi stabili nel periodo successivo. La crescita sul periodo corrispondente del deflatore delle importazioni è diminuita nel 2019 secondo le stime e dovrebbe aumentare gradualmente nel 2020 e nel 2021. Questo profilo è in gran parte determinato dalle variazioni dei corsi petroliferi, che hanno sospinto i prezzi all’importazione verso il basso nel 2019 e che – come suggerisce la curva dei contratti future sulle quotazioni del petrolio – continueranno a moderarne la dinamica nell’orizzonte temporale di proiezione, ancorché in misura considerevolmente inferiore. L’aumento dei corsi delle materie prime non petrolifere e le spinte inflazionistiche di fondo a livello internazionale dovrebbero fornire un sostegno all’inflazione dei prezzi all’importazione.

Da un confronto con l’esercizio previsivo di settembre emerge che le proiezioni per l’inflazione misurata sullo IAPC sono state riviste al rialzo per il 2020 e al ribasso per il 2021. Tali correzioni sono in parte riconducibili alla componente energetica, che è stata oggetto di una revisione verso l’alto nel 2020 e verso il basso nel 2021 a causa dell’aumento dei corsi petroliferi nel breve periodo e di un’inclinazione lievemente più discendente della curva dei future sulle quotazioni del petrolio. Anche la componente alimentare è stata rivista al ribasso per il 2020 e il 2021, riflettendo in parte il calo dell’inflazione dei prezzi delle materie prime alimentari a livello internazionale. La proiezione per l’inflazione misurata sullo IAPC al netto di energia e beni alimentari è stata corretta lievemente al rialzo nel 2020 e leggermente al ribasso nel 2021 riflettendo l’interazione fra le spinte verso l’alto esercitate dall’indebolimento del tasso di cambio e dagli effetti indiretti dei rincari del petrolio da un lato e la più lenta dinamica dei prezzi a livello mondiale e il minore profilo di crescita dei salari e dei margini di profitto dall’altro.

3 Prospettive per i conti pubblici

L’orientamento delle politiche di bilancio nell’area dell’euro[7] sarebbe espansivo nel periodo 2019-2021 e sostanzialmente neutro nel 2022. Il previsto allentamento delle politiche di bilancio nel periodo 2019-2021 è principalmente ascrivibile alla diminuzione delle imposte dirette e all’aumento dei trasferimenti pubblici oltre che, in qualche misura, alla crescita dei consumi e degli investimenti del settore pubblico. Nel 2022 l’orientamento delle politiche di bilancio sarebbe pressoché neutro, con alcuni limitati cali ulteriori delle imposte dirette e aumenti della spesa.

Il saldo di bilancio dell’area dell’euro dovrebbe diminuire costantemente nel periodo 2019-2021, per poi stabilizzarsi nel 2022, mentre il debito pubblico in rapporto al PIL continua a seguire una traiettoria discendente. Il calo del saldo di bilancio nel periodo 2019-2021 è riconducibile all’orientamento espansivo delle politiche fiscali. Ciò è in parte compensato dai minori esborsi per interessi, mentre la componente ciclica rimane invariata nell’orizzonte temporale di proiezione. La diminuzione del debito delle amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL nell’arco di tempo considerato è sorretta dal differenziale favorevole fra tasso di interesse e tasso di crescita e dalla presenza di saldi primari positivi, ancorché in calo nel corso del tempo.

Le prospettive per le finanze pubbliche nell’area dell’euro nel periodo 2020-2021 si sono lievemente deteriorate rispetto all’esercizio previsivo di settembre. Dopo una limitata revisione al rialzo nel 2019, il più ampio disavanzo di bilancio nel 2020 e nel 2021 riflette l’ulteriore allentamento delle politiche fiscali, mentre la componente ciclica e le proiezioni relative alla spesa per interessi rimangono pressoché invariate. Il rapporto debito/PIL dovrebbe evidenziare un profilo lievemente superiore rispetto all’esercizio previsivo di settembre a causa delle revisioni al rialzo dei dati storici, dei minori avanzi primari previsti e di differenziali meno favorevoli fra tasso di interesse e tasso di crescita nel periodo 2020-2021.

Riquadro 4
Analisi di sensibilità

Le proiezioni si basano in ampia misura su ipotesi tecniche concernenti l’evoluzione di alcune variabili fondamentali. Poiché queste ultime possono incidere notevolmente sulle proiezioni formulate per l’area dell’euro, un esame della sensibilità a profili alternativi per le ipotesi sottostanti può contribuire all’analisi dei rischi che circondano le proiezioni. Questo riquadro verte sull’incertezza inerente ad alcune ipotesi sottostanti fondamentali e sulla sensibilità delle proiezioni rispetto a tali variabili.

1) Profili alternativi dei prezzi del petrolio

L’analisi di sensibilità è volta a valutare le implicazioni di profili alternativi dei corsi petroliferi. Le ipotesi tecniche sugli andamenti dei corsi petroliferi sottostanti allo scenario di base, che sono elaborate sui prezzi dei future, indicano un andamento lievemente discendente delle quotazioni del petrolio, con il prezzo del greggio di qualità Brent che raggiungerebbe circa 57 dollari al barile entro la fine del 2022. L’analisi considera due profili alternativi dei prezzi del petrolio. Il primo è calcolato utilizzando il 25° percentile della distribuzione ricavata dalle densità delle probabilità implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio al 19 novembre 2019 e comporta un calo graduale delle quotazioni a 46,7 dollari per barile nel 2022, un livello inferiore del 18,1% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per quell’anno. Come emerge dalla media dei risultati di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti, questo profilo eserciterebbe un lieve impatto al rialzo sulla crescita del PIL in termini reali (di circa 0,1 punti percentuali nel 2021); l’inflazione misurata sullo IAPC risulterebbe invece inferiore di 0,4, 0,3 e 0,2 punti percentuali rispettivamente nel 2020, nel 2021 e nel 2022. Il secondo profilo si basa sul 75° percentile della stessa distribuzione e implica un aumento del prezzo del petrolio a 78,7 dollari per barile nel 2022, un livello superiore del 38,1% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per l’anno in questione. Questo profilo comporterebbe un aumento dell’inflazione misurata sullo IAPC, che risulterebbe superiore di 0,7, 0,6 e 0,3 punti percentuali rispettivamente nel 2020, nel 2021 e nel 2022, mentre la crescita del PIL in termini reali sarebbe lievemente inferiore (di 0,1 punti percentuali nel 2020, nel 2021 e nel 2022).

2) Profilo alternativo del tasso di cambio

L’analisi di sensibilità indaga gli effetti di un rafforzamento del tasso di cambio dell’euro. Lo scenario è coerente con la distribuzione ricavata dalle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il tasso di cambio dollaro/euro al 19 novembre 2019, che è nettamente orientata verso un apprezzamento dell’euro. Il 75° percentile di tale distribuzione comporta un apprezzamento dell’euro a 1,25 dollari per euro nel 2022, ossia un cambio superiore del 12,8% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per quell’anno. La corrispondente ipotesi per il tasso di cambio effettivo nominale dell’euro riflette regolarità storiche, ove le variazioni del cambio dollaro/euro corrispondono a quelle del tasso effettivo con un’elasticità pari a poco più del 50%. In tale scenario, da una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti emergono in media valori più bassi sia per la crescita del PIL in termini reali sia per l’inflazione misurata sullo IAPC (rispettivamente inferiori di 0,2 punti percentuali nel 2020, 0,4-0,5 punti percentuali nel 2021 e 0,2-0,3 punti percentuali nel 2022).

Riquadro 5
Previsioni formulate da altre organizzazioni

Varie organizzazioni, sia internazionali sia del settore privato, hanno pubblicato previsioni relative all’area dell’euro. Tuttavia tali previsioni non sono perfettamente confrontabili tra loro, né con le proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE/dell’Eurosistema, poiché sono state formulate in momenti differenti. Inoltre esse si basano su metodi diversi, non del tutto specificati, per definire le ipotesi sulle variabili di bilancio, finanziarie ed esterne, inclusi i corsi del petrolio e di altre materie prime, e presentano differenze metodologiche nella correzione dei dati per il numero di giornate lavorative (cfr. tavola).

Le proiezioni elaborate dagli esperti per la crescita del PIL in termini reali e l’inflazione misurata sullo IAPC si collocano entro i valori delle previsioni delle altre organizzazioni e degli analisti del settore privato.

Confronto tra alcune previsioni recenti sulla crescita del PIL e sull’inflazione nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Fonti: Economic Outlook dell’OCSE, novembre 2019; Euro Zone Barometer di MJEconomics, indagine di novembre 2019 per il 2019 e il 2020 e indagine di ottobre 2019 per il 2021 e il 2022; Consensus Economics Forecasts, indagine di novembre 2019 per il 2019 e il 2020 e indagine di ottobre 2019 per il 2021 e il 2022; European Economic Forecast della Commissione europea, autunno 2019; Survey of Professional Forecasters della BCE, 4° trim. del 2019; World Economic Outlook dell’FMI, ottobre 2019.
Note: i tassi di crescita indicati nelle proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema e della BCE e nelle previsioni dell’OCSE sono corretti per il numero di giornate lavorative, diversamente da quelli riportati dalla Commissione europea e dall’FMI. Per quanto riguarda le altre previsioni non viene fornita alcuna precisazione in merito.

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Per la terminologia tecnica, è disponibile sul sito della BCE un glossario in lingua inglese.

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  1. Le ipotesi tecniche riguardanti, ad esempio, i prezzi del petrolio e i tassi di cambio sono aggiornate al 19 novembre 2019 (cfr. riquadro 1); per le altre informazioni utilizzate la data di chiusura dell’esercizio è il 27 novembre. Le proiezioni macroeconomiche di questo mese si riferiscono al periodo 2019-2022. Nella loro interpretazione va ricordato che esercizi previsivi condotti per un orizzonte temporale così esteso presentano un grado di incertezza molto elevato. Cfr. l’articolo Una valutazione delle proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema nel numero di maggio 2013 del Bollettino mensile della BCE. All’indirizzo http://www.ecb.europa.eu/pub/projections/html/index.en.html sono accessibili i dati utilizzati per la compilazione di alcuni grafici e tavole.
  2. L’ipotesi formulata per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro si basa sulla media dei rendimenti dei titoli di riferimento a dieci anni dei vari paesi, ponderata per il PIL su base annua; la media è poi estesa utilizzando il profilo dei tassi a termine derivato dal par yield a dieci anni di tutti i titoli dell’area dell’euro stimato dalla BCE, con la discrepanza iniziale tra le due serie mantenuta costante nel periodo della proiezione. Si ipotizza che i differenziali tra i rendimenti dei titoli dei singoli paesi e la corrispondente media dell’area dell’euro rimangano costanti nell’orizzonte temporale considerato.
  3. Nel primo trimestre del 2019 le importazioni del Regno Unito sono aumentate del 10% (sul periodo precedente) a causa dell’accumulo di scorte in anticipazione del 29 marzo, il termine originariamente fissato per la Brexit. Successivamente, nel secondo trimestre, sono diminuite del 13% per l’inversione del processo di accumulo di scorte.
  4. Media del periodo 1999-2007.
  5. Cfr. il riquadro Fattori interni ed esterni alla base del calo della produzione industriale nell’area dell’euro nel numero 6/2019 del Bollettino economico della BCE.
  6. L’importanza relativa degli shock esterni e interni nello spiegare gli andamenti degli indicatori PMI relativi al prodotto nel settore manifatturiero e in quello dei servizi è valutata utilizzando un modello autoregressivo vettoriale strutturale (structural vector autoregression, SVAR). L’esercizio utilizza i PMI relativi al prodotto nel settore manifatturiero e in quello dei servizi di Francia, Germania, Italia e Spagna, oltre che il PMI dell’area dell’euro relativo ai nuovi ordinativi dall’estero. Il modello è stimato per il periodo compreso fra gennaio 2007 e ottobre 2019. Gli shock sono individuati attraverso restrizioni sull’ampiezza del loro impatto: l’effetto di uno shock nel paese di origine al momento dell’impatto è maggiore in valore assoluto sulle variabili interne che su quelle esterne. Si ipotizza inoltre che l’effetto di propagazione dal commercio al settore manifatturiero abbia sempre un segno positivo. La metodologia per l’identificazione degli shock è spiegata in De Santis, R. A. e Zimic, S., “Spillovers among sovereign debt markets: Identification through absolute magnitude restrictions”, Journal of Applied Econometrics, vol. 33, pagg. 727-747, 2018.
  7. Viene misurato come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, al netto del sostegno pubblico a favore del settore finanziario.