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Prefazione

Il 2015 è stato un anno di ripresa per l’economia dell’area dell’euro. L’inflazione ha tuttavia continuato a seguire una traiettoria discendente. In questo contesto, un nodo centrale del 2015 è stato per l’area il rafforzamento della fiducia: fra i consumatori per promuovere la spesa; da parte delle imprese per riavviare le assunzioni e gli investimenti; a livello delle banche per incrementare i prestiti. Ciò è stato essenziale per alimentare la ripresa e contribuire a riportare l’inflazione verso il nostro obiettivo di tassi inferiori ma prossimi al 2%.

Con l’avanzare dell’anno abbiamo di fatto assistito al consolidarsi della fiducia. La domanda interna ha sostituito quella esterna come motore della crescita sulla scia di un miglioramento del clima di fiducia dei consumatori. Nell’intera area dell’euro è ripartita la dinamica del credito. L’occupazione ha continuato ad aumentare e i timori di deflazione, che si erano diffusi nell’area agli inizi del 2015, sono stati interamente dissipati.

Come illustriamo nel Rapporto annuale di quest’anno, la BCE ha contribuito a questo contesto in miglioramento attraverso due canali principali.

In primo luogo e in modo particolare, abbiamo contribuito con le decisioni di politica monetaria. Siamo intervenuti con determinazione durante l’intero anno per allontanare le minacce per la stabilità dei prezzi e assicurare l’ancoraggio delle aspettative di inflazione: a partire da gennaio con la decisione di ampliare il programma di acquisto di attività (PAA), successivamente apportandovi vari aggiustamenti, quali l’estensione dell’elenco degli emittenti di titoli ammissibili per gli acquisti, e infine con le decisioni assunte in dicembre di ridurre ulteriormente in territorio negativo il tasso sui depositi presso la banca centrale e di ricalibrare i nostri acquisti di attività.

Queste misure si sono dimostrate efficaci. Le condizioni di finanziamento hanno registrato un considerevole allentamento: dalla metà del 2014 i tassi sui prestiti bancari sono diminuiti di circa 80 punti base nell’area dell’euro, con un effetto di trasmissione equivalente, in circostanze normali, a una riduzione una tantum dei tassi di 100 punti base. Anche la crescita e l’inflazione ne hanno beneficiato. In base alle valutazioni degli esperti dell’Eurosistema in assenza del PAA, considerando anche le misure di dicembre, l’inflazione sarebbe risultata negativa nel 2015 e sarebbe stata inferiore di oltre mezzo punto percentuale nel 2016 e di circa mezzo punto percentuale nel 2017. Il PAA determinerà un aumento del PIL dell’area dell’euro di circa 1,5 punti percentuali nel periodo 2015-2018.

A fine anno abbiamo ricalibrato la nostra politica per fronteggiare nuovi effetti avversi derivanti dagli andamenti economici mondiali, che hanno spinto al ribasso le prospettive di inflazione. Questi effetti avversi si sono intensificati agli inizi del 2016, rendendo necessario, da parte nostra, un orientamento ancora più espansivo della politica monetaria. A marzo 2016 il Consiglio direttivo ha deciso di ampliare il PAA in termini sia di dimensioni sia di composizione (includendo per la prima volta titoli societari), di ridurre ulteriormente il tasso sui depositi presso la banca centrale, di introdurre una nuova serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine, con potenti incentivi all’erogazione di credito per le banche, e di rafforzare le indicazioni prospettiche (forward guidance). Con queste decisioni abbiamo ribadito che, anche dinanzi a forze disinflazionistiche su scala mondiale, la BCE non si piega a un livello di inflazione eccessivamente basso.

In secondo luogo, nel 2015 la BCE ha contribuito al clima di fiducia contrastando i rischi per l’integrità dell’area dell’euro, principalmente connessi agli eventi in Grecia nella prima metà dell’anno. L’incertezza riguardo all’impegno del nuovo governo a tenere fede al proprio programma di aggiustamento macroeconomico ha fatto sì che sia le banche sia il settore pubblico perdessero l’accesso al mercato e che i titolari di depositi intensificassero il ritiro di fondi detenuti presso le banche. L’Eurosistema ha fornito un’ancora di salvezza al sistema bancario greco attraverso l’erogazione di liquidità di emergenza (Emergency Liquidity Assistance, ELA).

La BCE ha agito in piena indipendenza nel rispetto delle proprie regole: da un lato dovevamo assicurare di non concedere alcun finanziamento monetario al governo greco e di prestare fondi unicamente a banche solvibili e in possesso di garanzie sufficienti; dall’altro, occorreva che decisioni con implicazioni di vasta portata per l’area dell’euro fossero assunte dalle autorità politiche legittimate a farlo. L’approccio che abbiamo seguito è stato pienamente conforme ai termini del nostro mandato: l’impegno nei confronti della moneta unica sancito dal Trattato è stato onorato, ma al tempo stesso lo abbiamo portato a compimento entro i limiti previsti dal nostro Statuto.

Sebbene siano stati infine scongiurati gli esiti più estremi grazie all’accordo tra la Grecia e gli altri paesi dell’area dell’euro su un terzo programma, l’episodio ha posto in evidenza la fragilità dell’area e ha ribadito l’esigenza di completare la nostra unione monetaria. A questo fine sono stato uno dei “Cinque presidenti” che a giugno 2015 hanno presentato un rapporto contenente suggerimenti concreti per l’ulteriore riforma dell’impianto istituzionale dell’area dell’euro. Se vogliamo conseguire un’unione più solida, evitando di sovraccaricare la banca centrale, tali suggerimenti si dovranno tradurre in azione.

Infine, nel 2015 la BCE ha anche rafforzato la fiducia nei suoi processi decisionali accrescendo il livello di trasparenza e potenziando la governance. In gennaio abbiamo avviato la pubblicazione dei resoconti delle riunioni di politica monetaria, che hanno permesso al mondo esterno di avere una visione più chiara delle nostre deliberazioni. Abbiamo inoltre iniziato a divulgare le decisioni concernenti l’ELA e i relativi importi, nonché dati sui saldi di Target2 e i calendari dei membri del Comitato esecutivo. In tempi di politica monetaria non convenzionale questi progressi sul piano della trasparenza sono essenziali per rendere pienamente conto al pubblico del nostro operato.

Un altro miglioramento in termini di governance è stato realizzato grazie a un progetto inteso a ottimizzare le modalità di funzionamento della BCE allorché investita di nuove attribuzioni e posta dinanzi a sfide inedite. Nel 2015 abbiamo iniziato ad attuare varie raccomandazioni emerse in questo contesto, in particolare designando per la prima volta un Responsabile generale dei servizi (Chief Services Officer) per supportare l’organizzazione interna della Banca.

Il 2016 non sarà meno foriero di sfide per la BCE. Le prospettive per l’economia mondiale sono circondate da incertezza. Dobbiamo fronteggiare persistenti forze disinflazionistiche. Si pongono interrogativi riguardo alla direzione in cui andrà l’Europa e alla sua capacità di tenuta a fronte di nuovi shock. In questo, il nostro impegno a onorare il mandato conferitoci continuerà a rappresentare un’ancora di fiducia per i cittadini d’Europa.

Francoforte sul Meno, aprile 2016

Mario Draghi Presidente

L’economia dell’area dell’euro, la politica monetaria della BCE e il settore finanziario europeo nel 2015

L’economia dell’area dell’euro: il contesto di bassa inflazione e bassi tassi di interesse

Il contesto macroeconomico mondiale

Tre caratteristiche principali del contesto internazionale hanno inciso in particolare sull’economia dell’area dell’euro nel 2015: la crescente divergenza tra gli andamenti economici nei paesi avanzati e in quelli emergenti, la dinamica storicamente debole del commercio mondiale e le pressioni inflazionistiche contenute a livello globale sulla scia dell’ulteriore calo dei prezzi dei beni energetici e del margine ancora ampio di capacità produttiva inutilizzata.

La crescita economica mondiale si è mantenuta modesta

L’economia mondiale ha mantenuto il proprio profilo di ripresa graduale nel 2015, nonostante la lieve moderazione della crescita rispetto all’anno precedente. L’accelerazione marginale dell’attività economica nei paesi avanzati è stata più che compensata dal rallentamento in quelli emergenti, in presenza di una considerevole eterogeneità tra paesi e regioni. Dopo gli episodi di grave recessione in alcune economie emergenti nella prima metà dell’anno, il tasso di incremento del PIL mondiale è rimasto su livelli storicamente modesti (cfr. grafico 1).

L’attività economica nei paesi avanzati ha continuato a evidenziare una buona tenuta durante l’anno sullo sfondo di condizioni di finanziamento ancora accomodanti, del miglioramento nei mercati del lavoro, dei bassi corsi petroliferi e dell’attenuazione degli andamenti sfavorevoli derivanti dal ridimensionamento della leva finanziaria nel settore privato e dalle azioni di risanamento dei conti pubblici. Nei paesi emergenti il ritmo di crescita si è invece indebolito notevolmente alla luce dell’accresciuta incertezza, degli ostacoli di natura strutturale (ad esempio connessi alle strozzature infrastrutturali, al contesto economico debole e al basso grado di concorrenza nei mercati del lavoro e dei beni e servizi) e dell’inasprimento delle condizioni di finanziamento esterno. Il calo dei prezzi delle materie prime ha in particolare determinato un brusco rallentamento nelle economie esportatrici di tali prodotti, mentre la crescita ha mostrato una maggiore tenuta in quelle importatrici. Esso ha tuttavia esercitato un impatto complessivamente positivo sulla domanda mondiale in quanto i paesi importatori di petrolio hanno di norma una propensione alla spesa maggiore rispetto agli esportatori, ma in alcuni casi l’effetto positivo sui consumi è stato inferiore al previsto.

Grafico 1

Principali andamenti in alcune economie

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente; dati trimestrali; dati mensili)

Fonti: Eurostat e dati nazionali.
Note: i dati relativi al PIL sono destagionalizzati. L’inflazione è misurata sullo IAPC per l’area dell’euro e il Regno Unito e sull’IPC per gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone.

Le condizioni di finanziamento mondiali sono rimaste generalmente accomodanti. Il Federal Reserve System ha posticipato l’avvio della fase di normalizzazione della politica monetaria alla fine del 2015, mentre sia la Banca del Giappone sia la BCE hanno continuato a perseguire politiche monetarie espansive. La Bank of England ha lasciato invariato il suo orientamento monetario. La volatilità nei mercati finanziari e l’avversione al rischio sono rimaste relativamente contenute per gran parte dell’anno. Nel terzo trimestre del 2015, tuttavia, la brusca correzione dei corsi azionari sulle borse cinesi ha provocato un aumento pronunciato della volatilità. Gli effetti di propagazione all’economia reale sono stati limitati, ma la prospettiva di una divergenza crescente tra gli orientamenti monetari delle principali economie avanzate e i timori degli operatori in merito alla tenuta della crescita nelle economie emergenti hanno determinato un considerevole deprezzamento del tasso di cambio e deflussi di capitali in diversi paesi emergenti e specialmente in quelli contraddistinti da squilibri interni ed esterni significativi (cfr. anche il riquadro 1).

Andamenti del commercio mondiale storicamente deboli

Dopo tre anni di crescita debole dell’interscambio, il tasso di incremento delle importazioni mondiali di beni e servizi si è ridotto ulteriormente nella prima metà del 2015 e ha poi recuperato gradualmente verso la fine dell’anno a partire da livelli molto bassi. Il volume delle importazioni globali è aumentato nell’insieme di appena l’1,7 per cento sul periodo corrispondente nel 2015, contro il 3,5 per cento del 2014. Come nel caso del PIL, la dinamica debole del commercio mondiale va ricondotta principalmente ai paesi emergenti, sebbene anche alcune economie avanzate abbiano temporaneamente registrato andamenti estremamente deboli.

La crescita delle importazioni mondiali è inferiore alla sua media di lungo periodo dalla seconda metà del 2011. Benché questa debolezza sia dovuta in parte al ritmo modesto di ripresa dell’economia globale e costituisca quindi in una certa misura un fenomeno ciclico, anche l’elasticità del commercio internazionale – vale a dire la reattività della crescita delle importazioni a quella del PIL su scala mondiale – è stata eccezionalmente bassa negli ultimi quattro anni. Dopo essere cresciuto a ritmi quasi doppi rispetto al PIL nei 25 anni antecedenti il 2007, il commercio è passato a registrare tassi di espansione inferiori a quelli del prodotto nel periodo recente.

La persistente debolezza del commercio mondiale può essere dovuta a molteplici ragioni. Da un lato i fattori ciclici includono non soltanto la ripresa generalmente stagnante dell’attività economica mondiale, ma anche la diversa composizione dal lato della domanda del PIL mondiale, poiché le componenti della domanda a intensità elevata di importazioni (quali gli investimenti) sono state particolarmente deboli. Dall’altro lato un ruolo significativo potrebbe essere svolto anche da fattori strutturali quali la ricomposizione dell’attività a favore di settori (ad esempio i servizi) e regioni (economie emergenti, in particolare la Cina) con una minore elasticità di fondo dell’interscambio e modifiche nella partecipazione alle catene produttive mondiali.

I bassi prezzi dei beni energetici hanno pesato sull’inflazione mondiale

La brusca caduta dei prezzi delle materie prime – in particolare energetiche – nella seconda metà del 2014 ha contribuito in misura significativa al calo dell’inflazione complessiva a livello internazionale nel 2015 (cfr. grafico 2). Nell’area dell’OCSE l’inflazione complessiva sui dodici mesi è scesa allo 0,6 per cento (dall’1,7 del 2014), mentre quella di fondo (calcolata al netto della componente alimentare ed energetica) ha registrato un calo solo marginale passando dall’1,8 all’1,7 per cento (cfr. grafico 1).

Grafico 2

Prezzi delle materie prime

(dati giornalieri)

Fonti: Bloomberg e Hamburg Institute of International Economics.

Pur mantenendosi complessivamente bassi, i corsi petroliferi hanno evidenziato una considerevole volatilità per tutto il 2015. Tale andamento ha fatto seguito al calo costante, da circa 112 a 46 dollari per barile, osservato tra giugno 2014 e metà gennaio 2015. Dopo un temporaneo aumento fino a maggio 2015, i prezzi del petrolio sono diminuiti nella seconda metà dell’anno, continuando a riflettere l’eccesso di offerta sui mercati mondiali. I membri dell’OPEC hanno mantenuto la produzione su livelli quasi record, anche se la crescita delle forniture dei paesi non appartenenti all’organizzazione si è lievemente ridotta nella seconda metà dell’anno. In particolare, i prezzi inferiori e gli investimenti ridotti hanno fatto rallentare la produzione statunitense di petrolio da scisti che continuava a evidenziare una buona tenuta e questo ha determinato una lieve moderazione dell’eccesso di offerta. La domanda di greggio è salita nel corso del 2015 sulla scia del calo delle quotazioni, ma è rimasta troppo debole per tenere il passo con l’offerta.

Le quotazioni delle materie prime non petrolifere hanno continuato a diminuire come conseguenza di fattori dal lato sia dell’offerta sia della domanda. La minore domanda mondiale – specialmente dalla Cina, che costituisce la principale fonte di domanda per una serie di metalli – ha acuito le spinte al ribasso sui corsi delle materie prime non petrolifere. Il calo dei prezzi dei beni alimentari ha riflesso principalmente la maggiore offerta. Nell’insieme, le quotazioni in dollari delle derrate alimentari sono scese del 18 per cento e l’indice dei prezzi dei metalli è diminuito del 17 per cento nel 2015.

Inoltre, la lenta chiusura degli output gap nelle economie avanzate e il loro ampliamento in diversi paesi emergenti si sono tradotti in un ampio margine di capacità inutilizzata a livello mondiale e questo ha esercitato ulteriori pressioni verso il basso sull’inflazione globale. A livello di singoli paesi, sull’inflazione hanno inciso notevolmente anche i movimenti dei cambi. L’apprezzamento del dollaro statunitense e della sterlina britannica agli inizi dell’anno ha acuito le spinte al ribasso sull’inflazione nelle rispettive economie, mentre alcuni paesi emergenti – quali Russia, Brasile e Turchia – hanno registrato pressioni al rialzo sui prezzi derivanti dal considerevole deprezzamento delle rispettive valute.

Andamenti eterogenei della crescita nelle economie principali

Negli Stati Uniti l’attività economica ha continuato a evidenziare una buona tenuta e il tasso di incremento del PIL in termini reali è stato pari al 2,4 per cento nella media del 2015, invariato rispetto all’anno precedente. Dopo avere evidenziato una lieve debolezza agli inizi dell’anno per fattori temporanei quali le condizioni meteorologiche avverse e le turbative nell’operatività dei porti, il ritmo di espansione del PIL nel secondo e terzo trimestre è stato piuttosto robusto e principalmente riconducibile alla domanda interna finale, a fronte di un contributo negativo delle esportazioni nette. L’attività è poi tornata a rallentare nel quarto trimestre. La spesa per consumi privati è rimasta vigorosa sullo sfondo di condizioni finanziarie ancora accomodanti, dei ribassi delle quotazioni petrolifere, del miglioramento dei bilanci delle famiglie e dell’aumento della fiducia dei consumatori. Anche la dinamica di fondo del mercato del lavoro si è mantenuta robusta, con un ulteriore calo del tasso di disoccupazione al 5,0 per cento a fine anno. Alla luce della netta caduta dei prezzi dei beni energetici e dell’apprezzamento del dollaro statunitense dalla seconda metà del 2014, l’inflazione è rimasta estremamente bassa per tutto il 2015. L’inflazione complessiva sui dodici mesi misurata sull’indice dei prezzi al consumo (IPC) è stata mediamente pari allo 0,1 per cento, in calo rispetto all’1,6 per cento del 2014, mentre quella di fondo (calcolata al netto della componente alimentare ed energetica) è rimasta sostanzialmente invariata all’1,8 per cento.

L’orientamento della politica monetaria si è mantenuto estremamente accomodante per gran parte del 2015. Le proiezioni dei tassi di interesse del Federal Open Market Committee (FOMC) e i future sui Federal Fund sono diminuiti nel tempo, poiché le attese di un aumento dei tassi di interesse ufficiali si sono spostate ulteriormente nel tempo. A dicembre 2015 il FOMC ha deciso di innalzare l’intervallo obiettivo per il tasso di interesse sui Federal Fund, portandolo a 0,25-0,50 per cento, il primo aumento da oltre nove anni. L’orientamento della politica di bilancio è stato sostanzialmente neutro nell’esercizio 2015 e il disavanzo fiscale è sceso lievemente, al 2,5 per cento del PIL, il livello più basso dal 2007.

In Giappone la crescita del PIL in termini reali è stata relativamente volatile nel corso dell’anno. Dopo il forte aumento agli inizi del 2015, l’attività economica si è temporaneamente indebolita nel secondo trimestre prima di tornare a registrare tassi di variazione positivi, ancorché modesti, nella seconda metà dell’anno. La ripresa è intervenuta sullo sfondo di un recupero dei consumi privati e delle esportazioni. In media, il PIL in termini reali è cresciuto dello 0,7 per cento nel 2015 e questo costituisce una lieve accelerazione rispetto al 2014, quando il Giappone ha attraversato una fase di grave recessione come conseguenza dell’aumento delle aliquote IVA. Il venir meno degli effetti base di questo aumento di imposta ha altresì fatto scendere l’inflazione allo 0,8 per cento nella media dell’anno (dal 2,7 del 2014). Pertanto, nonostante la prosecuzione del programma di allentamento monetario quantitativo e qualitativo attuato dalla Banca del Giappone, l’inflazione complessiva rimane ben al di sotto dell’obiettivo del 2 per cento anche se quella di fondo ha evidenziato alcuni segnali di aumento verso la fine dell’anno.

Nel Regno Unito l’attività economica ha subito un moderato rallentamento nel 2015. Secondo stime preliminari la crescita annua del PIL è scesa al 2,2 per cento nel 2015, da quasi il 3 per cento nel 2014. In particolare, il tasso di espansione degli investimenti immobiliari è diminuito rispetto ai livelli estremamente elevati dell’anno precedente. La bassa inflazione ha contribuito a far aumentare il reddito disponibile reale delle famiglie, sostenendo la crescita dei consumi privati e del PIL. Nel confronto con l’anno precedente il mercato del lavoro ha continuato a rafforzarsi e il tasso di disoccupazione è sceso a circa il 5 per cento alla fine del 2015. Sono stati compiuti ulteriori progressi nel risanamento dei conti pubblici e si stima che il disavanzo delle amministrazioni pubbliche sia sceso a circa il 4½ per cento del PIL nel 2015. L’inflazione è diminuita rispetto a un anno prima, mantenendosi attorno allo zero per cento per tutto l’anno, sulla scia del basso livello dei prezzi dei beni energetici e alimentari e dell’apprezzamento della sterlina. Nel 2015 il Monetary Policy Committee della Bank of England ha seguito un orientamento monetario accomodante, mantenendo il tasso di riferimento allo 0,5 per cento e il suo programma di acquisto di titoli nell’ordine di 375 miliardi di sterline.

In Cina è proseguito il graduale rallentamento dell’economia sullo sfondo della minore crescita degli investimenti e dell’indebolimento delle esportazioni. Il ritmo di espansione del PIL sul periodo corrispondente è sceso al 6,8 per cento nel 2015, dal 7,3 per cento dell’anno precedente. Durante l’estate i mercati azionari cinesi hanno subito una brusca correzione dopo avere registrato fortissimi rialzi nei mesi precedenti e questo ha suscitato timori riguardo alla stabilità finanziaria e alle prospettive per la crescita economica in Cina e in altri paesi emergenti. L’impatto della correzione nei mercati azionari sulla stabilità finanziaria e del quadro macroeconomico è stato tuttavia piuttosto limitato. Posta di fronte al calo dell’inflazione misurata sull’IPC (che è scesa dal 2,0 per cento nel 2014 all’1,5 nel 2015), e con l’obiettivo di contribuire alla stabilizzazione della crescita, la banca centrale della Repubblica popolare cinese ha continuato l’allentamento monetario che aveva avviato in novembre e ha ridotto ulteriormente i tassi di interesse di riferimento e gli obblighi di riserva a diverse riprese nel corso del 2015. Inoltre, sono state introdotte altre riforme volte a rafforzare il ruolo delle forze di mercato nella determinazione del tasso di cambio e questo ha provocato un deprezzamento del renminbi – oltre che delle valute di altri paesi emergenti – rispetto al dollaro statunitense e una rinnovata volatilità nei mercati azionari nelle settimane successive alla decisione. Per quanto concerne la politica di bilancio, è stata aumentata la spesa in infrastrutture pubbliche al fine di sostenere gli investimenti totali.

L’euro ha continuato a indebolirsi

Nel corso del 2015 l’euro si è indebolito in termini effettivi nominali. Gli andamenti del tasso di cambio della moneta unica hanno continuato a riflettere in larga misura le differenze tra le principali economie in termini di posizione nel ciclo e orientamento monetario e sono stati caratterizzati da quattro fasi distinte. L’euro ha subito un deprezzamento pronunciato nel primo trimestre dell’anno, prima dell’annuncio del programma ampliato di acquisto di attività da parte della BCE. Si è poi stabilizzato nel secondo, nonostante brevi periodi di forte volatilità connessi agli sviluppi dei negoziati fra la Grecia e i suoi creditori internazionali, oltre che al mutare delle attese degli operatori circa i tempi del possibile innalzamento dei tassi ufficiali da parte della Federal Reserve negli Stati Uniti. Nel corso dell’estate la moneta unica ha registrato un notevole apprezzamento nel contesto dell’accresciuta avversione al rischio a livello mondiale e delle incertezze riguardo agli andamenti in Cina e più in generale nelle economie emergenti. Nel quarto trimestre è poi tornato a deprezzarsi nell’insieme, sulla scia delle rinnovate aspettative di una crescente divergenza tra gli orientamenti di politica monetaria sulle due sponde dell’Atlantico.

Grafico 3

Tasso di cambio dell’euro

(dati giornalieri)

Fonte: BCE.
Nota: tasso di cambio effettivo nominale rispetto ai 38 principali partner commerciali.

Il tasso di cambio effettivo nominale dell’euro, misurato sulle divise delle 38 più importanti controparti commerciali, è sceso di oltre il 3 per cento in ragione d’anno (cfr. grafico 3). In termini bilaterali, la moneta unica ha subito un forte deprezzamento nei confronti del dollaro statunitense (-11,0 per cento). In linea con questi sviluppi l’euro ha continuato a indebolirsi sulle divise che utilizzano il dollaro statunitense come ancora, quali il renminbi cinese (-6,5 per cento). La moneta unica si è altresì deprezzata nei confronti della sterlina britannica (-5,9 per cento) e dello yen giapponese (-10,3 per cento) e ha per contro registrato un marcato apprezzamento sul real brasiliano (+29,2 per cento) e il rand sudafricano (+18,9 per cento).

Per quanto riguarda le valute europee aventi forti legami con l’euro, la corona danese è al momento l’unica divisa all’interno dei Nuovi accordi europei di cambio (AEC II) dopo l’adesione della Lituania all’area dell’euro il 1° gennaio 2015. Essa è stata scambiata a un livello prossimo alla sua parità centrale prevista dagli AEC II in un contesto in cui la Danmarks Nationalbank ha abbassato i tassi ufficiali a quattro riprese a gennaio e febbraio 2015. Dopo che la Banca nazionale svizzera ha annunciato il 15 gennaio 2015 la decisione di abolire l’obiettivo di un tasso di cambio minimo di 1,20 franchi per euro, la moneta unica europea si è bruscamente deprezzata su quella elvetica ed è stata successivamente scambiata lievemente al di sopra della parità. Il lev bulgaro è rimasto ancorato all’euro e quest’ultimo ha subito un modesto indebolimento rispetto alle divise di alcuni Stati membri dell’UE con regimi di libera fluttuazione del cambio e in particolare sulla corona ceca (-2,6 per cento), lo zloty polacco (-0,2 per cento), la corona svedese (-2,2 per cento) e la kuna croata (-0,3 per cento).

Riquadro 1 Tensioni finanziarie nelle economie emergenti

I timori circa le prospettive di crescita economica in Cina e più in generale nei paesi emergenti, oltre che le sempre maggiori attese di una normalizzazione della politica monetaria negli Stati Uniti, hanno portato a un periodo di elevata volatilità nei mercati finanziari delle economie emergenti nel 2015. Diversi paesi hanno registrato considerevoli deflussi di capitali dai mercati obbligazionari e azionari interni, assieme a un allargamento dei differenziali di rendimento di titoli sovrani e obbligazioni societarie e a sostanziali spinte al deprezzamento delle rispettive monete nazionali. Per contrastare questi andamenti sfavorevoli, diverse banche centrali hanno effettuato ampi interventi sui mercati dei cambi vendendo riserve in valuta. Le tensioni hanno raggiunto un culmine a fine agosto 2015, quando una brusca correzione dei mercati azionari cinesi ha provocato un notevole aumento dell’avversione al rischio su scala mondiale con ripercussioni significative sui mercati finanziari mondiali, compresa l’area dell’euro.

Le tensioni finanziarie nelle principali economie emergenti hanno toccato un massimo nel terzo trimestre del 2015, un livello molto elevato anche in un’ottica di più lungo periodo. Il grafico A mostra un indicatore aggregato delle tensioni finanziarie nei paesi emergenti che riunisce informazioni sui flussi di portafoglio, gli andamenti dei cambi, i movimenti dei differenziali sulle obbligazioni nazionali e le variazioni delle riserve ufficiali in valuta. A settembre 2015 questo indicatore è salito su un livello oltrepassato una sola volta negli ultimi dieci anni e superiore anche ai valori elevati osservati durante l’episodio di “taper tantrum” alla metà del 2013. Solo il contraccolpo immediato della crisi finanziaria mondiale alla fine del 2008 aveva dato origine a livelli di tensione maggiori. In termini delle componenti individuali dell’indicatore aggregato, le forti tensioni nel 2015 sono state per lo più dovute agli andamenti dei cambi e, in misura inferiore, al calo delle riserve ufficiali in valuta. Dopo la caduta del mercato azionario cinese a fine agosto 2015, anche le economie emergenti hanno registrato forti deflussi di capitali azionari e questo ha contribuito al picco delle tensioni finanziarie a settembre 2015.

Grafico A

Tensioni finanziarie nelle principali economie emergenti

(dati mensili)

Fonti: Haver, Institute of International Finance ed elaborazioni della BCE.
Note: l’indicatore delle tensioni finanziarie nelle economie emergenti riunisce informazioni da diverse serie temporali dei mercati finanziari: 1) afflussi di portafoglio nei mercati obbligazionari e azionari (Institute of International Finance); 2) andamenti del tasso di cambio nominale bilaterale nei confronti del dollaro statunitense (Federal Reserve Board); 3) variazioni dei differenziali di rendimento tra le obbligazioni nazionali e quelle statunitensi (JP Morgan’s Emerging Market Bond Index); 4) variazioni delle riserve ufficiali in valuta (International Financial Statistics dell’FMI). L’indicatore mostrato corrisponde a una media mobile di tre mesi della prima componente principale, che spiega circa il 50 per cento della variazione totale della serie di dati originaria. Valori positivi/negativi dell’indicatore segnalano livelli di tensione superiori/inferiori alla media di lungo periodo. Il campione di paesi include Brasile, Cina, Corea del Sud, India, Indonesia, Messico, Sud Africa, Thailandia e Turchia. I dati sono mensili e riguardano il periodo a partire da gennaio 2005. L’ultima osservazione è relativa a dicembre 2015.

Le crescenti attese di una normalizzazione della politica monetaria negli Stati Uniti hanno contribuito alla maggiore volatilità nei mercati finanziari nel 2015, anche se probabilmente non ne sono state la causa principale. Le aspettative di un innalzamento dei tassi statunitensi hanno determinato un apprezzamento generalizzato del dollaro nel 2015 e un’accresciuta volatilità nei mercati valutari. Al tempo stesso l’aumento dei tassi di dicembre 2015 era stato previsto dagli operatori e ampiamente scontato fin dagli inizi dell’anno. Inoltre, contrariamente a quanto era avvenuto durante l’episodio di taper tantrum, i rendimenti sui titoli del Tesoro USA decennali non hanno evidenziato un chiaro andamento ascendente nel 2015 e il premio a termine è rimasto molto compresso.

L’acuta volatilità finanziaria nelle economie emergenti durante il 2015 è stata dovuta in misura maggiore ai timori per le implicazioni del calo della crescita in Cina e del calo dei prezzi delle materie prime. Per esempio, a seguito della correzione nel mercato azionario cinese ad agosto 2015, alcuni paesi emergenti esportatori netti di materie prime hanno registrato un brusco deprezzamento della moneta locale. Anche le valute delle economie che presentano legami commerciali stretti con la Cina – comprese quelle di Cile, Indonesia, Malaysia e Thailandia – hanno evidenziato una forte reazione.

Al tempo stesso anche le vulnerabilità e i timori esistenti circa le prospettive di crescita meno favorevoli hanno contribuito alle tensioni nei mercati finanziari. Gran parte dei paesi emergenti ha registrato una moderazione della dinamica economica negli ultimi anni, determinata sia da fattori ciclici sia da impedimenti strutturali, ed è posta di fronte a prospettive di crescita più modeste negli anni a venire. Inoltre, alcune delle economie già considerate fragili dai mercati finanziari nel taper tantrum del 2013 sono rimaste tali. Brasile, Indonesia e Sud Africa hanno continuato a registrare disavanzi sia di bilancio sia di conto corrente, come agli inizi del 2013, in un contesto in cui Brasile e Sud Africa hanno altresì risentito dell’inflazione elevata e dell’indebolimento della crescita. Anche la Turchia ha evidenziato ancora squilibri esterni significativi, assieme ad alti tassi di inflazione e di espansione del credito. Il calo dei prezzi delle materie prime ha influito negativamente sugli esportatori netti di tali prodotti, compresi Russia e Brasile. In Russia il rallentamento in atto è stato esacerbato dalle sanzioni economiche e dai bassi corsi petroliferi, che hanno provocato una grave recessione. L’India è invece riuscita a correggere alcune delle sue vulnerabilità rispetto al 2013, abbassando sia il tasso di inflazione sia il disavanzo di conto corrente, poiché le autorità hanno introdotto una serie di misure di stabilizzazione e di incentivazione della crescita.

Grafico B

Variazioni del rapporto credito/PIL e servizio del debito/reddito

(1° trim. 2010 - 2° trim. 2015; punti percentuali del PIL; punti percentuali)

Fonti: Banca dei regolamenti internazionali ed elaborazioni della BCE.
Note: per credito si intende il credito totale al settore non finanziario fornito dalle banche nazionali, da tutti gli altri settori dell’economia e dai non residenti; in termini di strumenti finanziari, copre il debito "core" definito come prestiti, titoli di debito e valuta e depositi. Il rapporto servizio del debito/reddito riflette la quota di reddito utilizzata per il servizio del debito nel settore privato non finanziario. Un elenco delle sigle dei paesi è riportato alla fine di questo rapporto.

La rapida espansione del credito ha anche esposto numerose economie emergenti all’inasprimento delle condizioni di finanziamento internazionali. Condizioni accomodanti a livello mondiale hanno contribuito alla robusta dinamica del credito in molti di questi paesi negli ultimi anni (cfr. grafico B). In Cina, dove la rapida ascesa del credito ha sostenuto il vigore degli investimenti, il credito al settore privato non finanziario è arrivato a rappresentare circa il 200 per cento del PIL nel 2015. Nonostante i bassi tassi di interesse, i crescenti livelli di debito hanno fatto salire l’incidenza del servizio del debito sul reddito di famiglie e imprese in molte economie emergenti, a indicare un aumento dei rischi per la stabilità finanziaria, specie in caso di ulteriore innalzamento dei tassi di interesse come conseguenza di condizioni di finanziamento internazionali più tese. Inoltre, negli ultimi anni diversi paesi emergenti hanno notevolmente accresciuto il finanziamento esterno in dollari statunitensi e questo li rende vulnerabili di fronte a un ulteriore apprezzamento di tale valuta.

Nell’insieme le tensioni finanziarie nel 2015 hanno evidenziato le vulnerabilità esistenti in alcune economie emergenti e la necessità di affrontarle, specie nel contesto del probabile inasprimento delle condizioni di finanziamento internazionali e delle prospettive di crescita meno favorevoli di questi paesi.

Andamenti finanziari

Nel 2015 le dinamiche finanziarie nell’area dell’euro sono state determinate in larga parte dalle decisioni di politica monetaria della BCE e in particolare dal programma di acquisto di attività (PAA). Di conseguenza i tassi del mercato monetario, i rendimenti sui titoli di Stato e il costo del finanziamento esterno per le società non finanziarie hanno continuato a scendere su nuovi minimi storici. Anche le famiglie hanno registrato un ulteriore miglioramento delle loro condizioni finanziarie.

I tassi del mercato monetario nell’area dell’euro sono diminuiti in presenza di livelli crescenti di eccesso di liquidità

I tassi del mercato monetario hanno continuato a scendere nel 2015, in un primo momento di riflesso al perdurante effetto di trasmissione del tasso di interesse negativo sui depositi presso la banca centrale introdotto per la prima volta a giugno 2014. Le strategie poste inizialmente in essere dagli investitori per evitare i tassi di interesse negativi attraverso la ricerca di rendimenti a scadenze lievemente più lunghe, l’acquisto di titoli di qualità elevata e – in misura inferiore – l’assunzione di un maggiore rischio di credito si sono progressivamente esaurite all’adeguarsi delle politiche di prezzo. Inoltre, gli attriti sul mercato associati alla transizione verso tassi negativi sono venuti gradualmente meno.

Grafico 4

Tassi del mercato monetario e liquidità in eccesso

(miliardi di euro; valori percentuali in ragione d’anno; dati giornalieri)

Fonti: BCE e Bloomberg.
Nota: le osservazioni più recenti si riferiscono all’11 gennaio 2016.

Le immissioni di liquidità attraverso misure non convenzionali di politica monetaria hanno esercitato ulteriori pressioni al ribasso sui tassi del mercato monetario. In particolare il PAA e le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) hanno costituito le determinanti principali del crescente eccesso di liquidità. In un contesto in cui la liquidità in eccesso è salita a oltre 650 miliardi di euro a fine anno, i tassi sono diventati sempre più negativi (cfr. grafico 4) e l’attività ha subito un calo in alcuni segmenti del mercato monetario dell’area dell’euro.

Nel periodo antecedente la riunione del Consiglio direttivo tenutasi a dicembre 2015, i tassi del mercato monetario sono diminuiti ancora, riflettendo le attese di un ulteriore allentamento monetario. Il 3 dicembre 2015 il Consiglio direttivo ha deciso di abbassare il tasso sui depositi presso la banca centrale a -30 punti base e ha prorogato il PAA almeno fino a marzo 2017. Di conseguenza, le curve dei rendimenti del mercato monetario si sono gradualmente spostate ancor più verso il basso.

Nell’insieme, nonostante alcuni timori iniziali, la transizione di un’ampia serie di tassi di riferimento verso livelli negativi è avvenuta in modo ordinato, compresa la trasmissione alle scadenze più lunghe quali l’Euribor a sei mesi. I tassi Euribor a tre e sei mesi sono diventati negativi rispettivamente ad aprile e novembre ed erano rispettivamente pari a -13 e -4 punti base a fine 2015.

I rendimenti dei titoli di Stato hanno raggiunto minimi storici

Il Programma di acquisto di attività del settore pubblico (Public Sector Purchase Programme, PSPP) ha influito notevolmente sul mercato dei titoli di Stato dell’area dell’euro (cfr. grafico 5)[1]. In una prima fase, a seguito dell’annuncio e dell’attuazione del PSPP, i rendimenti a lungo termine del debito con rating AAA hanno continuato a seguire l’andamento discendente iniziato nel 2014 raggiungendo nuovi minimi storici in primavera. Successivamente sono saliti fino alla metà del 2015 grazie a sorprese positive riguardanti le prospettive economiche dell’area dell’euro, fattori tecnici di mercato e un processo di apprendimento attraverso il quale gli operatori si sono adattati all’attuazione del PSPP. Nella seconda metà del 2015, i rendimenti hanno ripreso a scendere, poiché i perduranti rischi verso il basso per le prospettive di inflazione hanno indotto la BCE ad accentuare l’orientamento accomodante della politica monetaria anche attraverso la proroga del PAA. Nel 2015 il rendimento medio a dieci anni nell’area dell’euro è sceso nell’insieme su un minimo storico, allo 0,6 per cento. Tale livello è in particolare più basso delle medie degli anni precedenti e anche significativamente inferiore alla media del 2,1 per cento osservata negli Stati Uniti, mentre si colloca al di sopra dello 0,4 per cento registrato in Giappone.

La dinamica dei differenziali sui titoli di Stato all’interno dell’area dell’euro è stata relativamente moderata rispetto all’anno precedente, ma ha evidenziato una certa eterogeneità fra paesi. Al tempo stesso i differenziali si sono mantenuti su livelli paragonabili a quelli osservati prima dello scoppio della crisi del debito sovrano.

Grafico 5

Rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine

(valori percentuali in ragione d’anno; dati giornalieri)

Fonti: EuroMTS, BCE, Bloomberg e Thomson Reuters.
Note: i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine si riferiscono a titoli a dieci anni o alla scadenza disponibile più vicina a dieci anni. Il rendimento dei titoli di Stato dell’area dell’euro è calcolato sulla base di dati della BCE relativi a titoli con rating AAA, che comprendono titoli di Austria, Finlandia, Germania e Paesi Bassi.

Grafico 6

Principali indici dei corsi azionari

(indice: 1° gennaio 2009 = 100; dati giornalieri)

Fonte: Thomson Reuters.
Nota: gli indici utilizzati sono il Dow Jones Euro Stoxx (definizione ampia) per l’area dell’euro, lo Standard & Poor’s 500 per gli Stati Uniti e il Nikkei 225 per il Giappone.

I corsi azionari sono saliti in un contesto di accresciuta volatilità

Il PSPP ha inciso anche sui mercati azionari dell’area dell’euro. I corsi azionari hanno inizialmente registrato un aumento sostanziale in previsione e a seguito dell’annuncio del PSPP, poiché il calo dei rendimenti obbligazionari ha fornito un forte sostegno alle azioni dell’area tramite minori tassi di sconto e il riequilibrio dei portafogli degli investitori con riallocazioni verso attività più rischiose. Di conseguenza, in primavera il valore dell’indice Euro Stoxx era aumentato di quasi un quarto (cfr. grafico 6). Tuttavia alla metà del 2015 la volatilità è aumentata e i prezzi delle azioni sono scesi di riflesso alle incertezze riguardo agli eventi in Grecia e al forte calo dei corsi azionari cinesi e questo, assieme alla rapida caduta delle quotazioni petrolifere, ha destato timori circa le prospettive economiche mondiali. I mercati azionari dell’area dell’euro hanno tuttavia registrato un rialzo in autunno – dovuto in parte al fatto che tali timori hanno suscitato attese di accomodamento monetario da parte delle principali banche centrali, compresa la BCE – e a fine anno erano saliti di circa l’8 per cento.

Anche il costo nominale del finanziamento esterno per le società non finanziarie ha raggiunto un minimo storico

Riducendo il costo del debito di mercato e del capitale di rischio, l’annuncio del PSPP ha altresì contribuito a far scendere il costo complessivo nominale del finanziamento esterno per le società non finanziarie (SNF) su un nuovo minimo storico a febbraio 2015 (cfr. grafico 7). In particolare, l’allentamento dei criteri per la concessione del credito da parte delle banche a seguito del PSPP e delle OMRLT ha concorso a ridurre ulteriormente il costo dei prestiti bancari per le SNF. Data la natura dell’intermediazione finanziaria nell’area dell’euro, più basata sul finanziamento bancario, la riduzione dei costi di quest’ultimo ha contribuito in misura rilevante a far scendere il costo complessivo nominale del finanziamento esterno. Ciò ha compensato l’aumento del costo del debito di mercato nella seconda metà dell’anno e il picco del costo del capitale di rischio associato agli andamenti nei mercati azionari alla metà del 2015. È importante rilevare come l’eterogeneità dei costi del finanziamento esterno nei paesi dell’area dell’euro sia diminuita ulteriormente nel 2015 in un contesto in cui la trasmissione del maggior grado di accomodamento monetario introdotto dalla BCE si è rafforzata nei paesi più colpiti dalla crisi.

Grafico 7

Costo complessivo nominale del finanziamento esterno per le società non finanziarie dell’area dell’euro

(valori percentuali in ragione d’anno; medie mobili di tre mesi)

Fonti: BCE, Merrill Lynch, Thomson Reuters ed elaborazioni della BCE.
Note: il costo complessivo del finanziamento per le società non finanziarie è calcolato come media ponderata del costo del credito bancario, del costo del debito di mercato e del costo del capitale di rischio, in base alle rispettive consistenze in essere derivate dai conti dell’area dell’euro. Il costo del capitale di rischio è misurato utilizzando un modello di sconto dei dividendi in tre fasi con dati dell’indice azionario non finanziario Datastream. Le ultime osservazioni si riferiscono a novembre 2015.

Aumento dei flussi di finanziamento esterno

I bassi costi di finanziamento (in termini sia nominali sia reali), unitamente al migliorato accesso ai finanziamenti e al rafforzamento dell’economia, hanno fatto aumentare in misura significativa il ricorso delle SNF al finanziamento esterno nei primi tre trimestri del 2015 (cfr. grafico 8). Tale incremento complessivo va ricondotto in misura fondamentale ai prestiti bancari, all’emissione di azioni non quotate e ai crediti commerciali, mentre la perdurante espansione vigorosa degli utili non distribuiti ha con tutta probabilità frenato lievemente l’emissione di strumenti di debito. È significativo rilevare come nel 2015, per la prima volta da quattro anni, le SNF abbiano accresciuto il ricorso ai prestiti bancari di riflesso sia al rafforzamento dell’offerta sia al perdurante miglioramento della domanda di credito. L’offerta di credito è aumentata per l’allentamento delle condizioni di finanziamento delle banche e per il migliorato profilo di rischio-rendimento dei prestiti rispetto alle altre attività[2]. La domanda è stata a sua volta sorretta dal calo del costo dei prestiti, in presenza di un rafforzamento delle prospettive economiche. Oltre ai prestiti bancari, anche le emissioni di titoli di debito e azioni quotate sono nettamente aumentate tra gennaio e aprile 2015 dopo l’annuncio del PSPP, per poi moderarsi nella seconda metà dell’anno quando il finanziamento mediante ricorso al mercato è divenuto più costoso.

Grafico 8

Variazioni nelle fonti di finanziamento esterno delle società non finanziarie dell’area dell’euro

(somma di quattro trimestri; miliardi di euro)

Fonti: Eurostat e BCE.
Note: prestiti concessi da IMF e da intermediari diversi dalle IMF (altri intermediari finanziari, compagnie di assicurazione e fondi pensione) corretti per le cessioni e le cartolarizzazioni. Per “altro” si intende la differenza tra il totale e gli strumenti riportati nel grafico, comprensiva dei prestiti intersocietari. L’ultima osservazione si riferisce al terzo trimestre del 2015.

La ricchezza netta delle famiglie ha continuato ad aumentare

Il basso livello dei tassi di interesse e il connesso livello elevato dei prezzi delle attività, che ha trovato altresì riflesso nella dinamica dei prezzi delle abitazioni, hanno fatto aumentare la ricchezza netta delle famiglie nel 2015 (cfr. grafico 9).

Grafico 9

Variazione della ricchezza netta delle famiglie

(somme di quattro trimestri; percentuali del reddito disponibile lordo)

Fonti: Eurostat e BCE.
Note: i dati relativi alle attività non finanziarie sono stime della BCE. L’ultima osservazione si riferisce al secondo trimestre del 2015.1) Questa voce ricomprende il risparmio netto, i trasferimenti di capitale attivi e la discrepanza fra i conti non finanziari e finanziari. 2) Prevalentemente profitti e perdite su azioni e altre partecipazioni.3) Prevalentemente profitti e perdite su attività immobiliari (terreni inclusi).

I costi di finanziamento per le famiglie dell’area dell’euro sono rimasti prossimi ai minimi storici in tutte le categorie di prestito, ma hanno continuato a evidenziare differenze tra paesi e tipologie di prestito. Il ricorso al finanziamento bancario da parte del settore delle famiglie ha registrato una ripresa moderata.

Riquadro 2 Perché i tassi di interesse sono così bassi?

I tassi di interesse nominali nell’area dell’euro si collocano al momento su minimi storici, con il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali prossimo allo zero e quello sui depositi presso la banca centrale in territorio negativo. Nell’ultimo anno e mezzo la curva dei rendimenti dell’area dell’euro si è appiattita e spostata verso il basso (cfr. grafico A).

Grafico A

Curva sintetica dei rendimenti dei titoli di Stato dell’area dell’euro e curva del tasso swap sull’indice overnight

(punti base)

Fonte: BCE.

Poiché questi andamenti nelle economie avanzate risultano estremamente insoliti da ogni punto di vista, è importante comprendere perché i tassi di interesse siano così bassi. Il livello bassissimo dei tassi di interesse costituisce solo in parte una scelta della banca centrale. Esso riflette altresì fattori mondiali e specifici dell’area dell’euro, alcuni dei quali hanno una natura di lungo periodo, mentre altri sono connessi al retaggio della crisi finanziaria[3].

La politica monetaria non può affrontare questi fattori di più lungo periodo che gravano sull’economia, ma deve tuttavia reagire alle spinte disinflazionistiche da essi create. Se è in linea con il suo mandato, la banca centrale può anche rispondere all’ulteriore debolezza della domanda aggregata derivante dalla crisi. Ciò si consegue portando il tasso di interesse sul livello più vicino possibile a quello che viene chiamato tasso di interesse di “equilibrio”, vale a dire al tasso al quale le risorse sono pienamente impiegate nell’economia e l’inflazione è stabile attorno al valore più coerente con l’obiettivo di stabilità dei prezzi della banca centrale. La gravità della crisi ha reso impossibile il raggiungimento di tale risultato con le sole misure convenzionali di politica monetaria e ha reso necessario il ricorso a una serie di interventi non convenzionali. In prospettiva, la stabilità dei prezzi creerà le condizioni che permetteranno ai tassi di interesse di tornare ad aumentare e di convergere gradualmente verso livelli più normali.

Su tale sfondo questo riquadro esamina le determinanti dei bassi tassi di interesse nell’area dell’euro e analizza alcune delle implicazioni per le banche e i risparmiatori. Se un orientamento accomodante della politica monetaria è chiaramente giustificato per sostenere la ripresa e l’inflazione e si sta dimostrando efficace, come mostrano la riduzione dei tassi sui prestiti bancari e la migliore disponibilità di credito per imprese e famiglie, tassi di interesse bassi possono presentare delle implicazioni per coloro che dipendono maggiormente dal reddito da interessi, come ad esempio i titolari di conti di risparmio. Essi producono inoltre effetti collaterali indesiderati, stimolando ad esempio un’eccessiva assunzione di rischio nei mercati finanziari. È quindi importante comprendere i motivi di fondo dei livelli persistentemente bassi dei tassi di interesse, non da ultimo in quanto potrebbero essere connessi a fattori che sfuggono al controllo della politica monetaria.

Determinanti dei bassi tassi di interesse

Per meglio comprendere le diverse determinanti dei bassi tassi di interesse, risulta utile scomporre i rendimenti nominali a lungo termine in quattro componenti: l’inflazione attesa lungo la vita dell’attività, il profilo atteso dei tassi di interesse reali a breve termine, il premio per il rischio di inflazione e il premio a termine reale; questi ultimi due rappresentano il compenso richiesto dagli investitori per detenere obbligazioni a lunga scadenza invece di rinnovare titoli a breve. In sintesi, tutte queste componenti hanno contribuito ai tassi a lungo termine estremamente bassi osservati al momento.

In un’ottica di lungo periodo i rendimenti nominali sulle obbligazioni a lungo termine sono in calo in tutte le principali economie avanzate dagli anni ’80. Ciò riflette in parte i miglioramenti della conduzione della politica monetaria da parte delle banche centrali, che hanno fatto scendere le attese di inflazione a lungo termine e compresso i premi per l’inflazione, due andamenti alla base della riduzione dei rendimenti nominali.

Grafico B

Profilo implicito nelle variabili di mercato del tasso di interesse reale a un anno nell’area dell’euro

(valori percentuali in ragione d’anno)

Fonte: BCE.

Il calo dei tassi di interesse nominali a lungo termine è altresì spiegato dalla componente reale in un contesto in cui i tassi di interesse reali a termine si collocano in territorio negativo nel lungo periodo (cfr. grafico B). Poiché il tasso di interesse reale a termine include il tasso reale atteso e il premio a termine reale, è stato dimostrato che il tasso di interesse reale atteso su orizzonti sufficientemente lunghi, una volta depurato del premio a termine, costituisce una misura approssimata del tasso di interesse reale di equilibrio[4].

Una parte del calo dei tassi di interesse reali su scala mondiale può essere ricondotta a determinanti di lungo periodo, mentre la parte rimanente è dovuta a dinamiche più congiunturali. Se si utilizza il modello di crescita tradizionale di Solow per organizzare le diverse determinanti alla base degli andamenti dei tassi di interesse reali a lungo termine, tali determinanti riguardano in definitiva la crescita della produttività e della popolazione e il comportamento di risparmio. L’intuizione è che questi fattori determinano gli investimenti e quindi la domanda di capitali erogabili, cui devono corrispondere i risparmi. In un’ottica di lungo periodo la crescita della produttività totale dei fattori e della popolazione è in calo da decenni nell’area dell’euro. È altresì possibile che sia aumentata la propensione mondiale al risparmio.

Oltre all’attrazione gravitazionale esercitata da queste determinanti di lungo periodo, sui tassi di interesse reali incidono altri fattori che sono più direttamente collegati alla crisi finanziaria mondiale. In particolare l’area dell’euro sta ancora attraversando una “recessione di bilancio”, in cui un forte eccesso di debito (debt overhang) crea le condizioni per un marcato rallentamento, che a sua volta richiede una sostanziale riduzione della leva finanziaria e prolunga la durata della fase di debolezza.

L’ultima componente che influisce sui tassi di interesse a lungo termine è il premio a termine. Anche in questo caso determinanti di lungo periodo si sono aggiunte a dinamiche più cicliche connesse alla crisi finanziaria per sospingere i tassi di interesse nominali verso il basso. I premi a termine nell’area dell’euro sono stati compressi a causa degli acquisti di titoli da parte dell’Eurosistema, oltre che per effetto di fattori quali la domanda e l’offerta di attività sicure a livello mondiale.

Nell’insieme i bassi tassi di interesse sono in definitiva una conseguenza di andamenti deboli nel lungo periodo, cui si aggiungono le conseguenze cicliche di una crisi finanziaria complessa e un periodo eccezionalmente protratto di debolezza macroeconomica. La previsione della persistenza di tali influenze è soggetta a una considerevole incertezza. Se le determinanti di più lungo periodo alla base del protratto calo dei tassi di interesse esulano dalla portata della politica monetaria, è compito della banca centrale assicurare che l’inflazione torni a stabilizzarsi attorno all’obiettivo da essa fissato e questo contribuirà a sua volta a collocare l’economia lungo una traiettoria di crescita sostenibile dove l’eccesso di offerta congiunturale viene riassorbito. Al momento tale mandato motiva politiche in grado di esercitare pressioni al ribasso sui tassi di interesse lungo la struttura per scadenze in modo da mantenere le condizioni di prestito su livelli sufficientemente accomodanti da assicurare la normalizzazione delle condizioni economiche e dell’inflazione entro un orizzonte di medio periodo.

Le evidenze suggeriscono di fatto che le misure della BCE, mantenendo i tassi a breve termine correnti e attesi ancorati al loro limite inferiore effettivo e comprimendo la componente dei tassi di interesse a lunga costituita dal premio a termine reale, si stanno trasmettendo al sistema finanziario. I tassi applicati dalle banche sui prestiti alle famiglie e alle società non finanziarie hanno continuato a scendere e la crescita del credito recupera gradualmente, pur mantenendosi debole (cfr. la sezione 1.5 di questo capitolo).

Di conseguenza, l’attuale orientamento monetario accomodante della BCE costituisce un mezzo necessario ed efficace per assicurare la stabilità dei prezzi nel medio periodo. Poiché il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea definisce la stabilità dei prezzi come l’obiettivo primario della politica monetaria nell’area dell’euro, l’orientamento monetario corrente della BCE è pienamente in linea con il suo mandato.

Riquadro 3 Le implicazioni dei tassi di interesse bassi per le banche e i risparmiatori

È importante controllare se l’orientamento monetario accomodante della BCE dà origine a effetti collaterali avversi per le banche e i risparmiatori. Il mandato di mantenere la stabilità dei prezzi sancito nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea non deve essere subordinato ad altre considerazioni sul piano delle politiche economiche, ma i rischi di conseguenze indesiderate possono essere mitigati introducendo adeguate misure di salvaguardia ed evidenziando gli ambiti nei quali le altre politiche dovrebbero intensificare gli sforzi per affrontare le debolezze di fondo dell’economia e del sistema finanziario dell’area dell’euro. I timori comuni riguardanti i potenziali effetti collaterali dell’orientamento accomodante della BCE e del contesto di bassi tassi di interesse riguardano l’impatto sulla redditività delle banche e sulla remunerazione dei risparmi.

Un impatto potenzialmente avverso sul settore finanziario è spesso associato all’effetto che un contesto di tassi di interesse bassi – e in particolare gli acquisti di attività da parte della banca centrale e l’appiattimento della curva dei rendimenti che ne consegue – possono esercitare sulla redditività delle banche. In altri termini, il modello operativo tradizionale delle banche basato sulla trasformazione delle scadenze (finanziando l’acquisto di attività a lungo termine mediante l’emissione di passività a breve) può essere ostacolato da pressioni al ribasso sui margini di intermediazione degli istituti. Inoltre, il tasso negativo sui depositi presso la banca centrale può ridurre ulteriormente la redditività delle banche che depositano ingenti quantitativi di liquidità in eccesso presso l’Eurosistema.

Benché questi effetti siano di fatto osservabili, non bisognerebbe perdere di vista altri effetti favorevoli associati ai programmi di acquisto di attività e più in generale agli strumenti di accomodamento monetario. Sostenendo l’attività economica, questi strumenti migliorano la capacità dei prenditori di onorare gli impegni assunti e questo produce effetti positivi sui bilanci delle banche attraverso un pronunciato miglioramento della qualità degli attivi e una diminuzione del fabbisogno di accantonamenti. Inoltre, il generale aumento dei prezzi delle attività innescato dall’orientamento accomodante della politica monetaria determina plusvalenze da valutazione per queste attività sui bilanci bancari.

Stando ai risultati dell’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro, non vi sono al momento indicazioni del fatto che gli effetti avversi dell’orientamento accomodante sulla redditività delle banche siano predominanti nell’area dell’euro. Anzi, nei mesi successivi all’inizio degli acquisti nel quadro del programma di acquisto di attività (PAA), il saldo percentuale delle banche che hanno segnalato un aumento della redditività come conseguenza del PAA è stato positivo. Se l’effetto finale di tale programma sulla redditività delle banche può essere diverso nei vari paesi a seconda delle caratteristiche strutturali dei rispettivi sistemi bancari, questa evidenza nell’insieme giustifica una valutazione positiva.

La seconda preoccupazione riguarda il calo della remunerazione che le famiglie possono ottenere sui loro risparmi, specie su quelli detenuti come depositi bancari[5]. Esiste di fatto un legame stretto fra tale remunerazione e l’orientamento monetario corrente. Di conseguenza, i tassi nominali su numerose tipologie di risparmio nell’area dell’euro si collocano al momento su livelli storicamente molto bassi.

Tuttavia, come spiegato in precedenza, il contesto di tassi di interesse bassi costituisce di fatto un riflesso delle condizioni macroeconomiche e strutturali correnti. La remunerazione ridotta dei risparmi rappresenta quindi un sintomo, più che una causa, dell’andamento stagnante della ripresa. Un allontanamento dall’attuale orientamento monetario accomodante frenerebbe ulteriormente la dinamica economica, scoraggerebbe il ricorso all’indebitamento (ad esempio da parte delle imprese che intendono finanziare progetti di investimento profittevoli) e in ultima istanza contribuirebbe a prolungare il periodo di tassi di interesse bassi.

In definitiva, è essenziale affrontare le determinanti fondamentali che sono responsabili del basso livello corrente del tasso di interesse reale di equilibrio. Ciò deve avvenire principalmente per il tramite di politiche strutturali efficaci che siano in grado di far aumentare la produttività e migliorare la crescita economica in modo sostenibile. Inoltre, le politiche di bilancio dovrebbero sorreggere la ripresa economica restando al tempo stesso conformi con le regole fiscali dell’UE. Infine, per rimuovere gli ostacoli rimanenti a una crescita economica elevata e sostenibile, esiste la chiara necessità di affrontare l’incompletezza istituzionale dell’Unione economica e monetaria (UEM) per quanto attiene agli aspetti evidenziati nella Relazione dei cinque presidenti.

Attività economica

Nonostante un indebolimento del contesto internazionale, l’attività economica nell’area dell’euro è rimasta robusta sulla scia del miglioramento della domanda interna. Pertanto, la graduale ripresa nell’area dell’euro che era iniziata nel secondo trimestre del 2013 si è protratta per tutto il 2015. Sempre nel 2015 la crescita annua si è collocata in media all’1,5 per cento (cfr. grafico 10), il tasso più elevato dal 2011. I graduali miglioramenti della dinamica hanno rispecchiato soprattutto il robusto sostegno dei consumi privati, che ha caratterizzato in maniera relativamente diffusa i diversi paesi dell’area dell’euro (cfr. anche il riquadro 4). Anche l’interscambio commerciale ha fornito un contributo lievemente positivo alla crescita, ascrivibile principalmente al guadagno di quote di mercato delle esportazioni a seguito del forte deprezzamento dell’euro iniziato a metà del 2014. Tuttavia, l’espansione degli investimenti è rimasta debole ed è stata frenata dalla relativa lentezza con cui sono state attuate le riforme strutturali in alcuni paesi e dai necessari aggiustamenti di bilancio in diversi settori dell’economia.

La ripresa economica dell’area dell’euro è continuata nel 2015 nonostante le prospettive più deboli per la crescita mondiale

L’incremento della crescita media annua del 2015 è stato sostenuto dall’orientamento molto accomodante della politica monetaria della BCE, che si è trasmesso all’economia attraverso un allentamento delle condizioni di finanziamento, il miglioramento del clima di fiducia nei mercati, tassi di interesse estremamente bassi e il deprezzamento dell’euro. Il calo delle quotazioni petrolifere e i graduali miglioramenti nei mercati del lavoro dell’area dell’euro hanno impresso ulteriore slancio alla crescita nel 2015.

Grafico 10

PIL in termini reali dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente; contributi in punti percentuali sul periodo corrispondente)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

Oltre a sostenere la fiducia dei consumatori, le varie misure di politica monetaria adottate negli ultimi anni, fra le quali il programma ampliato di acquisto di attività agli inizi del 2015, hanno stimolato la fiducia delle aziende allorché sono migliorate le condizioni finanziarie, anche per le piccole e medie imprese. Ne hanno tratto giovamento gli investimenti, che nella media del 2015 hanno contribuito alla crescita in misura maggiore rispetto al 2014 e al 2013, riflettendo l’incremento dei profitti delle imprese, minori vincoli di domanda e il crescente grado di utilizzo della capacità produttiva. Gli investimenti, tuttavia, pur essendosi rafforzati agli inizi del 2015, sono rimasti inferiori di circa il 15 per cento rispetto al livello pre-crisi.

La domanda interna nell’area dell’euro è migliorata nel 2015 raggiungendo in media il livello massimo dal 2007. Il tasso di risparmio delle famiglie è rimasto sostanzialmente stabile nel 2015 e quindi ha sostenuto la dinamica dei consumi. I consumi delle amministrazioni pubbliche hanno contribuito positivamente all’espansione economica nel 2015. Un effetto di freno sulla domanda interna è stato esercitato dall’indebitamento del settore pubblico e privato, che è rimasto su livelli elevati in alcuni paesi. Inoltre, la lentezza nell’attuazione delle riforme strutturali ha continuato a rallentare la crescita.

Nel 2015 l’espansione economica è stata frenata dalla debolezza del contesto esterno (cfr. la sezione 1.1 del capitolo 1). Sebbene il rallentamento delle economie emergenti abbia frenato la crescita delle esportazioni dell’area dell’euro, il forte deprezzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro dalla metà del 2014 ha favorito le esportazioni e determinato un aumento delle quote di mercato dell’area. L’espansione relativamente sostenuta delle esportazioni è stata sorretta da un mutamento nella loro composizione geografica, allorché le economie avanzate, come gli Stati Uniti, hanno assorbito in misura crescente i flussi commerciali provenienti dall’area dell’euro. Nel 2015, inoltre, l’interscambio fra i paesi dell’area ha segnato un’ulteriore ripresa, rispecchiando gli andamenti positivi della domanda interna dell’area. Nello stesso anno i tassi di crescita sia delle esportazioni sia delle importazioni sono stati più elevati rispetto ai tre anni precedenti. Nel complesso, è probabile che nel 2015 l’interscambio commerciale abbia fornito un contributo lievemente positivo alla dinamica del prodotto.

Grafico 11

Valore aggiunto reale lordo nell’area dell’euro per attività economica

(indice: 1° trim. 2009 = 100)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

In una prospettiva settoriale, la ripresa è stata relativamente generalizzata nel 2015 (cfr. grafico 11). Il valore aggiunto lordo complessivo ha quasi raggiunto il livello massimo pre-crisi nel terzo trimestre, dopo aver segnato un costante recupero nei tre anni precedenti. La crescita del valore aggiunto nei servizi ha superato ancora quella nell’industria al netto delle costruzioni e quella nel settore edilizio e nel terzo trimestre esso si è collocato su un livello di circa il 3 per cento superiore rispetto a quello massimo pre-crisi. Il valore aggiunto nell’industria al netto delle costruzioni è rimasto inferiore al livello pre-crisi, pur continuando a recuperare gradualmente; il valore aggiunto nelle costruzioni è invece diminuito lievemente nel 2015, rimanendo ben al di sotto dei picchi pre-crisi osservati nel 2008.

I mercati del lavoro hanno continuato a migliorare gradualmente

I mercati del lavoro si sono ulteriormente rafforzati nel 2015 (cfr. grafico 12). L’aumento del numero di occupati, iniziato a metà del 2013, si è protratto nel 2015. Nel terzo trimestre dell’anno il numero di occupati nell’area dell’euro è salito dell’1,1 per cento rispetto al livello osservato nel periodo corrispondente del 2014, pur rimanendo inferiore di circa il 2 per cento rispetto al massimo pre-crisi. L’incremento dell’occupazione nel 2015 ha rispecchiato principalmente i miglioramenti in Spagna e Germania, ma vi sono indicazioni incoraggianti che anche altri paesi, in precedenza vulnerabili, abbiano contribuito a tale incremento.

Grafico 12

Indicatori del mercato del lavoro

(tassi di crescita sul trimestre precedente; percentuali delle forze lavoro; dati destagionalizzati)

Fonte: Eurostat.

Passando alla scomposizione per settore, l’occupazione è cresciuta soprattutto nei servizi, mentre è aumentata solo moderatamente nell’industria al netto delle costruzioni ed è diminuita nel comparto edilizio. Nel 2015 il numero totale di ore lavorate ha mostrato un incremento di poco inferiore a quello del numero di occupati. La crescita annuale della produttività per occupato è rimasta modesta, in media intorno allo 0,5 per cento in termini congiunturali nei primi tre trimestri del 2015, a fronte di un incremento dello 0,3 per cento nel 2014.

Il tasso di disoccupazione ha continuato a scendere nel 2015 e nel quarto trimestre ha toccato il 10,5 per cento, il livello minimo dall’inizio del 2012. Il calo della disoccupazione, iniziato nella prima metà del 2013, è stato diffuso tra i generi e le varie fasce d’età. Per l’insieme del 2015 il tasso medio di disoccupazione si è posizionato al 10,9 per cento, contro l’11,6 e il 12 per cento rispettivamente nel 2014 e 2013.

Tuttavia, mentre il tasso di disoccupazione nell’area dell’euro è diminuito sensibilmente dalla metà del 2013, le misure più ampie dell’eccesso di offerta di lavoro, che tengono conto di quanti devono accontentarsi di un’occupazione a tempo parziale o si sono ritirati dal mercato del lavoro, rimangono elevate. Con oltre sette milioni di persone che lavorano a tempo parziale per mancanza di un’occupazione a tempo pieno e circa sette milioni di lavoratori scoraggiati (coloro che hanno rinunciato a cercare un’occupazione e si sono ritirati dal mercato del lavoro), il mercato del lavoro nell’area dell’euro mostra ancora un notevole eccesso di offerta.

Riquadro 4 Il ruolo dei consumi privati nella ripresa economica

I consumi privati sono stati la determinante principale della ripresa nell’area dell’euro. In un contesto caratterizzato da debolezza degli investimenti, risanamento dei conti pubblici e moderata espansione dell’interscambio commerciale, i consumi privati hanno segnato un costante recupero dagli inizi del 2013. Nei quattro trimestri fino al terzo trimestre del 2015 il loro contribuito all’espansione del PIL si è avvicinato a quello medio nel periodo pre-crisi, a differenza di quanto avvenuto per gli investimenti (cfr. grafico A).

La recente ripresa dei consumi è andata di pari passo con i continui miglioramenti nei mercati del lavoro. L’aumento della fiducia dei consumatori dagli inizi del 2013 riflette la robusta crescita del reddito disponibile reale che, a sua volta, ha beneficiato dei costanti progressi nei mercati del lavoro (cfr. grafico B). Durante questo periodo il tasso di disoccupazione è sceso di 1,6 punti percentuali, pur rimanendo ben al disopra del minimo pre-crisi (superiore di 3,3 punti percentuali nel quarto trimestre del 2015 rispetto al primo del 2008). Considerando i singoli paesi nell’area, la recente crescita dei consumi è stata relativamente elevata nei paesi i cui mercati del lavoro hanno registrato forti miglioramenti. In particolare, la ripresa del mercato del lavoro è stata marcata in Spagna, Irlanda e Portogallo, e ha coinciso con un sensibile incremento del reddito disponibile e dei consumi.

Grafico A

Contributo trimestrale medio delle principali componenti alla crescita del PIL

(contributo trimestrale medio; punti percentuali)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

Grafico B

Clima di fiducia dei consumatori e variazioni del tasso di disoccupazione

(valori percentuali; punti percentuali)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

Anche la riduzione dei prezzi dell’energia ha svolto un ruolo non trascurabile nella recente ripresa dei consumi. Dagli inizi del 2013 il potere d’acquisto delle famiglie, misurato dal reddito disponibile reale, ha segnato un incremento vicino al 3 per cento, imputabile per circa un terzo ai ribassi dei prezzi dei beni energetici[6].

Inoltre, l’aumento del potere d’acquisto conseguente al calo dei corsi energetici avrebbe avuto un effetto sui consumi più marcato del solito durante la ripresa in atto. Normalmente una parte del maggiore reddito disponibile reale derivante dai ribassi delle materie prime viene risparmiata per alcuni trimestri e, di fatto, il tasso di risparmio in genere aumenta dopo una flessione delle quotazioni petrolifere e diminuisce dopo un loro rialzo. Così è stato anche durante la crisi finanziaria, quando i bruschi cali dei corsi petroliferi si sono accompagnati a un netto incremento del tasso di risparmio (cfr. grafico C). Per contro, il tasso di risparmio è rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi trimestri.

La debole risposta del tasso di risparmio ai minori prezzi dell’energia è in linea con l’attenuazione della domanda repressa di consumi, ad esempio quella di beni durevoli, che è diminuita più della domanda di beni non durevoli e servizi durante la crisi (cfr. grafico D). La domanda repressa si osserva spesso in relazione ai beni durevoli immediatamente dopo una recessione, durante la quale i consumatori differiscono gli acquisti a causa dell’incertezza del quadro economico. Quanto più a lungo le famiglie rimandano gli acquisti di beni durevoli, tanto più forti saranno sia il desiderio sia la necessità di sostituirli una volta avviata la ripresa. Pertanto, la domanda repressa potrebbe accelerare la ripresa economica immediatamente dopo una recessione economica.

La recente espansione dei consumi di beni durevoli potrebbe quindi riflettere la domanda repressa accumulatasi durante la crisi (cfr. grafico D). Dal 2007 al 2013 la quota di beni durevoli sui consumi totali è scesa in tutta l’area dell’euro, ma in misura molto più consistente nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi. Per contro, dal 2013 i beni durevoli come quota dei consumi totali sono aumentati più rapidamente in tali paesi. In prospettiva, l’effetto al rialzo della domanda repressa sull’espansione dei consumi dovrebbe scomparire non appena le famiglie ricostituiscono lo stock di beni durevoli.

Grafico C

Tasso di risparmio e prezzo del petrolio

(valori percentuali; euro al barile)

Fonti: Eurostat e FMI.
Nota: il tasso di risparmio è dato dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e delle istituzioni non a fini di lucro al loro servizio e la somma mobile annua del loro reddito disponibile lordo.

Grafico D

Consumi di beni durevoli e non durevoli e servizi nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.
Note: poiché per alcuni paesi dell’area dell’euro l’Eurostat pubblica una scomposizione dei consumi privati unicamente in beni durevoli e beni non durevoli, gli aggregati per l’area dell’euro sono approssimati utilizzando i dati per 17 paesi (ossia tutti i paesi dell’area tranne Belgio e Irlanda). Le ultime osservazioni si riferiscono al secondo trimestre del 2015.

Dal momento che l’incremento del reddito reale sembra in buon parte riconducibile ai miglioramenti nel mercato del lavoro, la tenuta dei consumi proseguirà fino a quando continueranno i progressi nei mercati del lavoro. Anche nel momento in cui venga meno il sostegno fornito dal calo dei corsi petroliferi e dalla domanda repressa per beni durevoli, i continui miglioramenti nei mercati del lavoro seguiteranno a sostenere la ripresa dei consumi privati.

Andamenti dei prezzi e dei costi

In tutto il 2015 l’inflazione complessiva nell’area dell’euro, misurata dall’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC), è stata molto bassa o persino negativa, a fronte dei protratti ribassi delle materie prime. L’inflazione armonizzata al netto dei beni energetici e alimentari inizialmente è risalita dal suo minimo storico nella prima metà dell’anno, per poi rimanere sostanzialmente stabile intorno allo 0,9 per cento nella seconda metà dell’anno.

L’inflazione generale è scesa ulteriormente nel 2015

Nel 2015 l’inflazione nell’area dell’euro misurata sullo IAPC si è collocata in media allo 0,0 per cento, in calo dallo 0,4 nel 2014 e dall’1,4 nel 2013. Il profilo dell’inflazione armonizzata è stato determinato principalmente dall’evoluzione delle quotazioni energetiche (cfr. grafico 13). L’inflazione complessiva è entrata in territorio negativo due volte, nei primi mesi dell’anno e di nuovo in autunno, per poi tornare su tassi lievemente positivi verso la fine dell’anno.

Grafico 13

Inflazione misurata sullo IAPC e contributi per componente

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente e contributi in punti percentuali)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

L’inflazione di fondo, misurata dallo IAPC al netto dell’energia e dei beni alimentari, è aumentata dal minimo storico dello 0,6 per cento agli inizi del 2015 (cfr. riquadro 5). Nella seconda metà dell’anno l’inflazione è rimasta sostanzialmente stabile intorno allo 0,9 per cento, collocandosi nella media dell’anno allo 0,8 per cento (cfr. grafico 14). Fattori esterni, come gli effetti ritardati dell’apprezzamento dell’euro fino a maggio 2014 e quelli indiretti dei ribassi del petrolio e di altre materie prime, hanno esercitato per tutto l’anno pressioni al ribasso sull’inflazione armonizzata di fondo. Dal lato interno, al basso livello dell’inflazione di fondo hanno contribuito anche la moderata crescita dei salari e la ridotta capacità delle imprese di determinare i prezzi in un contesto altamente concorrenziale.

Grafico 14

Inflazione sullo IAPC al netto di energia e alimentari e contributi per componente

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente e contributi in punti percentuali)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

Analizzando più in dettaglio le componenti principali dello IAPC, la componente dell’energia ha esercitato costantemente pressioni al ribasso sull’inflazione complessiva in tutto il 2015. L’inflazione dei beni energetici è stata negativa per tutti i mesi del 2015, soprattutto a causa degli andamenti delle quotazioni petrolifere in euro.

L’inflazione dei prodotti alimentari ha seguito una tendenza ascendente sin dagli inizi del 2015, sospinta principalmente dall’inflazione degli alimentari non trasformati. Il brusco aumento di quest’ultima in autunno ha rispecchiato l’impatto sui prezzi dei beni ortofrutticoli del tempo insolitamente caldo in estate. L’inflazione degli alimentari trasformati è rimasta sostanzialmente stabile durante l’anno.

La dinamica dei prezzi dei beni industriali non energetici ha recuperato rispetto ai livelli minimi toccati nel 2014 e agli inizi del 2015. Questo movimento al rialzo è stato determinato principalmente dall’andamento dei prezzi dei beni durevoli e, in misura minore, dei beni semidurevoli, mentre l’inflazione dei beni non durevoli è rimasta sostanzialmente stabile. La tendenza verso l’alto ha rispecchiato soprattutto l’effetto del deprezzamento dell’euro dal maggio 2014. Su un orizzonte temporale di più lungo periodo, l’inflazione dei beni industriali non energetici è stata ancora frenata dal rapido calo dei prezzi dei prodotti ad alto contenuto tecnologico, che sono oggetto di una forte concorrenza tra gli esercenti a livello sia nazionale sia internazionale.

I prezzi all’importazione sono stati la fonte principale dell’aumento delle pressioni interne, a seguito del deprezzamento dell’euro. I prezzi all’importazione dei beni di consumo non alimentari hanno continuato a registrare robusti tassi di crescita per tutto l’anno. Sul mercato interno, la pressione interna sui prezzi al consumo dei beni industriali non energetici è rimasta debole, come dimostra in particolare l’inflazione alla produzione dei beni di consumo non alimentari, che ha oscillato su livelli appena sopra lo zero per tutto l’anno. I prezzi alla produzione dei beni intermedi, nonché i corsi in euro del greggio e di altre materie prime, suggeriscono che le pressioni sono state modeste anche ai primi stadi della catena di formazione dei prezzi, soprattutto a causa della debolezza dei prezzi delle materie prime energetiche e non energetiche (cfr. grafico 15).

Grafico 15

Scomposizione dei prezzi alla produzione nell’industria

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

L’inflazione dei servizi è rimasta sostanzialmente stabile tra l’1,0 e l’1,3 per cento nel 2015, di riflesso al permanere di un considerevole margine di capacità inutilizzata nei mercati del lavoro e dei beni e servizi dell’area dell’euro. Le voci della componente dei servizi dello IAPC tendono a essere prodotte internamente, per cui i prezzi dei servizi sono connessi più strettamente agli andamenti della domanda e del costo del lavoro.

Le pressioni derivanti dai costi interni sono rimaste contenute

Le spinte inflazionistiche interne originate dal costo del lavoro sono rimaste deboli nei primi tre trimestri del 2015 (cfr. grafico 16). L’ampio sottoutilizzo della capacità produttiva e il significativo eccesso di offerta sul mercato del lavoro nell’area dell’euro hanno continuato a frenare le pressioni sul costo del lavoro e la capacità di determinazione dei prezzi. Inoltre, negli ultimi anni le riforme strutturali nei mercati del lavoro e dei beni e servizi hanno determinato una maggiore flessibilità verso il basso dei salari e dei prezzi in alcuni paesi dell’area dell’euro. Le spinte salariali sono state tenute a freno anche dal fatto che il potere di acquisto reale dei salari è aumentato in ragione della minore inflazione.

La crescita dei redditi per addetto nell’area dell’euro si è collocata all’1,1 per cento (sul periodo corrispondente) nel terzo trimestre del 2015 e all’1,2 per cento nella media dei primi tre trimestri, ossia su un livello inferiore rispetto al 2014. Il tasso di crescita del costo del lavoro per unità di prodotto si è mantenuto basso, visibilmente inferiore all’1 per cento. Ciò ha riflesso principalmente la decelerazione dei redditi per occupato, mentre la crescita della produttività del lavoro, dopo un iniziale incremento nella prima metà del 2015, è diminuita anch’essa lievemente.

Grafico 16

Scomposizione del deflatore del PIL

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente e contributi in punti percentuali)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

Le pressioni interne dal lato dei costi connesse all’andamento dei profitti si sono rafforzate nel 2015. La crescita dei profitti (misurati in termini di margine operativo lordo) è aumentata ancora nei primi tre trimestri del 2015, rispecchiando la ripresa economica, i costi salariali moderati e i miglioramenti dei termini di scambio in relazione all’andamento debole dei prezzi all’importazione. Pertanto, i profitti per unità di prodotto sono stati la principale determinate dell’incremento del tasso di variazione del deflatore del PIL nel 2015.

Le aspettative di inflazione a lungo termine hanno segnato un recupero

Le aspettative di inflazione a lungo termine desunte dalle indagini e dal mercato hanno evidenziato una ripresa, dopo aver toccato i minimi storici agli inizi del 2015. Secondo la Survey of Professional Forecasters per il quarto trimestre del 2015, le aspettative di inflazione a cinque anni si sono collocate all’1,9 per cento, lo stesso livello previsto in ottobre dall’indagine di Consensus Economics per le aspettative di inflazione a più lungo termine. Le aspettative di inflazione a lungo termine desunte dal mercato sono rimaste inferiori a quelle basate sulle indagini per tutto l’anno, anche se la differenza potrebbe essere dovuta in parte ai premi per il rischio di inflazione.

Riquadro 5 Monitoraggio degli andamenti dell’inflazione di fondo

Alla fine del 2014 la questione di quando e con quale efficacia l’inflazione sarebbe tornata a salire era importante in relazione alle prospettive macroeconomiche. Il presente riquadro esamina l’evoluzione di varie misure dell’inflazione di fondo, ossia le componenti più persistenti dell’inflazione a fronte di quelle transitorie[7], e le indicazioni che forniscono riguardo a un punto di svolta[8].

Le misure dell’inflazione di fondo basate sull’esclusione permanentemente tralasciano vari tipi di influenze transitorie. Una misura ampiamente utilizzata è l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) al netto dei beni energetici e alimentari, che guarda oltre la volatilità implicita nelle quotazioni di tali beni perché esse risentono degli shock dei prezzi delle materie prime e, nel caso degli alimentari freschi, sono influenzate dalle condizioni meteorologiche. Tuttavia, questo sottoindice può comunque includere delle influenze transitorie significative. Ne sono un esempio gli effetti di calendario, che si manifestano soprattutto nei prezzi delle voci legate ai viaggi di piacere o influenzate dai saldi stagionali, come abbigliamento e calzature. Un altro esempio sono le modifiche una tantum della tassazione indiretta o dei prezzi amministrati il cui impatto sul livello dei prezzi viene escluso dopo un anno dal calcolo della variazione tendenziale.

Le varie misure basate sull’esclusione prese in esame comportano una diversa tempistica per il punto di svolta. Passando agli andamenti negli ultimi due anni, l’inflazione armonizzata al netto di energia, alimentari, imposte e prezzi amministrati ha toccato il livello minimo nel maggio 2014. Tuttavia, il segnale di un movimento al rialzo più duraturo è rimasto confuso fino al periodo a cavallo fra il 2014 e il 2015, quando anche lo IAPC al netto dei beni alimentari ed energetici ha raggiunto il livello minimo (cfr. grafico A). La misura dell’inflazione di fondo che, oltre all’energia e agli alimentari, esclude anche le componenti stagionali volatili appare molto più regolare e, dopo aver superato il punto minimo nel novembre 2014, ha fornito indicazioni relativamente costanti di una ripresa durante la prima metà del 2015. Peraltro, tutte le misure hanno posto in evidenza un certo rallentamento dopo i mesi estivi, che quindi lascia in dubbio se sia stato effettivamente raggiunto un punto di svolta.

Grafico A

Misure permanenti dell’inflazione di fondo basate sull’esclusione di alcune voci

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.
Nota: le componenti volatili comprendono viaggi aerei, servizi alberghieri, vacanze organizzate, abbigliamento e calzature.

Un messaggio analogo emerge dalle misure statistiche che riducono la volatilità dei dati sull’inflazione armonizzata, escludendo per ciascun mese le componenti con i tassi tendenziali più elevati e quelli più bassi. Due esempi sono la media troncata al 30 per cento[9] e la mediana ponderata. La media troncata al 30 per cento ha superato il punto minimo nel gennaio 2015, mentre la mediana ha toccato il punto minimo nel marzo 2015 (cfr. grafico B). L’andamento al rialzo di queste due misure è stato in certa misura più debole rispetto a quello delle misure permanenti basate sull’esclusione.

Grafico B

Misure statistiche dell’inflazione di fondo basate sull’esclusione di alcune voci

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

Le misure dell’inflazione di fondo basate su tecniche econometriche hanno confermato queste indicazioni. Una di tali misure si basa su un modello a fattori dinamico, che coglie i fattori comuni e persistenti nei tassi di inflazione dei vari paesi e nelle diverse voci dello IAPC. Questa misura ha toccato il punto minimo nel dicembre 2014, è aumentata sensibilmente fino a maggio 2015, ma poi, come la mediana, ha perso terreno nei mesi estivi ed è rimasta stabile fino alla fine dell’anno (cfr. grafico C). Un’altra misura prende in esame solo le componenti dello IAPC esclusi i beni alimentari ed energetici per le quali l’output gap ha avuto potere previsivo in passato. Ciò è motivato dalll’argomentazione economica che le spinte inflazionistiche di fondo dovrebbero intensificarsi quando il sottoutilizzo della capacità produttiva inizia a diminuire. La misura basata sulla sensibilità all’output gap avrebbe raggiunto il punto di svolta nel marzo 2015.

Grafico C

Misure dell’inflazione di fondo basate su tecniche econometriche

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.
Note: l’indice dell’inflazione “super-core” (linea gialla, media mobile a tre mesi) è calcolato utilizzando le sottocategorie dello IAPC esclusi i beni energetici e alimentari per le quali l’output gap ha potere previsivo in un esercizio di previsione out-of-sample. L’indice core U2 (linea arancione) utilizza un modello fattoriale dinamico con le componenti dettagliate dello IAPC per 12 paesi.

Nel complesso, le indicazioni fornite in tempo reale da tutti questi indicatori hanno generato incertezza per quanto riguarda il momento preciso del punto di svolta e l’intensità della ripresa dei prezzi. A posteriori, l’esame delle diverse misure conferma che l’inflazione di fondo è aumentata rispetto agli inizi del 2015. Tuttavia, il fatto che non sia cresciuta ulteriormente nella seconda metà dell’anno suggerisce che manca ancora una precisa conferma del punto di svolta.

Gli andamenti monetari e creditizi

In un contesto caratterizzato da tassi di inflazione modesti e da tassi di interesse ufficiali bassi, la BCE ha adottato ulteriori misure di politica monetaria non convenzionali. Tre andamenti si sono distinti nel 2015: la crescita della moneta è rimasta sostenuta, l’espansione del credito ha segnato una ripresa graduale ma è rimasta debole e i tassi sui prestiti sono sensibilmente diminuiti.

La crescita della moneta è rimasta sostenuta

Nel 2015 l’aggregato monetario ampio ha dapprima accelerato e, da aprile, la sua espansione è rimasta sostenuta (cfr. grafico 17). A dicembre 2015 la crescita annua di M3 si è collocata al 4,7 per cento, a fronte del 3,8 per cento di fine 2014. Due fattori hanno rappresentato importanti determinanti degli sviluppi monetari nell’area dell’euro: (a) la crescita sostenuta dell’aggregato monetario ristretto M1, in particolare i depositi overnight, che hanno beneficiato del basso costo opportunità di detenere gli strumenti più liquidi; e (b) le misure non convenzionali della BCE, in particolare le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) annunciate nel giugno 2014 e il programma ampliato di acquisti di attività (PAA) annunciato nel gennaio 2015.

Grafico 17

M3 e prestiti al settore privato

(variazioni percentuali annue; dati destagionalizzati e corretti per gli effetti di calendario)

Fonte: BCE.

Grafico 18

Contropartite di M3

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente, contributi in punti percentuali)

Fonte: BCE.

Per quanto riguarda le principali componenti di M3, il livello molto basso dei tassi ufficiali della BCE e dei tassi di interesse del mercato monetario ha favorito la crescita sostenuta dell’aggregato monetario ristretto (M1), che si è collocata al 10,7 per cento a dicembre 2015, a fronte dell’8,1 per cento del dicembre 2014. M1 ha beneficiato dell’elevata crescita dei depositi overnight detenuti sia dalle famiglie sia dalle società non finanziarie (SNF). La bassa remunerazione delle attività monetarie meno liquide ha contribuito alla perdurante contrazione dei depositi a breve termine diversi da quelli overnight (ossia M2 meno M1), che ha continuato a frenare l’espansione di M3. Il tasso di crescita degli strumenti negoziabili (M3 meno M2), che hanno un peso ridotto all’interno di M3, è divenuto positivo. Questo andamento ha rispecchiato in particolare una ripresa del valore delle azioni/quote dei fondi monetari, il cui tasso di rendimento relativo (rispetto all’Euribor a un mese) è stato positivo.

La creazione di moneta è stata determinata da fonti interne

Una valutazione delle contropartite di M3 (cfr. grafico 18) mostra che nel 2015 hanno prevalso le fonti interne di creazione monetaria. In un contesto di tassi di interesse bassi, l’andamento di M3 è stato determinato da disinvestimenti di passività finanziarie a più lungo termine e dal crescente contributo del credito delle IFM. Il tasso di variazione sui dodici mesi delle passività finanziarie a più lungo termine delle IFM (esclusi capitale e riserve) detenute dal settore detentore di moneta è ulteriormente diminuito nel corso dell’anno, attestandosi al -6,7 per cento a dicembre, a fronte del -5,3 per cento di fine 2014. Questo andamento ha rispecchiato una curva dei rendimenti relativamente piatta, la sostituzione da parte delle IFM di titoli di debito a più lungo termine con i finanziamenti delle OMRLT e l’acquisto di obbligazioni bancarie garantite da parte dell’Eurosistema nell’ambito del terzo programma di acquisto di obbligazioni garantite. Gli operatori residenti diversi dalle IFM hanno venduto tali obbligazioni e ciò ha incrementato la massa monetaria.

Gli acquisti di titoli di Stato nell’ambito del Programma di acquisto di attività del settore pubblico hanno rappresentato un’importante fonte di creazione monetaria (cfr. grafico 18, in particolare la voce “passività finanziarie detenuti dall’Eurosistema”). Tra le contropartite interne diverse dal credito alle amministrazioni pubbliche, il credito al settore privato, che negli anni precedenti era stato il principale freno all’espansione della moneta, è gradualmente aumentato nel 2015. Nonostante un significativo avanzo corrente, la posizione netta sull’estero delle IFM dell’area dell’euro (che è speculare alla posizione debitoria netta sull’estero dei soggetti dell’area dell’euro diversi dalle IFM regolata per il tramite di banche) si è ridotta nel 2015. Questa posizione era stata un’importante fonte di creazione monetaria negli anni precedenti. Tale andamento ha rispecchiato soprattutto i deflussi netti per investimenti di portafoglio nell’ambito del programma ampliato di acquisti di attività, che hanno anche favorito una ricomposizione dei portafogli a favore degli strumenti di investimento esteri.

L’espansione del credito ha segnato una ripresa graduale ma debole

La graduale ripresa della crescita del credito ha riflesso l’andamento dei prestiti al settore privato (cfr. grafico 17). Il tasso di espansione sui 12 mesi del credito delle IFM ai residenti dell’area dell’euro è aumentato durante tutto il 2015, collocandosi al 2,3 per cento a dicembre, in aumento dal -0,2 per cento del dicembre 2014. Del miglioramento delle dinamiche del credito hanno beneficiato tanto le famiglie quanto le società non finanziarie. Mentre il tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti alle famiglie è ulteriormente salito, quello dei prestiti alle SNF è divenuto positivo solo a metà 2015. Il miglioramento delle dinamiche del credito è stato facilitato da una notevole riduzione dei tassi sui prestiti bancari favorita da un ulteriore calo dei costi del finanziamento bancario, ascrivibile alle misure di politica monetaria non convenzionali della BCE.

Inoltre, come indicato dall’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro, le variazioni dei criteri di concessione del credito e della domanda di prestiti hanno alimentato una ripresa della crescita dei prestiti. Tale indagine ha identificato il basso livello generale dei tassi di interesse, l’aumento del fabbisogno di finanziamento collegato agli investimenti fissi e le prospettive del mercato immobiliare residenziale come importanti determinanti della crescente domanda di prestiti. In questo contesto, il programma ampliato di acquisti di attività (PAA) ha avuto un impatto netto espansivo sui criteri di fido e in particolare sui termini e sulle condizioni di credito. Le banche hanno altresì segnalato che la liquidità aggiuntiva derivante dal PAA e dalle OMRLT è stata utilizzata per erogare prestiti, nonché per sostituire finanziamenti da altre fonti. Nonostante questi miglioramenti, le dinamiche di credito rimangono deboli e continuano a riflettere fattori come condizioni economiche sottotono e il consolidamento dei bilanci bancari. Inoltre, in alcune parti dell’area dell’euro le condizioni creditizie tese pesano ancora sull’offerta di prestiti.

I tassi sui prestiti bancari alle famiglie e alle imprese non finanziarie sono sensibilmente diminuiti

L’orientamento accomodante della politica monetaria della BCE, la migliorata situazione dei bilanci e la minore frammentazione nei mercati finanziari in generale hanno favorito un calo del costo composito della provvista bancaria, che si è stabilizzato in prossimità dei minimi storici. Dal giugno 2014 le banche hanno progressivamente trasmesso la flessione dei costi di provvista ai tassi sui prestiti (cfr. grafico 19), che hanno raggiunto minimi senza precedenti nella seconda metà del 2015. Tra l’inizio di giugno 2014 e dicembre 2015, i tassi compositi sui prestiti bancari alle SNF sono diminuiti di circa 87 punti base e quelli sui prestiti alle famiglie di circa 69 punti base. Inoltre, i tassi sui prestiti bancari a SNF e famiglie hanno continuato a evidenziare una ridotta dispersione tra paesi.

Grafico 19

Tassi compositi sui prestiti bancari alle società non finanziarie e alle famiglie

(percentuali annue)

Fonte: BCE.
Nota: l’indicatore del tasso composito sui prestiti bancari è calcolato aggregando i tassi a breve e a lungo termine tramite una media mobile a 24 mesi dei volumi delle nuove operazioni.

Politiche di bilancio e riforme strutturali

Il disavanzo pubblico nell’area dell’euro ha continuato a diminuire nel 2015, principalmente sulla scia di andamenti ciclici favorevoli e di una minore spesa per interessi, mentre l’orientamento delle politiche di bilancio è stato sostanzialmente neutro. Il rapporto tra debito delle amministrazioni pubbliche e PIL è sceso per la prima volta in otto anni, ma i livelli di indebitamento restano elevati. Per assicurare la sostenibilità dei conti pubblici occorre un ulteriore sforzo di bilancio. L’azione di risanamento dovrebbe tuttavia essere favorevole alla crescita, per fornire sostegno alla ripresa economica. La crescita beneficerebbe inoltre di una più rapida attuazione delle riforme strutturali, il cui ritmo è rimasto lento nel 2015 nonostante l’impegno profuso a livello europeo. Per sorreggere la ripresa, promuovere la convergenza verso i paesi con i risultati migliori e innalzare il potenziale di crescita, occorre intensificare gli interventi di riforma sul contesto normativo e per l’attività di impresa, nonché sui mercati dei beni e servizi e del lavoro.

I disavanzi di bilancio hanno continuato a ridursi nel 2015

Il disavanzo di bilancio nell’area dell’euro è diminuito ancora nel 2015, benché a un ritmo più lento rispetto all’anno precedente (cfr. grafico 20). Le proiezioni macroeconomiche di dicembre 2015 elaborate dagli esperti dell’Eurosistema hanno indicato un calo del disavanzo di bilancio delle amministrazioni pubbliche nell’area dell’euro dal 2,6 per cento del PIL nel 2014 al 2,0 per cento del PIL nel 2015. Questo dato è sostanzialmente coerente con le previsioni economiche dell’inverno 2016 pubblicate dalla Commissione europea. La flessione del disavanzo nel 2015 va ricondotta soprattutto a un’evoluzione congiunturale favorevole e alla minore spesa per interessi. L’impatto positivo derivante da una spesa per interessi più contenuta di quanto indicato inizialmente nei bilanci di previsione è stato pari all’incirca allo 0,2 per cento del PIL per il 2015 nell’area dell’euro. Molti paesi hanno utilizzato parte dei risparmi per aumentare la spesa primaria, anziché per ridurre il debito come richiesto dal Consiglio Ecofin nelle raccomandazioni specifiche per paese del 2015. In alcuni casi ha contribuito al miglioramento delle finanze pubbliche anche il venir meno nel 2015 di fattori una tantum, connessi fra l’altro all’assistenza erogata al settore finanziario nel 2014.

Secondo le proiezioni il saldo primario strutturale sarebbe lievemente peggiorato nel 2015. Le misure di risanamento, consistite soprattutto in aumenti delle imposte indirette, sono state più che compensate dai pacchetti di stimolo fiscale adottati in alcuni paesi per sostenere la crescita economica e l’occupazione. Nel complesso, ciò si è tradotto in un’intonazione delle politiche di bilancio (misurata come variazione del saldo primario corretto per il ciclo, al netto dell’assistenza pubblica al settore finanziario) sostanzialmente neutra nell’area dell’euro nel 2015 (cfr. grafico 20).

Grafico 20

Saldo di bilancio e orientamento delle politiche di finanza pubblica

(in percentuale del PIL)

Fonti: Eurostat e proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti dell’Eurosistema nel dicembre 2015.
1) Variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, al netto dell’impatto dell’assistenza pubblica a favore del settore finanziario.

L’impatto immediato sui bilanci dell’afflusso di rifugiati è variato considerevolmente da un paese all’altro, a seconda dell’entità degli arrivi, del numero di rifugiati transitati o, viceversa, rimasti nel paese, nonché di differenze riguardanti il sistema di prestazioni sociali e le normative che disciplinano l’accesso al mercato del lavoro. Nel 2015 i costi di bilancio connessi ai rifugiati sono ammontati all’incirca allo 0,2 per cento del PIL negli Stati più interessati dai flussi[10].

È proseguita la convergenza dei saldi di bilancio pubblico

Rispetto al picco della crisi, le posizioni di bilancio hanno mostrato un miglioramento in tutti i paesi dell’area dell’euro, in larga misura sulla scia dei significativi aggiustamenti strutturali condotti nel periodo 2010-2013. Si è osservata un’ulteriore convergenza dei saldi delle amministrazioni pubbliche nei vari paesi dell’area dell’euro, con disavanzi ora al di sotto del parametro del 3 per cento del PIL nella maggioranza degli Stati. I progressi compiuti nel risanamento dei conti pubblici sono risultati evidenti dal numero crescente di paesi in uscita dalla procedura per i disavanzi eccessivi (PDE). Nel 2015 è stata revocata la PDE per Malta. Inoltre, Irlanda e Slovenia avrebbero conseguito una correzione dei propri disavanzi eccessivi nel 2015, onorando la scadenza prevista dalle rispettive PDE, mentre Cipro potrebbe aver completato l’aggiustamento con un anno di anticipo sul termine del 2016. È probabile che nel 2015 il Portogallo abbia sforato l’obiettivo di disavanzo del 3 per cento per l’assistenza fornita al settore finanziario. Ci si attende che Francia, Spagna e Grecia restino sottoposte a PDE nel 2016.

Il rapporto tra debito delle amministrazioni pubbliche e PIL ha iniziato a diminuire

Dopo il massimo toccato nel 2014, il debito delle amministrazioni pubbliche nell’area dell’euro (in rapporto al PIL) è calato per la prima volta dallo scoppio della crisi finanziaria. Secondo le proiezioni macroeconomiche di dicembre 2015 degli esperti dell’Eurosistema, il debito pubblico si è portato al 91 per cento del PIL nel 2015, dal 92 per cento nel 2014; tale riduzione è stata sostenuta da un andamento favorevole del differenziale fra tasso di interesse e crescita, nonché da modesti avanzi primari (cfr. grafico 21). Hanno altresì contribuito al miglioramento raccordi disavanzo/debito negativi, imputabili fra l’altro a introiti da privatizzazioni. In alcuni paesi, tuttavia, il rapporto debito/PIL è aumentato ancora.

Grafico 21

Determinanti del debito pubblico

(in percentuale del PIL)

Fonti: Eurostat e proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti dell’Eurosistema nel dicembre 2015.

Ad ogni modo, i livelli del debito pubblico permangono elevati in alcuni paesi dell’area dell’euro. Contenere i rischi per la sostenibilità del debito è particolarmente importante alla luce delle fondamentali sfide di lungo periodo connesse all’invecchiamento della popolazione e ai crescenti costi dei sistemi sanitari e dell’assistenza di lungo periodo. Secondo le proiezioni del 2015 Ageing Report (rapporto del 2015 sull’invecchiamento della popolazione) della Commissione europea, i costi complessivi dell’invecchiamento demografico aumenteranno infatti dal 26,8 al 28,3 per cento del PIL tra il 2013 e il 2060. L’evoluzione sarebbe trainata soprattutto da fattori demografici per effetto dei quali il tasso di dipendenza degli anziani, ossia la quota della popolazione di età pari o superiore a 65 anni rispetto alla popolazione in età lavorativa (tra i 15 e i 64 anni), dovrebbe quasi raddoppiarsi, superando il 50 per cento entro il 2060. Per inquadrare meglio i costi dell’invecchiamento, va ricordato che queste proiezioni sono soggette a considerevoli rischi avversi, poiché si basano in parte su ipotesi economiche e demografiche molto favorevoli[11]. Nel 2015 Fiscal Sustainability Report (rapporto sulla sostenibilità dei conti pubblici del 2015) la Commissione europea ha confermato che, in assenza di ulteriori cambiamenti sul piano delle politiche, la sostenibilità delle finanze pubbliche è esposta a rischi notevoli in alcuni paesi dell’area dell’euro nel medio e lungo termine. L’analisi sottolinea inoltre l’importanza della piena conformità al Patto di stabilità e crescita (PSC) al fine di stabilizzare o persino ridurre i rapporti debito/PIL nei paesi che al momento registrano livelli di indebitamento elevati.

In diversi paesi occorre un maggiore sforzo di risanamento

Nel corso del 2015 alcuni governi si sono trovati dinanzi alla sfida di calibrare attentamente l’orientamento delle proprie politiche di bilancio per trovare un equilibrio fra la riduzione dell’elevato livello del debito e l’esigenza di non ostacolare la ripresa economica, continuando nel contempo a soddisfare appieno i requisiti del PSC. Per un certo numero di paesi dell’area dell’euro, sono stati riscontrati ampi divari fra l’azione di risanamento nel 2015 e in esercizi successivi e i requisiti del PSC; occorrono pertanto ulteriori sforzi di bilancio. Il 17 novembre 2015 la Commissione europea ha pubblicato la valutazione dei progetti di documenti programmatici di bilancio del 2016 rispetto alle regole del PSC[12]. Dei 16 documenti programmatici di bilancio esaminati solo cinque (quelli di Germania, Estonia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Slovacchia) sono risultati pienamente conformi al PSC. Sette documenti di bilancio (relativi a Belgio, Irlanda, Francia, Lettonia, Malta, Slovenia e Finlandia) sono stati considerati “sostanzialmente conformi”, poiché gli obiettivi per il disavanzo complessivo avevano probabilità di essere raggiunti ma lo sforzo strutturale atteso era insufficiente rispetto ai requisiti; quattro (riguardanti Spagna, Italia, Lituania e Austria) sono stati giudicati “a rischio di non conformità” con il Patto.

Il 23 novembre l’Eurogruppo ha esortato i paesi a rischio di non conformità ad adottare le misure aggiuntive necessarie a fronteggiare i rischi indicati dalla Commissione.

È importante che il risanamento di bilancio sia favorevole alla crescita. Dal lato delle uscite, le revisioni della spesa offrono uno strumento promettente per individuare le prestazioni che non determinano necessariamente un aumento del benessere. Dal lato delle entrate, rendere il sistema tributario più favorevole alla crescita e limitare l’evasione fiscale rappresentano importanti ambiti di intervento in diversi paesi. In particolare, la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro può esercitare effetti positivi sulla crescita e sull’occupazione.

L’attuazione delle riforme strutturali è rimasta lenta nel 2015

Mentre la ripresa economica è proseguita a ritmi diversi nei vari paesi dell’area dell’euro, gli sforzi volti a sostenere l’offerta e aumentare la capacità di tenuta delle economie sono stati generalmente limitati nel 2015. Come già nell’anno precedente, il ritmo di attuazione delle riforme strutturali è rimasto lento, nonostante le modifiche apportate durante il Semestre europeo del 2015 al fine di accrescere la titolarità nazionale delle riforme e incoraggiarne l’attuazione. Per quanto riguarda gli ambiti di intervento, l’attenzione si è rivolta soprattutto al rafforzamento delle condizioni strutturali (in particolare attraverso miglioramenti della legislazione in materia di insolvenza), a politiche attive dell’impiego più efficaci e all’abbassamento del cuneo fiscale sul lavoro. Minori sforzi sono stati dedicati alla riduzione delle tutele e al potenziamento della concorrenza nei settori dei servizi protetti, al miglioramento della pubblica amministrazione e all’aumento della flessibilità salariale.

La tavola 1 illustra i progressi compiuti nell’attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese del 2015. Ne emerge che per numerose raccomandazioni sono stati effettuati progressi modesti. L’attuazione è stata particolarmente debole in tutti i paesi dell’area dell’euro, con progressi limitati nella maggior parte dei settori in Germania, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria e Slovacchia. Tra i paesi dell’area per i quali la Commissione europea ha riscontrato squilibri eccessivi nel 2015, l’Italia ha mostrato un ritmo di attuazione delle raccomandazioni lievemente superiore a quello di Portogallo e Francia.

Tavola 1

Valutazione della Commissione europea sul grado di attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese emanate nel 2015

Fonte: rapporti sui singoli paesi del 2016 della Commissione europea.
Note: per valutare i progressi compiuti nell’attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese, sono state utilizzate le seguenti categorie. Nessun progresso: lo Stato membro non ha annunciato, né adottato alcuna misura per dare seguito alle raccomandazioni ricevute. Questa categoria si applica anche agli Stati membri che abbiano commissionato uno studio per valutare le possibili misure da adottare. Progressi limitati: lo Stato membro ha annunciato alcune misure per dare applicazione alle raccomandazioni specifiche per paese, tuttavia tali misure appaiono insufficienti e/o la loro adozione/attuazione è a rischio. Alcuni progressi: lo Stato membro ha annunciato e adottato alcune misure per dare attuazione alle raccomandazioni. Le misure sono promettenti, ma non tutte sono state già attuate e l’attuazione non è certa in tutti i casi. Notevoli progressi: lo Stato membro ha adottato i provvedimenti, la maggior parte dei quali sono stati realizzati. Questi provvedimenti rispondono in larga misura alle raccomandazioni indirizzate al paese. Piena attuazione: lo Stato membro ha adottato e attuato misure che danno applicazione in modo adeguato alle raccomandazioni specifiche per paese. Le aree grigie indicano le riforme connesse al rispetto del PSC, che non sono state oggetto di valutazione nei rapporti sui singoli paesi. Cipro e Grecia non hanno partecipato al Semestre europeo del 2015 perché, essendo sottoposti a programmi di aggiustamento macroeconomico, non hanno ricevuto raccomandazioni specifiche per paese.

È necessaria un’attuazione più vigorosa delle riforme strutturali per stimolare permanentemente la crescita del PIL

Sullo sfondo di una lenta attuazione delle riforme, alcuni paesi dell’area dell’euro continuano a registrare un considerevole ritardo rispetto a quelli con i migliori risultati in termini di strutture in grado di accrescere la capacità di tenuta e influire sulle prospettive di crescita a lungo termine. Ciò è vero per quanto riguarda il contesto normativo e per l’attività di impresa, nonché per i mercati dei beni e servizi e del lavoro. Questi ritardi mettono in luce l’esistenza di un potenziale che le riforme strutturali, se attuate, potrebbero far emergere. I benefici di tali riforme potrebbero essere notevoli, se si considera come molte economie siano piuttosto distanti dal conformarsi alle migliori prassi. Ad esempio, secondo il rapporto Doing Business, pubblicazione della Banca mondiale sulle condizioni in cui operano le imprese, soltanto un’economia dell’area dell’euro rientra fra i dieci paesi migliori. Il rallentamento nell’attuazione delle riforme osservato nel 2014 e nel 2015 sottolinea la necessità di una più vigorosa spinta riformatrice per sostenere la ripresa ciclica e innalzare il potenziale di crescita. Tale spinta potrebbe beneficiare di una governance più salda delle riforme strutturali, nonché di un maggiore impegno dei paesi dell’area a promuovere un reale cambiamento strutturale delle rispettive economie, approfittando del contesto di tassi di interesse contenuti.

Grafico 22

Confronto tra la crescita potenziale media e il debito dei settori pubblico e privato

(asse delle ascisse: debito consolidato nei settori pubblico e privato nel 2° trim. 2015, in percentuale del PIL; asse delle ordinate: crescita media del prodotto potenziale nel biennio 2016-2017)

Fonti: Eurostat e Commissione europea.

La bassa crescita della produttività, l’elevata disoccupazione e, in alcuni paesi, cospicui squilibri quali livelli del debito elevati e posizioni nette sull’estero negative comportano rischi per la sostenibilità della ripresa economica e richiedono risposte di politica economica (cfr. ad esempio il grafico 22). Le stime disponibili di diverse istituzioni internazionali (fra cui la Commissione europea, l’FMI e l’OCSE) suggeriscono che la crescita della produttività totale dei fattori si manterrà al di sotto dell’1 per cento su un orizzonte da tre a cinque anni nella maggior parte dei paesi dell’area dell’euro. Riforme strutturali credibili, oculate e ben congegnate possono esplicare rapidamente i propri effetti positivi (ad esempio attraverso un miglioramento del clima di fiducia) e fornire così sostegno alla ripresa[13]. In molti paesi occorrono ancora riforme dei mercati dei beni e servizi e del lavoro, nonché interventi sul contesto per l’attività di impresa e sul quadro regolamentare.

Precedenti esperienze dimostrano che l’attuazione delle riforme pone sfide diverse da un settore all’altro. Questa è forse una delle ragioni per cui le riforme nei mercati dei beni e servizi accusano un ritardo rispetto agli interventi su altri fronti, ad esempio nel mercato del lavoro. Tuttavia, riforme di questi mercati che semplifichino l’accesso ai settori protetti possono contribuire in misura significativa a migliorare la capacità di aggiustamento nell’area dell’euro. Occorrono interventi di ampio respiro che accrescano la concorrenza nelle professioni regolamentate, nel commercio al dettaglio e nelle industrie di rete, poiché mercati aperti e competitivi sono indispensabili a promuovere un’allocazione efficiente delle risorse e stimolare l’attività di investimento, ancora molto modesta. Anche la riduzione degli oneri burocratici a carico delle imprese, un sistema giudiziario più efficiente e il miglioramento del contesto regolamentare, nonché della normativa di riferimento in materia di insolvenza e degli strumenti di risoluzione, potrebbero contribuire ad aumentare i livelli di investimento e conseguire una ripartizione più efficiente delle risorse. In aggiunta, all’interno dell’area dell’euro persistono divergenze significative nel funzionamento dei mercati del lavoro. È necessario continuare a varare politiche che migliorino la qualità dell’offerta di lavoro e semplifichino l’integrazione nel mercato di disoccupati e inattivi; inoltre, le modifiche della normativa di settore devono assicurare un migliore equilibrio tra flessibilità e sicurezza[14].

In seguito alla pubblicazione della Relazione dei cinque presidenti, sono state intraprese misure volte a sostenere l’attuazione delle riforme e accrescerne la titolarità. In particolare, la Commissione ha emesso una raccomandazione nella quale invita il Consiglio ad emanare una raccomandazione sull’istituzione di comitati nazionali per la competitività nell’area dell’euro. Tali organismi possono aiutare a comprendere meglio i fattori alla base della competitività nei singoli paesi e nell’insieme dell’area; tuttavia, la loro piena indipendenza e il mandato loro conferito saranno determinanti per il ruolo e l’impatto che potranno esercitare nello stimolare l’azione di riforma[15].

La politica monetaria in periodi di sfide

Le preoccupanti prospettive di inflazione hanno richiesto un ulteriore intervento risoluto della BCE

Agli inizi di gennaio 2015 il Consiglio direttivo ha condotto un attento riesame delle prospettive di evoluzione dei prezzi e dello stimolo monetario prodotto dalle misure attuate a partire dalla metà del 2014. L’inflazione continuava a mostrare un andamento più debole delle aspettative in un contesto in cui la capacità produttiva inutilizzata nell’economia permaneva elevata e le dinamiche di moneta e credito si mantenevano contenute. Di riflesso a queste condizioni, gli indicatori delle aspettative di inflazione ricavati dai mercati si erano ridotti su vari orizzonti temporali e gran parte degli indicatori dell’inflazione effettiva o attesa si collocavano per lo più su livelli pari o prossimi ai minimi storici. Il Consiglio direttivo si è pertanto trovato a fronteggiare l’intensificarsi dei rischi di un periodo eccessivamente prolungato di bassa inflazione, e forse di inflazione negativa. Le misure di politica monetaria messe in atto (in particolare le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT), il programma di acquisto di titoli emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione (ABSPP) e il terzo programma per l’acquisto di obbligazioni garantite (CBPP3), unitamente alle indicazioni prospettiche sulla politica monetaria introdotte in precedenza) stavano già producendo risultati soddisfacenti in termini di trasmissione e i costi di indebitamento del settore privato avevano iniziato a scendere in maniera convincente nei mesi estivi. Tuttavia, se si considerano il crescente differenziale tra, da un lato, inflazione realizzata e inflazione attesa e, dall’altro, livelli di inflazione ritenuti dal Consiglio direttivo coerenti con il proprio obiettivo di medio termine, l’impatto quantitativo di queste misure sul bilancio dell’Eurosistema, e quindi sull’orientamento di politica monetaria, è stato giudicato insufficiente a garantire il ritorno dell’inflazione su livelli più prossimi al 2 per cento nel medio periodo. A fronte di questo scenario, si rendeva necessaria una risposta vigorosa di politica monetaria.

Con i tassi di interesse di riferimento pari o prossimi al rispettivo limite inferiore effettivo, il 22 gennaio il Consiglio direttivo ha deciso di ampliare il programma di acquisto di attività avviato in ottobre 2014, includendo titoli di qualità elevata (investment grade) denominati in euro emessi da amministrazioni e agenzie governative dei paesi dell’area dell’euro e da istituzioni europee. Nell’ambito di questo programma ampliato di acquisto di attività (PAA), gli acquisti mensili di titoli del settore pubblico e del settore privato dovevano ammontare nell’insieme a 60 miliardi di euro. Gli acquisti di titoli del settore pubblico nel mercato secondario da parte dell’Eurosistema hanno avuto inizio in marzo 2015 e, secondo le intenzioni, dovrebbero proseguire sino alla fine di settembre 2016 e, in ogni caso, finché il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole del profilo dell’inflazione in linea con l’obiettivo di conseguire tassi di inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine. Inoltre, si è deciso di modificare il tasso di interesse applicato alle sei rimanenti OMRLT e di eliminare il differenziale di 10 punti base sul tasso delle operazioni di rifinanziamento principali (ORP) applicato alle prime due OMRLT.

Il PAA e le OMRLT, con il tasso negativo sui depositi presso la banca centrale, hanno fornito risultati concreti, migliorando in particolare le condizioni di finanziamento per le imprese, comprese le piccole e medie imprese, e le famiglie (cfr. sezione 1.2 del capitolo 1). Questi interventi, rendendo il finanziamento meno oneroso per l’economia, hanno dato impulso alla domanda di credito e, riducendo i rendimenti corretti per il rischio ottenuti dalle banche sui titoli, hanno incoraggiato le banche a diversificare le loro esposizioni verso i prestiti, sospingendo in tal modo l’offerta di credito. Di conseguenza, la spesa è stata molto più robusta di quanto sarebbe altrimenti risultata e ciò ha portato a un rafforzamento del PIL in termini reali e a un incremento dell’inflazione (cfr. riquadro 6).

Il maggiore stimolo della politica monetaria, l’aumento della fiducia e l’effetto favorevole della debole dinamica dei prezzi dell’energia sul reddito disponibile hanno impresso slancio alla ripresa economica nella prima metà dell’anno. Le aspettative di inflazione hanno recuperato in modo apprezzabile dai livelli minimi raggiunti nel mese precedente la decisione di gennaio.

Tuttavia, a partire da giugno e per gran parte del terzo trimestre, le condizioni di finanziamento e il clima di fiducia sono peggiorati di nuovo, per un certo periodo a causa della maggiore volatilità finanziaria connessa ai difficili negoziati sul pacchetto di assistenza macroeconomica alla Grecia, ma soprattutto per i timori crescenti e persistenti riguardo allo stato dell’economia globale. La concomitante diminuzione della fiducia, unita a una debole domanda esterna, ha gravato sul ritmo della ripresa, che ha subito un rallentamento nel terzo trimestre; allo stesso tempo, le nuove tendenze al ribasso dell’inflazione importata, associate alla debolezza di numerose economie emergenti importanti, hanno frenato il processo di risalita dell’inflazione, processo che, secondo le aspettative, avrebbe determinato la normalizzazione dell’inflazione nel medio termine.

Nel complesso, gli andamenti osservati nell’arco dell’estate 2015 si sono tradotti in cospicue revisioni verso il basso delle prospettive di base per la crescita e l’inflazione nelle proiezioni elaborate dagli esperti della BCE e dell’Eurosistema (cfr. tavola 2). Si è inoltre ritenuto che i rischi al ribasso per le prospettive fossero aumentati principalmente in ragione dell’incertezza sull’economia mondiale e dell’accresciuta volatilità nei mercati finanziari, valutari e delle materie prime. In questo contesto, il Consiglio direttivo, pur tenendo sotto attenta osservazione i nuovi dati, e in particolare le implicazioni della rivalutazione dei rischi finanziari per l’orientamento di politica monetaria, ha reputato che l’incertezza fosse troppo elevata per fornire una base sufficientemente robusta alla decisione sulla necessità o meno di un ulteriore accomodamento. Pertanto, nella riunione di politica monetaria di ottobre, il Consiglio direttivo ha annunciato che avrebbe condotto un’analisi approfondita dell’intensità e della persistenza dei fattori che stavano rallentando il ritorno dell’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio periodo; ha inoltre annunciato che avrebbe riesaminato il grado di accomodamento monetario, nonché l’efficacia e l’adeguatezza degli strumenti di politica monetaria messi in campo, in occasione della successiva riunione di dicembre. La dichiarazione di ottobre a seguito della riunione ha provocato una vivace reazione dei mercati e il ritorno delle condizioni di finanziamento ai livelli più favorevoli registrati all’inizio del 2015, quando erano stati avviati gli acquisti nell’ambito del PAA ampliato.

Tavola 2

Evoluzione delle proiezioni macroeconomiche elaborate dagli esperti della BCE e dell’Eurosistema

(variazioni percentuali annue)

Fonte: Eurosistema.

Di conseguenza, alla riunione di inizio dicembre, il Consiglio direttivo ha deciso di ricalibrare il grado di accomodamento monetario in considerazione dell’obiettivo della stabilità dei prezzi. Le proiezioni macroeconomiche di dicembre 2015 elaborate dagli esperti dell’Eurosistema, che in una certa misura hanno incorporato l’evoluzione favorevole dei mercati finanziari dopo la riunione di politica monetaria di ottobre, indicavano che con ogni probabilità l’inflazione avrebbe impiegato più tempo, di quanto previsto nei mesi precedenti, a portarsi su livelli che il Consiglio direttivo reputasse sufficientemente prossimi al 2 per cento; le proiezioni evidenziavano inoltre un incremento dei rischi al ribasso per le prospettive di inflazione. Mentre i prezzi contenuti delle materie prime contribuivano a mantenere bassa l’inflazione, la notevole capacità produttiva inutilizzata e gli effetti avversi del contesto esterno avrebbero seguitato a pesare, secondo le attese, sulle pressioni interne sui prezzi. Pertanto, si rendevano necessari ulteriori interventi di politica monetaria per evitare il rischio di effetti di secondo impatto e assicurare il ritorno dell’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine.

Nella riunione di dicembre, il Consiglio direttivo ha deciso di: (a) ridurre di 10 punti base, al -0,30 per cento, il tasso di interesse sui depositi presso la banca centrale, lasciando invece invariati i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale, rispettivamente allo 0,05 e allo 0,30 per cento; (b) prorogare la data finale prevista per gli acquisti mensili per 60 miliardi nell’ambito del PAA sino alla fine di marzo 2017, o anche oltre se necessario, e in ogni caso finché il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole del profilo dell’inflazione coerente con l’obiettivo di conseguire tassi di inflazione inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine; (c) reinvestire il capitale rimborsato sui titoli acquistati nel quadro del PAA alla scadenza, finché necessario; (d) includere gli strumenti di debito negoziabili denominati in euro emessi dalle amministrazioni regionali e locali dell’area dell’euro nell’elenco delle attività idonee per gli acquisti regolari da parte delle rispettive banche centrali nazionali; (e) continuare a condurre le operazioni di rifinanziamento principali e le operazioni di rifinanziamento a più lungo termine con scadenza a tre mesi mediante aste a tasso fisso con piena aggiudicazione degli importi richiesti, finché necessario e almeno sino al termine dell’ultimo periodo di mantenimento delle riserve del 2017.

Le nuove misure mirano ad assicurare il perdurare di condizioni finanziarie accomodanti e a rafforzare ancora l’effetto di sostanziale allentamento degli interventi intrapresi da giugno 2014. Inoltre, secondo le aspettative, queste misure consoliderebbero il vigore della ripresa economica dell’area dell’euro e la sua capacità di tenuta agli shock economici su scala mondiale.

In particolare, ci si attende che la proroga sino alla fine di marzo 2017 della data finale prevista per gli acquisti mensili netti dell’Eurosistema nell’ambito del PAA e la decisione di reinvestire i proventi dei rimborsi in conto capitale dei titoli in scadenza fino a quando sarà necessario si traducano in una immissione aggiuntiva di liquidità pari a circa 680 miliardi di euro entro il 2019, rispetto alla situazione che si verificherebbe se fossero rimaste in vigore le precedenti politiche. Questo migliorerà le indicazioni prospettiche della BCE sui tassi di interesse e consentirà di mantenere le condizioni di liquidità molto favorevoli nel lungo periodo.

Il Consiglio direttivo tiene sotto costante osservazione le condizioni economiche e finanziarie. Se queste condizioni dovessero cambiare al punto da rendere necessaria una nuova risposta per mantenere un grado appropriato di accomodamento monetario, il Consiglio direttivo ha ribadito la propria volontà e capacità di agire ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili nell’ambito del proprio mandato per assicurare il ritorno dell’inflazione su livelli in linea con l’obiettivo della BCE senza indebiti ritardi. In particolare, ha rammentato che il PAA è dotato di flessibilità sufficiente da poterne adeguare dimensioni, composizione e durata.

Riquadro 6 La trasmissione delle misure di politica monetaria ai mercati finanziari e all’economia reale

La trasmissione all’economia dell’area dell’euro delle misure di politica monetaria messe in atto da giugno 2014 ha prodotto effetti di rilievo[16]. Gli interventi di stimolo intrapresi hanno indotto un significativo allentamento delle condizioni di indebitamento per l’economia e hanno fornito un importante contributo a sostegno della ripresa dell’area, aiutando ad arrestare la disinflazione e a portare i tassi di inflazione più vicini a livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento. Questo riquadro riassume le evidenze relative alla trasmissione delle misure della BCE[17].

La trasmissione è avvenuta attraverso una serie di canali[18]. Primo, le misure non convenzionali hanno migliorato le condizioni di credito al settore privato non finanziario allentando le condizioni di rifinanziamento per le banche e favorendo la creazione di prestiti, in modo da incoraggiare l’assunzione di debito e la spesa per investimenti e consumi (il canale di trasmissione diretta). Secondo, i rendimenti di un’ampia gamma di attività si sono ridotti e, pertanto, lo stimolo si è propagato con una portata più ampia nell’economia (il canale di riequilibrio dei portafogli). Terzo, l’adozione di misure non convenzionali, specie di quelle che hanno ricadute consistenti sul bilancio della banca centrale, ha sottolineato l’impegno della BCE nel perseguimento del proprio mandato di preservare la stabilità dei prezzi (il canale di segnalazione).

Impatto sulle attività finanziarie di riferimento

L’impatto sui mercati finanziari esercitato dalle misure annunciate da giugno 2014 è il primo anello nella catena di trasmissione degli impulsi di politica monetaria all’economia reale e, in definitiva, all’inflazione[19]. Le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) e il programma di acquisto di attività (PAA), unitamente al tasso negativo sui depositi presso la banca centrale, hanno provocato un allentamento sostanziale in un’ampia varietà di segmenti dei mercati finanziari. Più precisamente, i rendimenti delle obbligazioni sovrane sono stati ridotti dagli acquisti di attività e attraverso il canale di riequilibrio dei portafogli. Gli acquisti di attività da parte della BCE, insieme alle sue indicazioni prospettiche sulla politica monetaria, hanno contribuito a moderare l’entità media del rischio di durata finanziaria nel portafoglio relativo al settore privato e questo, a sua volta, ha prodotto un calo del prezzo applicato dagli investitori per il credito a più lungo termine (il premio a termine). Inoltre, gli effetti di propagazione ai rendimenti delle attività escluse dalle misure, come le obbligazioni di società finanziarie e non finanziarie, hanno causato un cospicuo assottigliamento dei differenziali di credito nell’arco dello stesso periodo. Questi effetti di propagazione, uniti ai tassi di sconto inferiori per via del calo dei rendimenti obbligazionari, hanno altresì contribuito a esercitare pressioni al rialzo sui prezzi azionari. L’anticipazione, l’annuncio e l’attuazione di misure di politica monetaria, compresi i tre interventi di riduzione del tasso sui depositi presso la banca centrale intrapresi dalla metà del 2014, hanno inoltre provocato il deprezzamento dell’euro in termini effettivi nominali, dato che gli investitori hanno riequilibrato i loro portafogli prediligendo ai meno redditizi strumenti a reddito fisso dell’area dell’euro le più redditizie attività detenute al di fuori dell’area.

Costi del finanziamento bancario basato sul mercato

Le misure di politica monetaria hanno abbassato in modo considerevole i costi del finanziamento sul mercato per le banche, un elemento essenziale della catena di trasmissione in un’economia basata sulle banche. In primo luogo, l’impatto diretto di queste misure ha consentito di sostituire fonti di provvista più onerose e a scadenza più breve con il finanziamento tramite le OMRLT; in secondo luogo, il loro impatto indiretto ha prodotto la sostanziale riduzione dei rendimenti a medio e lungo termine per un’ampia serie di attività finanziarie, inclusi gli strumenti di finanziamento bancario. Questi miglioramenti hanno determinato un allentamento più generalizzato delle condizioni di finanziamento che interessa le banche a prescindere dall’entità del loro ricorso alle operazioni di prestito dell’Eurosistema (comprese le OMRLT), come avvalora la marcata diminuzione del costo composito del finanziamento ottenuto tramite ricorso al debito per le banche dell’area dell’euro (cfr. grafico A)[20].

Grafico A

Costo composito del finanziamento bancario tramite depositi e obbligazioni

(in percentuale annua)

Fonti: BCE, Merrill Lynch Global Index ed elaborazioni della BCE.
Note: media dei tassi sui nuovi depositi e del costo del finanziamento mediante ricorso al debito sul mercato, ponderata per le corrispondenti consistenze in essere. Le linee verticali indicano la data di annuncio della rispettiva misura.

Condizioni del credito bancario

Il sostanziale allentamento delle condizioni di finanziamento delle banche in un contesto di accresciuta concorrenza fra prestatori[21] ha favorito la trasmissione delle misure di politica monetaria alle condizioni del credito bancario della BCE e ha moderato la frammentazione nei paesi dell’area dell’euro.

Prima delle misure adottate da giugno 2014, gran parte della riduzione dei tassi di interesse di riferimento della BCE (125 punti base complessivi tra settembre 2011 e giugno 2014) si rifletteva in maniera incompleta o disomogenea nel calo del tasso mediano sui prestiti. A partire dalla primavera 2014, le misure assunte dalla BCE hanno contribuito a una cospicua diminuzione dei tassi sui prestiti bancari; in effetti, mentre i tassi di interesse di riferimento della BCE sono stati ridotti di 20 punti base tra giugno e settembre 2014, i tassi sui prestiti bancari per le società non finanziare dell’area dell’euro sono scesi all’incirca di 80 punti base fino a ottobre 2015. Le stime formulate dagli esperti della BCE suggeriscono che, sulla base di passate regolarità osservate prima della crisi, al fine di ottenere un effetto analogo per i tassi di interesse bancari sui presiti alle imprese, sarebbe stata necessaria una riduzione dei tassi ufficiali di circa 100 punti base. Questo sta a indicare che anche il PAA e le OMRLT hanno favorito la trasmissione dell’orientamento di politica monetaria della BCE.

Grafico B

Variazioni dei tassi sui prestiti per le società non finanziarie

(in punti percentuali)

Fonte: BCE.
Note: il grafico interessa il periodo compreso tra giugno 2014 e luglio 2015. Nei paesi “vulnerabili”, il gruppo dei “non partecipanti alle OMRLT” comprende 10 banche e il gruppo dei “partecipanti a una OMRLT” comprende 49 banche. Nei paesi “meno vulnerabili”, il gruppo dei “non partecipanti alle OMRLT” comprende 71 banche e il gruppo dei “partecipanti a una OMRLT” comprende 43 banche.

In particolare, la trasmissione dell’orientamento di politica monetaria della BCE è migliorata nei paesi più colpiti dalla crisi, rispecchiando una riduzione della frammentazione. Infatti, il calo dei tassi sui prestiti per le società non finanziarie che ha fatto seguito alle misure di politica monetaria della BCE adottate da giugno 2014 è stato di gran lunga più marcato nei paesi più grandi maggiormente interessati dalla crisi (di circa 110-140 punti base). Questa dinamica può essere in parte associata agli effetti delle OMRLT, dato che le banche ubicate nei paesi partecipanti ad almeno una delle prime quattro operazioni hanno abbassato i loro tassi sui prestiti, in termini di mediana, in misura maggiore rispetto alle banche dei paesi non partecipanti (cfr. grafico B). Al contempo, la partecipazione alle OMRLT non sembra aver influenzato, in maniera sistematica, i tassi sui prestiti bancari in altri paesi, soprattutto per il fatto che in queste economie la trasmissione delle variazioni dei tassi di interesse di riferimento della BCE è stata pressoché in linea con le regolarità osservate in passato[22]. Nel complesso, l’analisi degli esperti conferma che l’impatto diretto delle OMRLT, oltre agli effetti indiretti delle OMRLT e del PAA sui rendimenti obbligazionari, ha contribuito alla flessione osservata dei tassi sui prestiti; gli effetti indiretti sono stati rafforzati dall’impatto positivo dei minori rendimenti a lungo termine sulle prospettive macroeconomiche e, di conseguenza, sulla componente del credito incorporata negli stessi tassi.

Volumi di prestito

Le OMRLT e il PAA stanno comportando un miglioramento delle condizioni di offerta e domanda di credito, sostenendo in tal modo la ripresa graduale del volume di prestiti alle società non finanziarie e alle famiglie (cfr. grafici C e D e sezione 1.5 del capitolo 1). L’offerta di credito si è rafforzata in presenza di migliori condizioni di finanziamento per le banche e per via della maggiore attrattiva esercitata dalla concessione di prestiti, dato che i rendimenti in calo sulle obbligazioni sovrane hanno ridotto il rendimento corretto per il rischio favorendo i prestiti[23]. Analogamente, la domanda di credito ha seguitato a crescere, sospinta dal calo dei tassi sui prestiti, dall’allentamento dei criteri di concessione del credito e dal maggiore fabbisogno di finanziamento a fini di investimento.

Grafico C

Tassi compositi sui prestiti bancari per le società non finanziarie

(in percentuali annue, media mobile a tre mesi)

Fonte: BCE ed elaborazioni della BCE.
Note: l’indicatore del costo totale dell’indebitamento bancario è calcolato aggregando tassi a breve e lungo termine per mezzo di una media mobile a 24 mesi dei volumi delle nuove operazioni. La deviazione standard fra paesi è calcolata su un campione fisso di 12 paesi dell’area dell’euro. L’ultima osservazione risale a ottobre 2015.

Grafico D

Prestiti delle IFM alle società non finanziarie in alcuni paesi dell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Fonte: BCE.
Note: dati corretti per cessioni e cartolarizzazioni. La dispersione per paese è calcolata come minimo/massimo su un campione fisso di 12 paesi dell’area dell’euro. L’ultima osservazione risale a settembre 2015.

Le misure della BCE hanno interessato persino le imprese più piccole, che la politica monetaria ha solitamente più difficoltà a raggiungere. Nell’indagine della BCE di dicembre 2015 sull’accesso al finanziamento delle imprese si riscontra che un minor numero di piccole e medie imprese descrive il credito come un fattore di ostacolo alla propria attività, nonostante permangano notevoli differenze tra paesi (cfr. grafico E).

Grafico E

Problematiche più importanti per le piccole e medie imprese dell’area dell’euro

(in percentuale degli intervistati)

Fonte: indagine della BCE di dicembre 2015 sull’accesso al credito delle imprese nell’area dell’euro.

Grafico F

Aspettative di inflazione basate sul mercato

(tassi swap a termine impliciti indicizzati all’inflazione in valori percentuali in ragione d'anno)

Fonti: Reuters ed elaborazioni della BCE.
Nota: l’ultima osservazione risale al 19 novembre 2015.

Impatto sull’economia

Nel complesso, le evidenze confermano che le misure di politica monetaria della BCE stanno producendo benefici concreti. Le misure annunciate da giugno 2014 hanno portato a una revisione verso il basso delle aspettative di mercato per i futuri tassi di interesse a breve termine. In un contesto in cui la nuova flessione dei prezzi petroliferi ha accresciuto il rischio di una tendenza inflazionistica al ribasso più persistente nel medio periodo, queste misure hanno contribuito ad arrestare il calo degli indicatori delle attese di inflazione ricavati dai dati di mercato (cfr. grafico F). Pertanto, con la riduzione dei rendimenti obbligazionari nominali, queste misure hanno contribuito ad abbassare i tassi di interesse reali e a rendere più accomodante la politica monetaria a sostegno della ripresa dell’area dell’euro e di un ritorno dell’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento.

Di fatto, le stime empiriche elaborate nell’Eurosistema[24] suggeriscono che, in assenza delle misure della BCE, l’inflazione risulterebbe inferiore di mezzo punto percentuale nel 2016 e di circa un terzo di punto percentuale nel 2017. Anche l’incidenza sul PIL è consistente: secondo le stime, le misure della BCE rafforzerebbero il PIL di quasi un punto percentuale nel periodo dal 2015 al 2017.

L’attuazione del programma di acquisto di attività e delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine è avvenuta in modo ordinato nel 2015

Volume di acquisti nell’ambito del programma ampliato di acquisto di attività

Il programma di acquisto di attività (PAA) prevede l’acquisto di tre tipologie di titoli: (1) titoli del settore pubblico nell’ambito del programma di acquisto di titoli del settore pubblico (PSPP), avviato in marzo 2015; (2) obbligazioni garantite nell’ambito del terzo programma per l’acquisto di obbligazioni garantite (CBPP3), avviato in ottobre 2014, e (3) attività cartolarizzate (ABS) nell’ambito del programma di acquisto di titoli emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione (ABSPP), avviato in novembre 2014.

Il volume complessivo medio di acquisti mensili di attività nel quadro del PAA è stato pari a 60 miliardi di euro nel 2015, in linea con l’obiettivo fissato dal Consiglio direttivo. Nell’insieme, l’attuazione dei programmi di acquisto è avvenuta in modo ordinato. Gli acquisti di titoli del settore pubblico nell’ambito del PSPP rappresentano di gran lunga la componente più cospicua del volume totale del PAA (cfr. grafico 23). Le condizioni generali del mercato hanno favorito il raggiungimento degli obiettivi di volume, nonostante si siano verificati alcuni episodi di modesta riduzione della liquidità di mercato nel corso dell’estate, in particolare in paesi dell’area dell’euro di minori dimensioni.

Grafico 23

Acquisti mensili nell’ambito del PAA e dei singoli programmi di acquisto

(in miliardi di euro)

Fonte: BCE.

La configurazione del PAA consente una certa flessibilità di attuazione per evitare che gli acquisti obbligazionari interferiscano con il meccanismo di formazione dei prezzi nei mercati e per preservarne la liquidità. Il profilo degli acquisti mensili rispecchia questa flessibilità: ad esempio, in vista dell’attesa diminuzione della liquidità dei mercati in estate e verso la fine dell’anno, l’Eurosistema ha anticipato gli acquisti nel quadro del PAA, innalzandoli al di sopra dell’obiettivo di 60 miliardi di euro per diversi mesi e consentendo invece che fossero al di sotto dell’obiettivo in agosto e in dicembre.

Nell’attuazione ordinaria del programma, gli acquisti obbligazionari sono altresì sensibili a segnali di scarsità riguardante singole obbligazioni. Per quanto possibile, l’Eurosistema evita di acquistare obbligazioni che siano le più economiche da consegnare nell’ambito di contratti future, obbligazioni con caratteristiche particolari nel mercato dei pronti contro termine oppure obbligazioni che presentano una liquidità relativamente limitata per altre ragioni. Maggiori informazioni sulla messa in atto del programma sono reperibili nel sito Internet della BCE.

I rendimenti dei titoli sovrani sono scesi a livelli storicamente bassi in varie occasioni nel corso del 2015, con una quota significativa di obbligazioni idonee ai fini del PSPP negoziata a rendimenti inferiori rispetto al livello del tasso sui depositi presso la banca centrale in diversi paesi. Questo ha ridotto la quantità di obbligazioni disponibili per l’acquisto nell’ambito del PSPP, poiché gli acquisti non vengono effettuati a livelli di rendimento inferiori rispetto al tasso sui depositi; alla fine di novembre ciò ha rispecchiato, tra l’altro, aspettative di mercato secondo cui la BCE avrebbe ridotto ulteriormente il tasso sui depositi. La quota di obbligazioni non disponibili per l’acquisto a causa del loro basso rendimento è diminuita nettamente dopo la decisione del Consiglio direttivo di abbassare il tasso sui depositi presso la banca centrale al -0,30 per cento in dicembre 2015.

Prestito titoli nel quadro del PSPP

Per evitare che il PSPP ostacoli il funzionamento del mercato dei titoli di Stato dell’area dell’euro, la maggioranza delle banche centrali dell’Eurosistema (compresa la BCE) ha predisposto operazioni di prestito titoli. L’operazione predisposta dalla BCE consente agli operatori di mercato impegnati in servizi di supporto agli scambi (market-making) di prendere in prestito titoli della BCE detenuti nel quadro del PSPP e del programma per il mercato dei titoli finanziari (Securities Markets Programme, SMP). I criteri specifici di assunzione del prestito sono consultabili nel sito Internet della BCE. Gli operatori, in genere, reputano le operazioni di prestito titoli dell’Eurosistema un elemento rassicurante del PAA.

Ampliamento della lista di agenzie

L’Eurosistema ha ampliato due volte nel 2015, in aprile e in luglio, la lista di agenzie, i cui titoli risultano idonei per l’acquisto nel quadro del PSPP, passando da 7 a 30 agenzie entro la fine dell’anno; questo dovrebbe rendere più agevole l’attuazione del programma. L’ampliamento ha tenuto conto di considerazioni riguardanti la politica monetaria e la gestione del rischio.

Aumento del limite della quota-parte di un’emissione

Un altro intervento dell’Eurosistema volto ad assicurare un’attuazione flessibile e "market neutral" del PSPP è stato l’innalzamento del limite relativo alla quota-parte di un’emissione nel quadro dello stesso programma. In occasione della prima attuazione del PSPP, questo limite era fissato al 25 per cento, a significare che la totalità dei titoli idonei per il PSPP detenuti dall’Eurosistema non deve superare, in termini aggregati, il 25 per cento delle consistenze nominali in essere. Tuttavia, nel contesto di una revisione programmata, il Consiglio direttivo ha deciso in settembre 2015 di aumentare il limite al 33 per cento. Nei casi in cui questo incremento delle disponibilità dell’Eurosistema consentisse una minoranza di blocco ai fini delle clausole di azione collettiva, il limite rimarrebbe al 25 per cento.

Idoneità delle obbligazioni di amministrazioni regionali e locali ai fini del PSPP

Il 3 dicembre 2015 il Consiglio direttivo ha deciso che gli strumenti di debito negoziabili denominati in euro emessi dalle amministrazioni regionali e locali situate nell’area dell’euro rientrano tra le attività idonee per gli acquisti regolari nel quadro del PSPP da parte delle rispettive banche centrali nazionali. Questa decisione riguarda soltanto le obbligazioni di emissione regionale e locale che soddisfano tutti gli altri requisiti di idoneità, in particolare il requisito del rating minimo, come disposto nella Decisione della BCE su un programma di acquisto di attività del settore pubblico sui mercati secondari (Decisione BCE/2015/10). L’ampliamento della serie di titoli idonei per gli acquisti ai fini del PSPP tramite l’inclusione di obbligazioni delle amministrazioni regionali e locali ha accresciuto ulteriormente la flessibilità del programma, favorendo in tal modo l’ordinata prosecuzione degli acquisti. Gli acquisti di questa tipologia di titoli nel quadro del PSPP sono cominciati all’inizio del 2016, in seguito alla modifica dei pertinenti atti giuridici.

Acquisti di obbligazioni sovrane non rispondenti al criterio del rating nel quadro del PSPP

Ai fini dell’idoneità per gli acquisti nell’ambito del PSPP, i titoli devono avere una valutazione di qualità creditizia corrispondente almeno a un grado di qualità di livello 3 nella scala di rating armonizzata dell’Eurosistema, come dispone la Decisione BCE/2015/10. In linea con queste regole, gli acquisti di titoli emessi da amministrazioni centrali di paesi dell’area dell’euro soggetti a un programma di assistenza finanziaria possono essere effettuati solo se in relazione a essi l’applicazione della soglia di qualità creditizia dell’Eurosistema sia stata sospesa dal Consiglio direttivo. Nel 2015 questa disposizione si è applicata ai soli titoli di Stato di Cipro, che sono stati acquistati nell’arco di due periodi: il primo dal 3 al 17 luglio e il secondo dal 6 ottobre al 4 novembre. Gli acquisti di questi titoli hanno fatto seguito all’esito positivo del sesto e del settimo riesame del programma di assistenza finanziaria di UE/FMI a favore di Cipro. Le date di sospensione hanno segnato l’avvio di nuovi riesami del programma.

Nell’ambito del PSPP non sono stati acquistati titoli di Stato della Grecia nel 2015, poiché non rispondenti ai requisiti per la sospensione della soglia di qualità creditizia dell’Eurosistema.

Aste al ribasso nel quadro del PSPP

Nel mese di ottobre Banque de France, De Nederlandsche Bank e Lietuvos bankas hanno dato inizio a una fase pilota di aste al ribasso per acquisire esperienza nell’utilizzo di questa procedura ai fini dell’acquisto di titoli di Stato, titoli di agenzie governative e titoli di enti sovranazionali nell’ambito del PSPP. Il periodo di prova è proseguito anche nel mese di dicembre e ha portato alla conclusione che le aste al ribasso possono costituire un valido metodo complementare di acquisto nei segmenti di mercato meno liquidi. Il Consiglio direttivo, pertanto, ha approvato l’uso regolare di aste al ribasso da parte di alcune BCN ai fini del PSPP per integrare l’approccio di acquisto bilaterale in particolari segmenti di mercato[25].

Modifiche alla procedura di acquisto nel quadro dell’ABSPP

In settembre la BCE ha annunciato un aumento della quota degli acquisti effettuati da banche centrali nazionali rispetto a quelli effettuati da gestori patrimoniali esterni nell’ambito dell’ABSPP. A partire dal 27 ottobre 2015 la Banque de France (operante in un numero maggiore di giurisdizioni) e la Nationale Bank van België/Banque Nationale de Belgique hanno entrambe assunto il ruolo di gestori patrimoniali dell’Eurosistema per le operazioni di acquisto. Inoltre, la BCE ha deciso di estendere il contratto di due dei suoi gestori patrimoniali esterni (Amundi e NN Investment Partners)[26].

Principi guida dell’ABSPP

Nelle prime fasi di attuazione dell’ABSPP, gli operatori di mercato hanno espresso l’esigenza di comprendere meglio le preferenze dell’Eurosistema in riferimento agli ABS che intendeva acquistare. All’inizio di luglio la BCE ha dato seguito a questi richiami pubblicando i principi guida in base ai quali l’Eurosistema definisce le proprie preferenze fra gli ABS, volti a illustrare con maggiore trasparenza le preferenze dell’Eurosistema in merito alle caratteristiche degli ABS. Gli operatori, in generale, hanno accolto con favore questa pubblicazione, consultabile nel sito Internet della BCE.

Attuazione delle OMRLT

L’aggiudicazione delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) è proseguita con quattro operazioni condotte nel 2015. Queste operazioni sono volte ad aumentare i prestiti bancari verso il settore privato non finanziario dell’area dell’euro. In giugno 2014 sono state annunciate otto OMRLT, con aggiudicazione su base trimestrale e ultima aggiudicazione in giugno 2016. Le due operazioni iniziali in settembre e dicembre 2014 hanno aggiudicato un importo complessivo di 212,4 miliardi di euro. Per le sei operazioni rimanenti, nel periodo tra marzo 2015 e giugno 2016, le controparti potranno richiedere importi aggiuntivi, determinati in base all’evoluzione della rispettiva attività di prestito idoneo che supera benchmark specifici a livello di banca[27]: quanto più credito una banca avrà erogato al di sopra del benchmark, tanto maggiore sarà l’ammontare che potrà richiedere (nello specifico, fino a tre volte la differenza, se positiva). Il tasso di interesse su queste sei OMRLT sarà quello applicato alle ORP dell’Eurosistema in essere al momento dell’erogazione del finanziamento e rimarrà quindi invariato per tutta la durata dell’OMRLT. Tutte le OMRLT scadranno a settembre 2018. Sono previsti rimborsi anticipati volontari e obbligatori a partire da settembre 2016.

Nel corso delle quattro operazioni del 2015 sono stati aggiudicati 205,4 miliardi di euro (97,8 miliardi in marzo, 73,8 in giugno, 15,5 in settembre e 18,3 in dicembre). Tali operazioni hanno contribuito alla crescita del bilancio dell’Eurosistema (cfr. grafico 24). Vi hanno preso parte un totale di 239 controparti diverse. Le banche che non soddisfano i criteri sul portafoglio prestiti hanno potuto aggregarsi, a certe condizioni, a banche detentrici di prestiti idonei formando così gruppi ORMLT; di conseguenza le operazioni hanno coinvolto di fatto 845 enti creditizi. In questo modo, le operazioni hanno continuato a raggiungere un’ampia serie di controparti nell’area dell’euro. Le banche partecipanti, trasmettendo il minor costo di finanziamento alle condizioni da esse praticate, hanno potuto migliorare la propria posizione competitiva nel mercato dei prestiti e contribuire all’allentamento delle condizioni di erogazione del credito.

Grafico 24

Bilancio dell’Eurosistema

(in miliardi di euro)

Fonte: Eurosistema.

Durante il 2015 la partecipazione alle OMRLT è diminuita, essendo queste operazioni divenute meno appetibili per varie ragioni. In primo luogo, il calo dei tassi di mercato, riconducibile all’accresciuta liquidità in eccesso e alle attese per un ulteriore allentamento monetario da parte della BCE, ha ridotto l’incentivo legato al prezzo per le banche; inoltre, dato che tutte le OMRLT giungono a scadenza nello stesso giorno del 2018, ogni nuova OMRLT ha una scadenza più breve rispetto alla precedente. In secondo luogo, le banche per cui il prezzo avrebbe potuto essere ancora appetibile avevano già mutuato notevoli importi con le OMRLT e desideravano prima farne uso. In terzo luogo, il settore bancario non ha sperimentato le serie difficoltà di reperimento fondi che avevano reso appetibili le precedenti OMRLT.

La partecipazione alle diverse OMRLT non è stata sempre prevista con largo anticipo dagli operatori di mercato, ciò che ha condotto a qualche aggiustamento dei tassi a termine. Per quanto concerne l’operazione di marzo 2015, un sondaggio di Reuters aveva previsto fondi per 40 miliardi di euro, mentre l’effettiva erogazione è risultata pari a 97,8 miliardi. I tassi a termine sono scesi leggermente in seguito all’annuncio dell’esito dell’aggiudicazione, suggerendo che le aspettative circa il volume delle OMRLT future e della liquidità in eccesso erano state riviste al rialzo. Secondo gli operatori, il volume maggiore di fondi rifletteva la fiducia delle banche verso la futura domanda di prestiti e avrebbe sostenuto il credito all’economia reale. La situazione opposta si è verificata in settembre, quando il volume dell’operazione, pari a 15,5 miliardi di euro, si è rivelato di gran lunga inferiore alle aspettative. Il mercato ha reagito con una certa debolezza, dato che le aggiudicazioni delle OMRLT avevano cominciato ad assumere un peso minore in un momento caratterizzato da una liquidità in eccesso già elevata (all’incirca 470 miliardi di euro) e da tassi di interesse già contenuti. La tendenza al ribasso dei tassi di mercato osservata nell’arco del 2015 ha rappresentato una determinante di rilievo nel calo dei fondi mutuati, poiché riduceva l’attrattiva delle OMRLT rispetto al finanziamento con ricorso al mercato. Nel complesso, le sorprese del mercato sembrano aver rispecchiato le difficoltà incontrate dagli operatori nel formulare una stima dei plafond disponibili per le banche e, di conseguenza, del volume delle possibili richieste di fondi.

Le OMRLT hanno sostenuto il livello di liquidità in eccesso e la scadenza media delle operazioni dell’Eurosistema, esercitando in tal modo un’ulteriore pressione al ribasso sui tassi del mercato monetario. Sebbene alcune banche abbiano fatto ricorso alle OMRLT in sostituzione della propria partecipazione alle ORP, alle ORLT a tre mesi e alle ORLT a tre anni, l’importo aggiudicato nelle operazioni mirate è stato nettamente superiore a quello rimborsato nell’ambito delle altre operazioni cosicché il livello di liquidità in eccesso è stato sospinto ad ogni nuova aggiudicazione OMRLT (cfr. riquadro 7).

Riquadro 7 Partecipazione alle operazioni di rifinanziamento

L’Eurosistema ha continuato a fornire liquidità attraverso la procedura d’asta con piena aggiudicazione degli importi nelle operazioni regolari di rifinanziamento, ossia le operazioni di rifinanziamento principali (ORP) e le operazioni di rifinanziamento a più lungo termine (ORLT) a tre mesi. Di conseguenza, come negli anni passati sin dal 2008, il volume delle operazioni di rifinanziamento in essere è stato determinato dalla domanda di liquidità dell’Eurosistema da parte delle controparti.

Grafico A

Liquidità in eccesso e partecipazione alle operazioni regolari di rifinanziamento e alle OMRLT

(in miliardi di euro)

Fonte: Eurosistema.
Nota: le linee nere verticali indicano il regolamento di ciascuna OMRLT.

A partire dalla metà del 2014 la partecipazione alle operazioni di rifinanziamento dell’Eurosistema si è aggirata sui 500 miliardi di euro, ma la composizione si è progressivamente spostata verso la partecipazione alle OMRLT (cfr. grafico A). Nell’arco del periodo in rassegna, l’importo complessivo delle operazioni in essere ha raggiunto un livello massimo pari a 629 miliardi di euro all’inizio del 2015 e un livello minimo di 465 miliardi di euro in marzo 2015. Entro la fine di febbraio 2015 le ORLT a tre anni erano giunte a scadenza ma le banche con un plafond di finanziamento nell’ambito della rispettiva OMRLT avevano già cominciato a sostituire i fondi delle ORLT a tre anni con i fondi della OMRLT in settembre 2014. Questa sostituzione non ha coinvolto necessariamente gli stessi enti creditizi ma, a livello aggregato, ha mantenuto l’ammontare delle operazioni in essere attorno alla soglia dei 500 miliardi di euro. Quando le ORLT a tre anni sono giunte a scadenza, le banche hanno dapprima rafforzato il loro ricorso alle ORP e alle ORLT a tre mesi fino a un valore prossimo a 276 miliardi di euro, poi lo hanno ridotto gradualmente nel tempo, con un importo pari a 126 miliardi di euro in dicembre 2015.

Il regolamento trimestrale delle nuove OMRLT ha aumentato ogni volta la liquidità in eccesso su base netta ma l’effetto è stato temporaneo per via della tendenza al ribasso nelle operazioni regolari. Infatti, il ricorso alle OMRLT ha in parte sostituito il ricorso alle operazioni regolari e alle ORLT a tre anni in scadenza, con il risultato che l’eccesso di liquidità e le consistenze totali in essere del rifinanziamento sono stati temporaneamente sospinti al momento del regolamento di ciascuna OMRLT (cfr. grafico A). L’aumento della liquidità in eccesso dovuto al programma di acquisto di attività e il migliore accesso al mercato per alcune banche spiegano il minore interesse verso le operazioni regolari durante l’anno.

Il volume complessivo delle attività costituite in garanzia nelle operazioni di politica monetaria dell’Eurosistema ha continuato a scendere nel 2015, di riflesso al minor fabbisogno di liquidità delle controparti dell’Eurosistema. La riduzione più pronunciata ha riguardato le obbligazioni bancarie non garantite ma il calo è stato consistente anche per i titoli delle amministrazioni centrali e regionali e per altre attività negoziabili. Per contro, il ricorso a obbligazioni societarie, cartolarizzazioni e crediti si è mantenuto stabile.

Riquadro 8 Erogazione di liquidità al sistema bancario greco in un periodo di accresciute tensioni

Parallelamente alla normalizzazione delle condizioni di finanziamento della Grecia, il sistema bancario greco ha assistito a un miglioramento delle condizioni di credito e del clima di fiducia nel corso di gran parte del 2014, con una conseguente riduzione notevole del ricorso ai fondi della banca centrale, compreso il pieno rimborso della liquidità di emergenza (Emergency liquidity assistance, ELA)[28]. Tuttavia, l’incertezza politica ha provocato un netto aumento dei ritiri dei depositi e delle tensioni sui mercati finanziari nella prima metà del 2015. Di conseguenza, è ripreso il ricorso all’ELA ed è cresciuto anche il ricorso ai fondi della banca centrale. Le tensioni sui mercati si sono attenuate e i depositi si sono stabilizzati nell’arco dell’estate del 2015, in seguito all’accordo tra la Grecia e gli altri paesi dell’area dell’euro su un terzo programma di aggiustamento macroeconomico. Le tensioni finanziarie che hanno interessato la Grecia durante il 2015 si sono articolate a grandi linee in tre fasi.

Prima fase: ricorso graduale alle operazioni dell’Eurosistema (da dicembre 2014 a gennaio 2015)

Con l’intensificarsi dei timori del mercato circa il futuro del programma di aggiustamento macroeconomico e gli sviluppi sul piano politico in Grecia, il sistema bancario nazionale ha sostanzialmente perso la possibilità di ricorrere al finanziamento basato sul mercato. La perdita di questa fonte di provvista si è per lo più materializzata attraverso deflussi da depositi al dettaglio e all’ingrosso e il mancato rinnovo di linee di finanziamento interbancario con le controparti internazionali. Le banche, che hanno mantenuto sufficienti attività stanziabili in garanzia nelle operazioni dell’Eurosistema, sono riuscite a compensare la perdita di fondi con il ricorso graduale alle operazioni di credito dell’Eurosistema (soprattutto operazioni di rifinanziamento principali).

Seconda fase: ricorso all’ELA e relative decisioni (da febbraio a giugno 2015)

A fine gennaio e agli inizi di febbraio 2015 si sono acuiti rapidamente i timori riguardo alla conclusione del riesame allora in corso nell’ambito del secondo programma di aggiustamento macroeconomico della Grecia. In dicembre 2014 era stata concessa una proroga di due mesi, ma con l’avvicinarsi della scadenza non era più verosimile credere a un esito positivo del riesame. Di conseguenza, il Consiglio direttivo ha deciso il 4 febbraio 2015 di revocare la sospensione della soglia minima di qualità creditizia per gli strumenti negoziabili emessi o garantiti dalla Repubblica ellenica, con effetto dall’11 febbraio 2015. Questo ha comportato la non idoneità di tali strumenti a garanzia delle operazioni di finanziamento dell’Eurosistema; pertanto, una quota ingente di liquidità fornita in quel periodo tramite le operazioni dell’Eurosistema è stata sostituita con la liquidità fornita dalla Bank of Greece sotto forma di ELA.

Il 24 febbraio 2015 l’Eurogruppo ha deciso di estendere la durata dell’accordo quadro sullo strumento di assistenza finanziaria dell’EFSF sino alla fine di giugno 2015, con l’intento di dare esito positivo al riesame. I negoziati tra le autorità greche e le istituzioni sono proseguiti, tuttavia le prospettive finanziarie e il contesto macroeconomico della Grecia si sono costantemente deteriorati, creando ulteriori tensioni nel sistema bancario, soprattutto in forma di maggiori deflussi dai depositi, e aumentando in tal modo il ricorso all’ELA.

Alla fine di giugno 2015 le tensioni si sono intensificate a causa di numerosi eventi, tra cui la decisione delle autorità greche di indire un referendum e il non prolungamento del secondo programma di aggiustamento macroeconomico per il paese. Questi eventi hanno avuto ripercussioni negative sull’adeguatezza e sulla disponibilità delle attività costituite in garanzia dalle banche greche nelle operazioni di ELA con la Bank of Greece, poiché tale garanzia era strettamente connessa alla capacità della Grecia di adempiere i propri obblighi finanziari. In questo scenario, il Consiglio direttivo ha deciso il 28 giugno 2015 di mantenere invariato rispetto al 26 giugno 2015 il livello massimo stabilito per l’erogazione di liquidità di emergenza alle banche greche, come indicato nel comunicato stampa pubblicato dalla BCE il 28 giugno 2015.

Terza fase: stabilizzazione e miglioramento delle condizioni di liquidità (da luglio a dicembre 2015)

Per fronteggiare i diffusi deflussi di liquidità, le autorità greche il 28 giugno 2015 hanno disposto la chiusura delle banche allo scopo di stabilizzare la situazione di liquidità nel sistema bancario.

La situazione finanziaria in Grecia è peggiorata ulteriormente nei giorni successivi, tanto da indurre il Consiglio direttivo a disporre il 6 luglio 2015 un aggiustamento degli scarti applicabili alle attività negoziabili connesse al settore pubblico greco accettate come garanzia dalla Bank of Greece ai fini dell’ELA e a confermare il mantenimento dell’erogazione di liquidità di emergenza alle banche greche al livello massimo in essere dal 26 giugno 2015, come riportato nel comunicato stampa pubblicato dalla BCE il 6 luglio 2015.

Il Vertice euro del 12 luglio 2015 ha concordato un terzo programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia, articolato su un periodo di tre anni e finanziato dal Meccanismo europeo di stabilità (MES). Alla luce della dinamica positiva della situazione finanziaria greca nei giorni precedenti, il 16 luglio 2015 è stato incrementato il livello massimo di erogazione di liquidità di emergenza alle banche greche.

In seguito al miglioramento delle prospettive finanziarie del governo greco riconducibile al nuovo programma MES e alla sua attuazione da parte delle autorità greche, hanno cominciato a migliorare anche le condizioni di liquidità del sistema bancario del paese. Le banche hanno riaperto il 20 luglio 2015, ma sono rimaste in vigore le restrizioni sui prelievi di contante e sui trasferimenti di capitale; nondimeno, le autorità greche hanno poco dopo iniziato gradualmente ad allentare i vincoli sulle banche. Parallelamente al ripristino della fiducia dei mercati nel sistema bancario greco, si sono in parte riscontrati flussi di deposito in entrata ed è stato parzialmente ristabilito l’accesso al mercato per le banche greche. Le condizioni di liquidità delle banche greche si sono rafforzate in maniera consistente dopo l’esito positivo dell’esercizio di ricapitalizzazione nell’ultimo trimestre del 2015.

Il settore finanziario europeo: contenimento delle tensioni e progressi verso l’unione bancaria

In seguito all’istituzione il 4 novembre 2014 del Meccanismo di vigilanza unico (MVU), primo pilastro dell’unione bancaria, il 2015 è stato il primo anno intero in cui la BCE ha svolto le funzioni macro e microprudenziali assegnatele. Tali funzioni hanno beneficiato dell’attività di valutazione dei rischi emergenti e della capacità del sistema finanziario di resistere agli shock e assorbirli, svolta periodicamente dalla BCE.

La BCE ha altresì contribuito all’istituzione del secondo pilastro dell’unione bancaria, ossia il Meccanismo di risoluzione unico, e incoraggia fortemente la realizzazione del terzo pilastro, un sistema europeo di assicurazione dei depositi. Ha inoltre partecipato ad altre importanti iniziative di regolamentazione volte a: 1) indebolire il nesso fra banche ed emittenti sovrani, 2) ridurre l’assunzione di rischio e incrementare la capacità di tenuta agli shock, 3) porre fine al problema degli istituti “troppo grandi per fallire”.

Questa sezione descrive i principali sviluppi negli ambiti summenzionati, con particolare attenzione a come l’attività della BCE e i cambiamenti istituzionali e regolamentari abbiano contribuito a rendere l’unione bancaria in Europa una realtà.

I rischi e le vulnerabilità presenti nel sistema finanziario dell’area dell’euro

La BCE segue attentamente l’evoluzione dei sistemi finanziari dell’area dell’euro e dell’UE al fine di individuare la presenza di eventuali vulnerabilità e verificare la capacità di tenuta degli intermediari finanziari. Nello svolgimento di questo compito, essa è affiancata dalle altre banche centrali dell’Eurosistema e del Sistema europeo di banche centrali. L’insorgere di potenziali rischi sistemici nel sistema finanziario è affrontato mediante politiche macroprudenziali.

I risultati dell’analisi della stabilità finanziaria condotta dalla BCE sono periodicamente presentati nell’ambito della pubblicazione semestrale Financial Stability Review (FSR)[29]. La BCE fornisce altresì assistenza analitica al Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) nell’analisi della stabilità finanziaria.

Tensioni contenute nel sistema finanziario nel 2015, ma rischi persistenti

Il livello complessivamente contenuto delle tensioni nel sistema finanziario dell’area dell’euro durante il 2015 ha rispecchiato il miglioramento delle prospettive dell’economia reale, favorito dall’azione svolta dalla BCE per attenuare i timori di deflazione che minacciavano di pregiudicare sia la stabilità dei prezzi sia la stabilità finanziaria. Ciò nondimeno, i mercati finanziari internazionali hanno attraversato fasi intermittenti di tensione che hanno coinvolto i mercati dei cambi, quelli delle materie prime, nonché i mercati obbligazionari e azionari, a riprova della permanenza di vulnerabilità. Soprattutto agli inizi dell’estate sono riaffiorati maggiori rischi politici in relazione ai negoziati su un nuovo programma di assistenza finanziaria alla Grecia. I mercati delle attività finanziarie hanno attraversato periodi di elevata volatilità. I rendimenti delle obbligazioni sovrane nell’area dell’euro, in particolare, sono bruscamente aumentati a cavallo fra aprile e maggio, mentre i mercati azionari internazionali sono stati investiti verso la fine di agosto dagli effetti della correzione dei corsi azionari cinesi. L’impatto di questi sviluppi sul sistema finanziario dell’area dell’euro è stato piuttosto modesto: gli indicatori standard delle tensioni bancarie, fiscali e finanziarie sono rimasti su valori moderati (cfr. grafico 25).

Grafico 25

Indice delle tensioni finanziarie, indicatore composito delle tensioni per il debito sovrano e probabilità di default di due o più gruppi bancari

(gennaio 2011 - febbraio 2016)

Fonti: Bloomberg ed elaborazioni della BCE.
Note: “probabilità di default di due o più LCBG” si riferisce alla probabilità di default simultanei all’interno di un campione di 15 gruppi bancari grandi e complessi (large and complex banking group, LCBG) su un orizzonte di un anno. L’indice delle tensioni finanziarie misura le tensioni nei mercati finanziari a livello di singoli paesi facendo riferimento a tre segmenti del mercato (azionario, obbligazionario e valutario) e alla loro correlazione. Per maggiori dettagli, cfr. Duprey, T., Klaus, B. e Peltonen, T., “Dating systemic financial stress episodes in the EU countries”, Working Paper Series, n. 1873, BCE, dicembre 2015.

In questo contesto, durante il 2015 sono stati individuati quattro rischi principali per la stabilità finanziaria dell’area dell’euro (cfr. tavola 3). Nell’arco degli ultimi anni le valutazioni di varie classi di attività sono state spinte verso l’alto e ciò rappresenta un’importante fonte di vulnerabilità nella misura in cui valutazioni in aumento potrebbe tradursi in brusche correzioni dei premi al rischio. In parte per effetto delle maggiori vulnerabilità provenienti dai mercati emergenti, nell’ultima parte dell’anno è cresciuto il rischio di un brusco incremento dei premi al rischio internazionali. Sebbene nel 2015 non ci siano stati segnali di un diffuso livello eccessivo delle valutazioni nell’area dell’euro, le quotazioni di alcune attività finanziarie sono parse discostarsi dai fondamentali economici. Le stime della fase del ciclo finanziario dell’area restano contenute (cfr. grafico 26). Tali stime, che tengono conto degli andamenti del credito al settore privato, nonché di quelli dei principali segmenti dei mercati delle attività, non sembrano corroborare per l’area dell’euro l’ipotesi di un boom dei prezzi delle attività alimentato dal credito. Le stime del ciclo finanziario degli Stati Uniti risultavano invece più elevate nel 2015, in parte per effetto del livello leggermente più alto delle valutazioni azionarie e della maggiore domanda di credito.

Grafico 26

Cicli finanziari nell’area dell’euro e negli Stati Uniti

(2° trim. 1975 - 3° trim. 2015; scala normalizzata; la serie per l’area dell’euro inizia nel 2° trimestre 1988; asse delle ordinate: deviazione normalizzata dalla mediana storica)

Fonti: Bloomberg ed elaborazioni della BCE.
Note: il ciclo finanziario è dato da una combinazione lineare filtrata variabile nel tempo che mette in evidenza gli andamenti simili negli indicatori sottostanti (credito totale, prezzi degli immobili residenziali, corsi azionari e rendimenti obbligazionari di riferimento), cfr. Schüler, Y., Hiebert, P. e Peltonen, T., “Characterising the financial cycle: a multivariate and time-varying approach”, Working Paper Series, n. 1846, BCE, 2015. Per gli Stati Uniti, l’ultima osservazione disponibile si riferisce al 1° trimestre 2015.

Tavola 3

Rischi principali per la stabilità finanziaria nell’area dell’euro evidenziati dalla FSR di novembre 2015

1) Il colore indica il livello cumulato di rischio, ottenuto combinando la probabilità che il rischio specificato si materializzi e la stima del suo impatto potenziale nell’arco dei 24 mesi successivi, in base alle valutazioni degli esperti della BCE. Le frecce indicano se il rischio sia variato rispetto alla precedente edizione della FSR.

Le difficoltà interne all’area dell’euro nel 2015 sono state per molti aspetti conseguenza delle crisi bancarie e del debito sovrano. Il sistema bancario dell’area ha continuato a dover fare i conti con una bassa redditività, nel contesto di una debole ripresa economica; per molte banche il rendimento del capitale (ROE) ha continuato a essere inferiore al corrispondente costo del capitale. Ciò, insieme a un’elevata consistenza di crediti deteriorati in vari paesi, ha vincolato l’offerta di prestiti delle banche e la loro capacità di accrescere le riserve patrimoniali.

I rischi per la stabilità finanziaria hanno sempre più riguardato entità diverse da quelle tradizionali come le banche e le compagnie di assicurazione. Il sistema bancario ombra ha continuato a espandersi notevolmente sia a livello mondiale sia nell’area dell’euro (cfr. riquadro). Considerando la rapida crescita e le interconnessioni che caratterizzano questo settore, e in particolare il comparto dei fondi di investimento, è probabile che si sviluppino vulnerabilità nascoste. I fondi di investimento dell’area non hanno solo continuato a crescere, ma hanno anche dato segnali di una maggiore assunzione di rischi in bilancio.

Il Report on financial structures[30] passa in rassegna le principali caratteristiche strutturali e gli andamenti nel settore finanziario, inteso in senso ampio, dell’area dell’euro. Nel 2015 questa pubblicazione è stata estesa dal solo settore bancario ad altri intermediari finanziari, in particolare alle compagnie di assicurazione e ai fondi pensione, nonché ai soggetti del sistema bancario ombra.

I timori per la stabilità finanziaria nel 2015 non hanno riguardato soltanto il settore finanziario. Sebbene rispetto al culmine della crisi del debito sovrano dell’area dell’euro, siano stati compiuti progressi indispensabili per quanto concerne il risanamento dei conti pubblici e l’assetto istituzionale, gli Stati dell’area, specie quelli altamente indebitati e quindi più vulnerabili agli shock economici e finanziari, hanno continuato a dover fronteggiare problemi di sostenibilità del debito. Le preoccupazioni per l’elevato indebitamento riguardano anche il settore privato. Nell’area dell’euro il debito delle imprese resta particolarmente alto in confronto alle altre economie avanzate.

Riquadro 9 Il sistema bancario ombra nell’area dell’euro

Il sistema bancario ombra svolge un ruolo sempre più rilevante nell’offerta di fondi all’economia dell’area dell’euro, ma al tempo stesso può rappresentare un’importante fonte di rischi per la stabilità del sistema finanziario dell’area. Per questo motivo, esso richiede un attento monitoraggio.

Grafico A

Attività dei fondi del mercato monetario, dei fondi di investimento, delle società veicolo finanziarie e degli altri istituti finanziari non monetari dell’area dell’euro

(1° trim. 1999 - 3° trim. 2015, migliaia di miliardi di euro)

Fonti: conti della BCE per l’area dell’euro, statistiche sulle società veicolo finanziarie, statistiche sui fondi di investimento e statistiche sulle IFM.
Nota: FMM indica i fondi del mercato monetario e SVF le società veicolo finanziarie.

Il sistema bancario ombra può essere definito in vari modi[31], ma in generale il termine è utilizzato per indicare una serie di entità che, pur non essendo banche, forniscono credito, emettono attività assimilabili a moneta o si finanziano con passività a breve termine e investono contestualmente in attività creditizie a lungo termine. Fra queste entità figurano in particolare le società veicolo finanziarie, i fondi del mercato monetario e gli altri fondi di investimento. Il sistema bancario ombra si sta espandendo nel mondo intero, come rileva il Global Shadow Banking Monitoring Report[32] del Financial Stability Board, ma l’area dell’euro è una delle regioni in cui la sua espansione risulta più rapida. Le attività totali del sistema bancario ombra dell’area dell’euro, considerato in un’accezione ampia comprendente tutti gli istituti finanziari non bancari ad eccezione di compagnie di assicurazione e fondi pensione, sono più che raddoppiate nell’arco dell’ultimo decennio. Sul totale di circa 67.000 miliardi di euro di attività del sistema finanziario dell’area, oltre 26.000 miliardi sono oggi detenuti dal sistema bancario ombra in senso lato.

Il settore dei fondi di investimento, in particolare, ha registrato una rapida crescita a partire dalla crisi finanziaria globale, sulla scia dell’intensa ricerca di rendimento da parte degli investitori internazionali (cfr. grafico A). Con la sua espansione, il settore ha affiancato il sistema bancario tradizionale, svolgendo un’importante funzione di cuscinetto per l’economia allorché, negli ultimi anni, il credito bancario si è contratto. Parallelamente, è aumentato il potenziale di impatto sul sistema finanziario più in generale e sull’economia reale del sistema bancario ombra, considerato il suo peso crescente nei mercati dei capitali e i legami sempre più stretti sia al suo interno, sia fra di esso e le altre parti del settore finanziario, comprese le banche.

L’aumento delle esposizioni, insieme alle indicazioni di una maggiore attività di trasformazione della liquidità e delle scadenze[33] e di un’accresciuta assunzione di rischio, sottolinea la necessità di monitorare attentamente il settore dei fondi di investimento. Vi è il timore che, qualora gli investitori dovessero ritirare ingenti importi in caso di tensioni nei mercati finanziari, alcuni tipi di fondi di investimento possano amplificare le pressioni in vendita a livello di intero mercato e/o innescare episodi di disimpegno generalizzato. Quanto più i fondi sono attivi nella trasformazione della liquidità, tanto più è probabile che si trovino a dover far fronte a pressioni in vendita durante le fasi di gravi ribassi del mercato. A parità di deflussi, livelli elevati di leva finanziaria[34] possono intensificare le spirali di liquidità costringendo i gestori a cedere una quota più importante del loro portafoglio di investimenti.

Grafico B

Leva finanziaria del bilancio aggregato, trasformazione della liquidità e attività totali per tipologia di fondo

(3° trim. 2015)

Fonte: BCE ed elaborazioni della BCE.
Note: asse delle ascisse: leva finanziaria (attività totali/quote e partecipazioni emesse); asse delle ordinate: squilibri di liquidità (quote e partecipazioni emesse/attività liquide); dimensioni dei cerchi: attività totali in migliaia di miliardi di euro.

Il quadro aggregato delle vulnerabilità (cfr. grafico B) potrebbe non rendere conto di debolezze presso singoli istituti di grandi dimensioni e rilevanza sistemica. La concentrazione delle attività in capo a un numero limitato di istituti aventi particolare peso potrebbe influire sugli andamenti di mercato sia in situazioni di stress sia in condizioni normali. Vi sono evidenze di un’accresciuta assunzione di rischio[35] da parte dei fondi di investimento, che avrebbero modificato la composizione dei propri portafogli incrementando la quota di titoli di debito con rating inferiori, rendimenti più elevati e maggiore rischio di duration.

La copertura statistica del sistema bancario ombra è migliorata negli ultimi anni, permettendo di conoscere in parte la composizione del settore e le determinanti della sua crescita, ma occorrono maggiori dati e una migliore informativa al fine di tenere sotto osservazione e gestire questa fonte crescente di rischi potenziali. La scarsità di informazioni sulle misure della liquidità in condizioni di tensione e della leva finanziaria aggregata al di fuori del settore bancario tradizionale continua a rappresentare un ostacolo alla piena comprensione della natura e dell’entità dei rischi per la stabilità finanziaria. Per il 50 per cento circa delle attività totali del settore non esiste alcuna scomposizione statistica. In parte, esse potrebbero essere riconducibili a entità non appartenenti al sistema bancario ombra, ma potrebbero parimenti appartenere ad altre entità che svolgono operazioni rischiose. Le limitazioni statistiche, pertanto, continuano a condizionare l’attività di monitoraggio dei rischi e delle vulnerabilità da parte della BCE.

Alcuni fattori, come un’adeguata gestione dei rischi e la presenza di riserve di liquidità sufficienti, attenuano il rischio che gli intermediari del sistema bancario ombra fungano da amplificatori potenziali in caso di shock avversi. Il settore dei fondi di investimento è sottoposto a regolamentazione prudenziale, ma gran parte delle norme vigenti manca di una prospettiva sistemica e potrebbe non essere atta a prevenire la formazione di rischi a livello di settore o a gestire i rischi per la stabilità finanziaria in caso di eventi sistemici.

La funzione macroprudenziale della BCE

La BCE ha assunto il 4 novembre 2014 le competenze macroprudenziali conferitele dal regolamento sull’MVU per affrontare l’insorgenza di potenziali rischi sistemici nel sistema finanziario. Il 2015 è stato pertanto il primo anno completo in cui la BCE ha svolto i nuovi compiti a essa assegnati in questo ambito. La BCE dispone di due mandati nel campo della politica macroprudenziale nei paesi partecipanti all’MVU[36].

In primo luogo, la BCE può decidere di imporre requisiti più elevati in materia di riserve di capitale rispetto a quelli applicati dalle autorità nazionali, nonché mettere in atto misure più stringenti per far fronte ai rischi sistemici o macroprudenziali, nel rispetto delle procedure previste dalla legislazione europea applicabile. Ad esempio, la BCE può richiedere alle banche di rispettare requisiti più elevati relativamente a: riserve di capitale anticicliche, riserve per il rischio sistemico (ove vigenti in base alla legislazione nazionale), requisiti patrimoniali aggiuntivi per gli istituti di rilevanza sistemica, ponderazioni di rischio per le esposizioni nei confronti del settore immobiliare o verso altre società finanziarie, limiti alle grandi esposizioni e obblighi di informativa addizionali.

In secondo luogo, le autorità nazionali sono tenute a informare la BCE della loro intenzione di attuare o modificare provvedimenti macroprudenziali. La BCE valuta quindi le misure previste e può decidere di imporre requisiti più stringenti (ossia “rafforzare” tali misure). Le autorità nazionali tengono conto delle osservazioni della BCE prima di assumere decisioni al riguardo.

Dal momento che i provvedimenti macroprudenziali messi in atto nei singoli Stati membri possono avere ripercussioni su altri paesi o settori, la BCE tiene sotto osservazione gli accordi di reciprocità. Questi accordi devono essere applicati in maniera trasparente al fine di contenere effetti negativi indesiderati di contagio fra paesi o settori, preferibilmente attenendosi alla Raccomandazione 2015/2 del CERS sulla valutazione degli effetti transfrontalieri e sulla reciprocità volontaria per quanto riguarda le misure di politica macroprudenziale (cfr. infra)[37]. A questo scopo la BCE promuove inoltre un impiego coerente degli strumenti macroprudenziali nei paesi dell’MVU attraverso la costante attività del Comitato per la stabilità finanziaria e il dibattito in seno agli organi decisionali della BCE stessa.

Decisioni di politica macroprudenziale nel 2015

Le decisioni in ambito macroprudenziale spettano al Consiglio direttivo della BCE. Quest’ultima ha istituito il Forum macroprudenziale, composto dal Consiglio direttivo e dal Consiglio di vigilanza della BCE. Nel 2015 il Forum macroprudenziale si è riunito trimestralmente per discutere dei rischi per l’area dell’MVU e per i singoli paesi che ne fanno parte, nonché di altri argomenti di interesse in una prospettiva macroprudenziale. I lavori preparatori per le decisioni macroprudenziali del Consiglio direttivo sono svolti con la partecipazione del Comitato per la stabilità finanziaria, comprendente rappresentanti della BCE, delle banche centrali e delle autorità di vigilanza nazionali, nonché una struttura interna alla BCE composta dai rappresentanti delle aree macroprudenziali e di quelle microprudenziali della BCE stessa.

I rischi individuati al livello dell’area dell’euro dalla FSR della BCE forniscono il punto di partenza per l’identificazione dei rischi a fini macroprudenziali. Il dibattito macroprudenziale è tuttavia incentrato sui rischi più rilevanti per le banche, considerato che gli strumenti di politica macroprudenziale a disposizione e il mandato della BCE in ambito macroprudenziale riguardano prevalentemente il settore bancario.

Nel 2015 la valutazione del Consiglio direttivo ha concluso che non si rendeva necessario adottare misure macroprudenziali anticicliche generalizzate, data l’attuale fase del ciclo finanziario. Tale valutazione ha tenuto conto anche dei provvedimenti macroprudenziali già attuati dai paesi dell’area dell’euro per rafforzare il sistema bancario ed evitare l’insorgere di potenziali squilibri, specialmente nel settore immobiliare. La BCE ha parimenti esaminato le politiche macroprudenziali attivate o attivabili dagli Stati membri in risposta al contesto di bassi tassi di interesse.

Nel 2015 le autorità nazionali nei 19 paesi partecipanti all’MVU hanno dato notifica alla BCE di 48 misure macroprudenziali, di cui 28 riguardanti le riserve patrimoniali anticicliche, 18 altri istituti di rilevanza sistemica e 2 l’introduzione di una riserva patrimoniale per il rischio sistemico. In pressoché tutti i casi, la notifica formale è stata preceduta da contatti informali in uno spirito di collaborazione fra la BCE e le autorità nazionali.

Al ricevimento della notifica delle decisioni macrorudenziali assunte dalle autorità nazionali competenti e designate, il Consiglio direttivo della BCE ne ha intrapreso la valutazione ai sensi dell’articolo 5, paragrafo1, del Regolamento sull’MVU e deciso di non porvi obiezioni.

Cooperazione con il CERS

La BCE ha continuato a fornire assistenza analitica, statistica, logistica e amministrativa al Segretariato del CERS, incaricato dell’operatività ordinaria del CERS. Quest’ultimo ha come principale missione di contribuire alla prevenzione e all’attenuazione dei rischi sistemici per la stabilità finanziaria nell’UE relativamente al settore bancario, al settore assicurativo, agli altri istituti finanziari e ai mercati finanziari. Nell’espletamento dei suoi compiti, il CERS si avvale delle competenze delle BCN, delle autorità nazionali di vigilanza e delle autorità europee di vigilanza.

Nel 2015 la BCE e il CERS hanno avviato una collaborazione per il monitoraggio e la valutazione dei rischi per la stabilità finanziaria derivanti dal contesto di bassi tassi di interesse e per l’elaborazione delle possibili risposte di politica macroprudenziale. Attualmente è in corso un’analisi dei rischi, estesa non solo alle banche ma anche agli istituti finanziari di altro tipo, ai mercati finanziari e all’infrastruttura di mercato e riguardante questioni di rilevanza per il sistema finanziario nel suo complesso e le interazioni con l’economia più in generale.

A livello dell’Unione, il CERS ha continuato a svolgere un importante ruolo di coordinamento delle politiche macroprudenziali. Nel gennaio 2016 sono state pubblicate due raccomandazioni relative ad aspetti transfrontalieri della politica macroprudenziale: una sulla adozione di una riserva patrimoniale anticiclica per le esposizioni verso paesi esterni allo Spazio economico europeo, un’altra sulla reciprocità volontaria per le misure di politica macroprudenziale.

L’MVU – la funzione microprudenziale della BCE

Il primo anno intero della vigilanza in ambito MVU

Il 2015 è stato il primo anno intero di operatività del Meccanismo di vigilanza unico. Il 4 novembre 2014 l’MVU è divenuto il primo pilastro dell’unione bancaria pienamente operativo. Dopo la valutazione approfondita condotta nel 2014, la vigilanza della BCE sulle banche significative (123 istituti nel 2015) si è occupata di dare un seguito ai risultati della valutazione stessa, in particolare all’esame della qualità degli attivi, e di monitorre le misure patrimoniali delle banche presso le quali la valutazione approfondita aveva diagnosticato una carenza patrimoniale.

La vigilanza bancaria della BCE ha inoltre svolto un ruolo fondamentale nella gestione delle turbolenze finanziarie in Grecia. Dopo il raggiungimento di un accordo politico in luglio, la BCE ha condotto una valutazione approfondita per determinare il fabbisogno di ricapitalizzazione delle banche significative elleniche. Insieme alla Bank of Greece, la BCE ha seguito da vicino la situazione delle banche meno significative del paese. La BCE continuerà ad adoperarsi per assicurare la solidità e la tenuta del sistema bancario greco.

Una dei requisiti fondamentali per il buon esito dell’MVU era la garanzia di pari condizioni nella vigilanza sulle banche dell’area dell’euro. L’MVU ha contribuito a creare tali condizioni definendo una metodologia comune per la vigilanza sulle banche. Il 2015 è stato ad esempio il primo anno in cui tutte le banche significative all’interno dell’area sono state soggette a un unico processo di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process, SREP).

Per quanto riguarda la vigilanza sulle banche meno significative, che compete direttamente alle autorità nazionali, l’obiettivo principale della BCE è stato di assicurare un’applicazione coerente di elevati standard prudenziali in tutti i paesi dell’MVU. In questo ambito sono stati elaborati nel 2015 diversi standard comuni di vigilanza per guidare le autorità nazionali competenti nella conduzione di specifici processi, ad esempio principi comuni per il processo di pianificazione della vigilanza e per i piani di risanamento. In aggiunta, un altro importante filone di attività in corso riguarda lo sviluppo di una metodologia comune per i sistemi di valutazione dei rischi.

In questo suo nuovo ruolo, la BCE ha lavorato alla stesura di memorandum di intesa con altre autorità di regolamentazione e di vigilanza, come il Comitato di risoluzione unico, per assicurare uno scambio di informazioni e una cooperazione efficaci.

Informazioni più dettagliate sulla funzione microprudenziale della BCE sono contenute nel Rapporto annuale della BCE sulle attività di vigilanza per il 2015.

Il contributo della BCE alle attività di regolamentazione

La BCE contribuisce attivamente allo sviluppo della regolamentazione sia europea sia internazionale, tenendo conto tanto delle considerazioni di vigilanza microprudenziale quanto di quelle di stabilità finanziaria. Nel 2015 i temi principali dell’attività di regolamentazione per la BCE riguardavano politiche intese a 1) indebolire il nesso fra banche ed emittenti sovrani, 2) ridurre l’assunzione di rischio e sviluppare capacità di tenuta agli shock e 3) porre fine al problema degli istituti “troppo grandi per fallire”.

Indebolire il nesso fra banche ed emittenti sovrani

Nel 2015 la BCE ha contribuito a varie iniziative volte a indebolire il nesso fra banche ed emittenti sovrani. Tali iniziative rientravano in due ampie aree di policy: 1) l’istituzione dell’unione bancaria e 2) il dibattito sull’opportunità di rivedere il trattamento prudenziale delle esposizioni verso emittenti sovrani.

Nel 2015 sono stati compiuti progressi significativi verso la realizzazione dell’unione bancaria. Con la costituzione il 1° gennaio 2015 del Meccanismo unico di risoluzione (Single Resolution Mechanism, SRM), complemento necessario dell’MVU, sono stati istituiti con successo due pilastri dell’unione bancaria. Insieme, l’MVU e l’SRM allineano i livelli di competenza e di attività decisionale per la vigilanza e la risoluzione delle banche all’interno dell’unione bancaria. Il 24 novembre 2015 è stata pubblicata la proposta della Commissione europea per il terzo pilastro dell’unione bancaria: un sistema europeo di assicurazione dei depositi.

Il secondo pilastro dell’unione bancaria: il Meccanismo unico di risoluzione accompagnato da un Fondo di risoluzione unico

Il Comitato di risoluzione unico ha avviato nel 2015 i preparativi per diventare operativo con l’elaborazione delle procedure, la pianificazione delle attività di risoluzione e altri compiti collegati. Al 1° gennaio 2016 l’SRB aveva assunto l’insieme dei poteri di risoluzione per tutti i soggetti rientranti nel suo ambito di competenza secondo quanto stabilito dal regolamento SRM, compreso il potere di attivare il Fondo di risoluzione unico. A fine novembre 2015 un numero sufficiente di Stati membri aveva adempiuto l’obbligo di ratificare l’accordo intergovernativo[38] sul Fondo di risoluzione unico, rendendo applicabili le disposizioni principali del regolamento SRM (in particolare quelle sui poteri di risoluzione) e facendo diventare il Fondo operativo dal 1° gennaio 2016.

Affinché l’SRM sia credibile, è di primaria importanza assicurare che il Fondo di risoluzione unico sia finanziato in modo efficace e adeguato. Per un periodo transitorio di otto anni, durante il quale il Fondo di risoluzione unico sarà alimentato fino a raggiungere il livello obiettivo[39], esso sarà composto da compartimenti nazionali. Nel corso di questo periodo le passività collegate ai costi di risoluzione saranno gradualmente messe in comune finché i compartimenti confluiranno in un unico fondo pienamente condiviso. Poiché potrebbero presentarsi situazioni in cui il Fondo di risoluzione unico non dispone di mezzi sufficienti e le contribuzioni ex post necessarie a coprire gli importi addizionali non sono immediatamente accessibili, il regolamento SRM prevede specificamente la possibilità che il Comitato di risoluzione unico si avvalga di fonti di finanziamento alternative per il Fondo di risoluzione unico. A questo riguardo, gli Stati membri partecipanti e il Comitato hanno anche raggiunto un accordo nel 2015 per un sistema di linee di credito nazionali volte a fornire al Fondo, ove necessario, finanziamenti ponte durante il periodo transitorio. L’ammontare complessivo delle linee di credito è di 55 miliardi di euro, corrispondenti approssimativamente al livello obiettivo del Fondo a regime. La tappa successiva consisterà nello sviluppo di una linea di emergenza comune, con cui sostituire quelle nazionali. La linea di emergenza comune dovrebbe diventare operativa prima della fine del periodo transitorio.

Piena attuazione dei poteri di bail-in

Le perdite e il fabbisogno di ricapitalizzazione delle banche in corso di risoluzione saranno sostenuti prima di tutto dagli azionisti e dai creditori. Ciò verrà garantito in particolare dallo strumento del bail-in applicabile alle passività ammissibili, cui si riferiscono le disposizioni in materia contenute nella direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle banche (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD) e nel regolamento SRM, entrati in vigore il 1° gennaio 2016. Gli strumenti di capitale possono essere svalutati o convertiti in azioni secondo le disposizioni della BRRD e del regolamento SRM; tutte le passività rientranti nell’ambito dello strumento del bail-in possono essere aggredite, quando e se necessario, per assorbire le perdite e fornire nuovo capitale alla banca in corso di risoluzione. Per assicurare l’efficienza di questo strumento, il Comitato di risoluzione unico e le autorità nazionali di risoluzione, consultandosi con la BCE e le autorità competenti, determineranno i livelli appropriati del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL) per le banche di propria competenza. L’MREL sarà fissato a un livello adeguato, tale da permettere una risoluzione in linea con l’apposito piano elaborato per ciascuna banca. All’interno dell’unione bancaria la cooperazione fra autorità è necessaria e costituisce una priorità fondamentale.

La cooperazione fra SRM e MVU

Il quadro europeo per la gestione delle crisi istituisce il dovere di cooperazione per le autorità di vigilanza e di risoluzione. Da un lato l’MVU, in qualità di autorità competente, deve cooperare strettamente con l’SRM per la pianificazione degli interventi di risanamento, l’attuazione delle misure di intervento precoce e la valutazione delle banche in fallimento o a rischio di fallimento. Dall’altro lato, l’SRM è tenuto a cooperare con l’MVU nella pianificazione delle risoluzioni e nella valutazione delle possibilità di risoluzione di una banca, nonché nell’attuazione delle misure di risoluzione. Questa interazione ruota attorno a tre cardini principali: ruoli istituzionali complementari, cooperazione e stretto coordinamento.

Per poter conseguire una cooperazione di questo tipo, occorre che il coordinamento fra MVU e SRM sia fluido. A tal fine, la BCE ha designato la Vicepresidente del Consiglio di vigilanza Sabine Lautenschläger come osservatore permanente nelle riunioni esecutive e plenarie del Comitato di risoluzione unico. Analogamente, la BCE inviterà la Presidente del Comitato di risoluzione, Elke König, a partecipare in qualità di osservatore alle riunioni del Consiglio di vigilanza della BCE per la discussione di temi di rilevanza per il Comitato. Il 22 dicembre 2015 le due autorità hanno inoltre siglato un memorandum di intesa che disciplina la loro attività di cooperazione e di reciproco scambio di informazioni.

Il terzo pilastro dell’unione bancaria: un sistema europeo di assicurazione dei depositi

Parallelamente all’MVU e all’SRM, un sistema europeo di assicurazione dei depositi costituisce un altro importante pilastro per garantire che la fiducia dei depositanti sia ugualmente solida in tutta l’unione bancaria. È questo un requisito fondamentale per conseguire parità di condizioni. Il 24 novembre 2015 la Commissione europea ha avanzato una proposta per la creazione di un sistema di questo tipo, che andrebbe a formare il terzo pilastro dell’unione bancaria. La proposta definisce un chiaro percorso verso un sistema unico europeo di assicurazione dei depositi, che parte da un sistema di riassicurazione e procede, attraverso il progressivo aumento della quota di finanziamenti forniti a livello europeo nella fase di coassicurazione, verso un sistema in cui l’intero finanziamento dell’assicurazione dei depositi proviene da un fondo europeo di assicurazione dei depositi. La creazione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi è sostenuto dalla Commissione ed è stato altresì indicato nella Relazione dei cinque presidenti come un’importante tappa verso il rafforzamento dell’unione bancaria, dopo l’innalzamento delle competenze di vigilanza e di risoluzione bancaria a un livello superiore a quello dei singoli Stati membri partecipanti. Un sistema europeo di assicurazione dei depositi rafforzerebbe inoltre gli altri due pilastri. Il 24 novembre 2015 la Commissione ha inoltre pubblicato una Comunicazione sul completamento dell’unione bancaria che, oltre all’introduzione del sistema, contempla ulteriori misure volte a ridurre gli ostacoli che ancora si frappongono alla realizzazione di condizioni di vera parità fra i settori bancari, ad esempio la riduzione delle opzioni e delle discrezionalità nazionali nell’applicazione delle regole prudenziali o la promozione della convergenza per quanto riguarda la normativa sull’insolvenza.

Il trattamento prudenziale delle esposizioni verso emittenti sovrani

La recente crisi finanziaria ha dimostrato l’inadeguatezza della nozione implicita secondo cui il debito sovrano è privo di rischio, rendendo necessaria una revisione dell’attuale schema di regolamentazione del rischio sovrano. La modifica della regolamentazione finanziaria in questo ambito richiede una soluzione globale che garantisca alle banche condizioni di parità. Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria guida il processo di revisione del trattamento prudenziale esistente per il rischio sovrano a livello internazionale e valuterà le possibili opzioni di policy. Il Comitato di Basilea sta conducendo tale revisione in modo attento, olistico e graduale, con lo scopo di valutare anche le questioni più generali collegate al ruolo dei mercati del debito sovrano, nonché l’impatto che modifiche dello schema di regolamentazione potrebbero avere su tale ruolo e su determinati segmenti di mercato.

Occorre soppesare accuratamente i costi e i benefici di qualunque eventuale modifica dello schema di regolamentazione. La valutazione deve tenere conto dell’impatto potenziale della revisione sul funzionamento dei mercati e sulla stabilità finanziaria, nonché degli effetti collaterali che potrebbe avere su altre classi di attività, incidendo sulla capacità di intermediazione delle banche. Inoltre, andrebbero considerate debitamente la funzione di liquidità svolta dalle obbligazioni sovrane e le potenziali implicazioni per la trasmissione della politica monetaria.

Ridurre l’assunzione di rischio e sviluppare capacità di tenuta agli shock

La BCE ha concorso al completamento di varie riforme della regolamentazione nel 2015, ma rimangono aperte diverse questioni fondamentali, riguardanti principalmente l’ultimazione dello schema relativo all'indice di leva finanziaria e la revisione strategica della regolamentazione patrimoniale.

Il completamento dello schema relativo all’indice di leva finanziaria

L’eccessiva leva finanziaria è stata senza dubbio una delle cause di fondo della crisi finanziaria. Prima della crisi le maggiori banche in Europa avevano accumulato un grado significativo di leva finanziaria, con un valore mediano salito a un livello pari a circa 33 volte il capitale di qualità primaria (CET1). Per alcune banche tale rapporto era di circa 50 a uno[40]. Un indice di leva finanziaria ampio e ben calibrato, a integrazione dello schema patrimoniale basato sul rischio, rappresenta pertanto uno strumento importante per fronteggiare i rischi derivanti da una leva finanziaria eccessiva. Gli studi condotti dalla BCE mostrano che un indice di leva finanziaria in grado di integrare efficacemente i requisiti patrimoniali basati sul rischio ridurrebbe significativamente l’insorgere di potenziali situazioni di criticità presso le banche con un alto grado di leva finanziaria[41]. Alcuni aspetti dello schema relativo all’indice di leva finanziaria sono ancora oggetto di discussione in seno al Comitato di Basilea e si prevede che la revisione della relativa calibrazione sia ultimata nel corso del prossimo anno. Fino al 1° gennaio 2017 verrà monitorato un indice minimo di leva finanziaria del 3 per cento, calcolato con riferimento al patrimonio di base (Tier 1), dovranno poi essere apportati gli eventuali aggiustamenti finali con l’obiettivo di inserire l'indice tra i requisiti di primo pilastro degli standard di Basilea il 1° gennaio 2018. A livello europeo, l’Autorità bancaria europea ha cominciato a lavorare al rapporto sull’impatto e la calibrazione dell’indice di leva finanziaria. Tale rapporto fornirà una valutazione d’impatto dell’indice, tenendo conto delle potenziali implicazioni dell’introduzione di un tale requisito sui comportamenti delle banche, della sua interazione con altri requisiti prudenziali e della sua ciclicità.

La revisione strategica dello schema patrimoniale

Un obiettivo fondamentale della BCE è assicurare che i coefficienti patrimoniali delle banche siano robusti e comparabili fra giurisdizioni diverse. A questo riguardo, vari studi condotti dal Comitato di Basilea e dall’Autorità bancaria europea rilevano negli ultimi anni un’eccessiva variabilità dei coefficienti patrimoniali delle banche. Nel quadro di un’iniziativa di ampio respiro volta a dare risposta a timori in questo senso, il Comitato di Basilea ha avviato una revisione strategica dello schema patrimoniale di Basilea. L’obiettivo dei lavori in corso è quello di elaborare un approccio che limiti l’impiego dei modelli interni delle banche a una serie di portafogli adatti e applichi delle restrizioni, fra cui la definizione di soglie patrimoniali o l’esclusione dell’uso dei modelli per la stima di determinati parametri. Inoltre, richiederebbe che il patrimonio di vigilanza per tutti gli altri portafogli venga calcolato impiegando metodi alternativi definiti dal Comitato. La revisione mira inoltre a migliorare l’equilibrio fra semplicità, comparabilità e sensibilità al rischio, nonché a realizzare gli obiettivi di adeguatezza, robustezza e applicazione coerente che si è posto il Comitato.

Porre fine al problema degli istituti “troppo grandi per fallire”

Lo standard TLAC per le banche a rilevanza sistemica globale e le sue implicazioni per l’UE

Lo standard relativo alla capacità complessiva di assorbimento delle perdite (total loss-absorbing capacity, TLAC) per le banche a rilevanza sistemica globale (G-SIB), concordato in seno al Financial Stability Board nel novembre 2015, intende garantire che una G-SIB in procinto di fallire disponga di una capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione sufficiente, in modo da consentire l’attuazione di un’ordinata strategia di risoluzione. Esso costituisce pertanto una pietra miliare nel cammino verso il superamento del problema degli istituti “troppo grandi per fallire”. Trattandosi di una questione importante per la BCE, dal punto di vista sia della stabilità finanziaria sia della vigilanza, essa ha contribuito attivamente all’elaborazione dello standard TLAC.

Lo standard TLAC stabilisce un requisito minimo di capacità di assorbimento delle perdite e definisce i criteri che gli strumenti e le passività devono soddisfare per poter essere computati come TLAC, in modo da garantire che tali strumenti e passività siano prontamente utilizzabili per assorbire le perdite nell’ambito di una risoluzione. L’introduzione di un requisito TLAC minimo per tutte le G-SIB contribuirà ad assicurare condizioni di parità concorrenziale. Se necessario, le autorità potranno richiedere a singole G-SIB di dotarsi di una capacità di assorbimento delle perdite superiore a quella minima obbligatoria. Il requisito minimo TLAC è definito con riferimento a un parametro commisurato al rischio e a un parametro non commisurato al rischio. Le G-SIB saranno tenute ad avere un valore di TLAC pari ad almeno il 16 per cento delle attività ponderate per il rischio del gruppo oggetto di risoluzione dal 1° gennaio 2019 e ad almeno il 18 per cento dal 1° gennaio 2022. Inoltre esso dovrà essere come minimo pari al 6 per cento del denominatore dell’indice di leva finanziaria di Basilea 3 dal 1° gennaio 2019 e al 6,75 per cento dal 1° gennaio 2022[42].

Lo standard TLAC è simile al requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL) previsto dalla normativa europea in materia di risoluzione, ma presenta alcune importanti differenze. Specificatamente, il requisito TLAC si applica soltanto alle G-SIB, mentre l’MREL vale per tutti gli istituti di credito e le imprese di investimento e, diversamente dal TLAC, non ha una soglia minima. Si prevede che entro la fine del 2016 i due standard siano resi compatibili mediante l’applicazione della clausola di revisione prevista dalla BRRD, tenendo tuttavia conto del loro diverso ambito di applicazione.

L’unione dei mercati dei capitali

L’Eurosistema sostiene la creazione di un’unione dei mercati dei capitali per l’Europa, potenzialmente in grado di integrare l’unione bancaria e di rafforzare l’Unione economica e monetaria, migliorando la condivisione transfrontaliera dei rischi e accrescendo la capacità di tenuta del sistema finanziario[43]. Essa avrà inoltre un ruolo cruciale per favorire la crescita europea permettendo di diversificare le fonti di raccolta e aumentare l’accesso delle imprese al finanziamento. Il 30 settembre 2015 la Commissione europea ha pubblicato un piano d’azione che delinea le varie misure necessarie a costruire le principali componenti dell’unione dei mercati dei capitali entro il 2019. La BCE vede con favore il piano d’azione e sostiene gli interventi preliminari collegati, in particolare la proposta di un quadro di riferimento europeo per la cartolarizzazione, che prevede fra l’altro un trattamento prudenziale differenziato per le cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate, compresi coefficienti patrimoniali più bassi. Questa iniziativa contribuirà a dare nuova linfa ai mercati delle cartolarizzazioni.

Per poter cogliere i frutti dell’unione dei mercati dei capitali occorrerebbe puntare a un grado elevato di integrazione finanziaria. Un’integrazione completa presuppone che tutti gli operatori aventi le stesse caratteristiche salienti siano soggetti a un unico insieme di norme, abbiano pari accesso ai mercati e ricevano lo stesso trattamento una volta attivi nel mercato. Ciò richiede una visione di lungo periodo, accompagnata da un ambizioso programma di interventi ulteriori. Occorre ad esempio una maggiore armonizzazione delle legislazioni nazionali negli ambiti fallimentare, fiscale e mobiliare.

Il piano d’azione pubblicato dalla Commissione propone una serie di interventi preliminari. In particolare, oltre alla proposta di un quadro di riferimento europeo per la cartolarizzazione, la Commissione ha pubblicato un documento consultivo sullo sviluppo di un quadro paneuropeo per le obbligazioni bancarie garantite, nonché una proposta di revisione completa delle norme sui prospetti informativi. Il primo documento, partendo dai sistemi nazionali, intende verificare la fattibilità di obbligazioni bancarie garantite per i prestiti alle piccole e medie imprese, mentre il secondo si propone di migliorare l’accesso al finanziamento per le imprese e di semplificare le informazioni destinate agli investitori. In particolare, andrebbero rimosse le barriere che impediscono di ottenere informazioni sulle PMI. Queste misure sono destinate a far avanzare ulteriormente l’integrazione dei mercati dei capitali.

In sintesi, la creazione dell’unione dei mercati dei capitali richiederà una combinazione di azioni immediate che permettano di mantenere lo slancio necessario, e di un percorso sostenuto nell’arco di più anni, che tocchi i molteplici ambiti di fondamentale rilevanza per il funzionamento dei mercati dei capitali.

Altri compiti e attività

Infrastrutture di mercato e sistemi di pagamento

Le infrastrutture di mercato facilitano la compensazione e il regolamento di pagamenti, titoli e derivati. La loro sicurezza ed efficienza è essenziale per mantenere la fiducia nella moneta e sostenere le operazioni di politica monetaria e la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso. L’integrazione delle infrastrutture di mercato in tutta Europa è una condizione indispensabile per realizzare un mercato veramente unico.

L’Eurosistema svolge un ruolo centrale nelle infrastrutture di mercato post-trading e nei pagamenti attraverso tre funzioni: gestore, catalizzatore e autorità di supervisione. Gestisce l’infrastruttura Target2 per il regolamento in tempo reale in moneta di banca centrale dei pagamenti di importo rilevante e urgenti in euro. Per agevolare l’utilizzo delle garanzie su base transfrontaliera nelle operazioni di finanziamento dell’Eurosistema, quest’ultimo offre il Modello di banche centrali corrispondenti (Correspondent Central Banking Model, CCBM). Inoltre, da giugno 2015 la nuova infrastruttura dell’Eurosistema, Target2-Securities (T2S), consente il regolamento di titoli in moneta di banca centrale. In prospettiva, la visione dell’Eurosistema per il 2020, che descrive la sua strategia per il futuro dell’infrastruttura di mercato, è trattata nella sezione 1.1.

Nel suo ruolo di catalizzatore, l’Eurosistema aiuta attivamente il settore ad armonizzare i processi post-trading emersi con l’avvio di T2S e a individuare soluzioni di pagamento, compensazione e regolamento sicure ed efficaci per i pagamenti al dettaglio nell’area dell’euro. L’Eurosistema ha curato la realizzazione dell’Area unica dei pagamenti in euro (Single Euro Payments Area, SEPA) sin dalle fasi iniziali e continuerà a essere attivo nel campo dei pagamenti al dettaglio quale promotore dell’innovazione. Le innovazioni derivanti dalla crescente digitalizzazione dei servizi di pagamento sono illustrate nella sezione 1.2.

Nella funzione di autorità di supervisione, l’Eurosistema assicura la gestione efficiente dei rischi e l’adozione di solidi assetti di governance per le infrastrutture di mercato, promuovendo se necessario il cambiamento. Ad esempio, nell’ambito dei lavori per la definizione degli standard internazionali, l’Eurosistema collabora con gli operatori finanziari per rafforzare la resilienza dell’infrastruttura di mercato nei confronti di attacchi informatici. Sono inoltre in corso iniziative finalizzate a migliorare l’efficienza e la sicurezza dei pagamenti al dettaglio. Con riferimento alla supervisione delle infrastrutture per i titoli e i derivati, l’Eurosistema, in collaborazione con le autorità di sorveglianza e di supervisione, ha ultimato la valutazione della struttura di T2S prima che la nuova piattaforma fosse resa operativa. Inoltre, i rischi connessi alle controparti centrali hanno richiamato particolare attenzione in ragione della loro crescente importanza sistemica. Questo tema è approfondito nella sezione 1.3.

L’avvio di T2S e il futuro dell’infrastruttura di mercato

A giugno 2015 è entrata in funzione la nuova piattaforma unica per il regolamento delle operazioni in titoli, Target2-Securities. Cinque sistemi di deposito accentrato (Grecia, Italia, Malta, Romania e Svizzera) sono collegati alla piattaforma e i rimanenti 16 mercati vi aderiranno nel corso dei prossimi due anni. T2S diventerà una struttura multivalutaria quando, dal 2018, la corona danese potrà essere regolata sulla piattaforma. Ulteriori paesi e valute dovrebbero aderire a T2S in futuro.

T2S elimina le differenze tra il regolamento dei titoli a livello nazionale e transfrontaliero, offrendo una soluzione agli svantaggi della precedente frammentazione del mercato. T2S è un fattore chiave per l’armonizzazione degli standard e dei servizi post-trading e contribuisce a una maggiore integrazione finanziaria e a un mercato europeo davvero unico.

Mentre ancora prosegue la migrazione a T2S, l’Eurosistema guarda al futuro e intende assicurarsi che le infrastrutture di mercato e i pagamenti rimangano al passo con gli sviluppi tecnologici e beneficino di un ulteriore aumento di efficienza. La visione dell’Eurosistema per il 2020 delinea una strategia per le infrastrutture di mercato che si articola in tre punti d’azione.

Figura 1

L’infrastruttura del mercato finanziario in Europa: visione per il 2020 e oltre

Fonte: BCE.

Il primo punto d’azione consiste nell’esplorare le sinergie tra Target2 e T2S. L’infrastruttura tecnica sarà consolidata affinché Target2 possa beneficiare delle funzionalità all’avanguardia attualmente disponibili in T2S, ad esempio ottimizzando ulteriormente i meccanismi di risparmio di liquidità. Il secondo punto d’azione consiste nel vagliare le opzioni per promuovere lo sviluppo di una soluzione paneuropea per i pagamenti istantanei (cfr. sezione 1.2). Il terzo è dedicato a un’ulteriore armonizzazione della gestione delle garanzie dell’Eurosistema e a rafforzarne l’efficienza, considerando la possibile armonizzazione di procedure e tecniche di collateralizzazione. Se l’opera di armonizzazione avesse successo, verrebbe valutato il business case per la creazione di un sistema comune di gestione delle garanzie a livello di Eurosistema.

Nel cercare di rendere concreta la sua visione per il 2020, l’Eurosistema lavorerà a stretto contatto con gli operatori di mercato, integrando il loro punto di vista e assicurandosi che l’infrastruttura di mercato europea sia in linea con le loro esigenze.

La digitalizzazione dei servizi di pagamento

In seguito al completamento della migrazione alla SEPA per i bonifici e gli addebiti diretti nell’area dell’euro, l’attenzione dell’industria dei pagamenti e dell’Eurosistema si è spostata dall’armonizzazione e dall’integrazione alla modernizzazione e all’innovazione. Questo cambiamento era necessario data la pervasività della digitalizzazione nella vita quotidiana. Il settore dei pagamenti sta rispondendo all’evoluzione delle esperienze e delle aspettative degli utenti. In alcuni paesi europei, stanno emergendo soluzioni di pagamento da persona a persona tramite dispositivi mobili o contactless. Alcune di queste soluzioni sono basate su pagamenti istantanei, ossia soluzioni che assicurano l’immediata disponibilità dei fondi al destinatario. Tuttavia questi servizi sono disponibili solo a livello nazionale e non presentano un’interoperabilità e una portata paneuropea.

Per evitare una nuova frammentazione della SEPA a causa dell’emergere di una molteplicità di soluzioni nazionali indipendenti, l’Eurosistema sostiene appieno lo sviluppo di una soluzione per i pagamenti istantanei a livello paneuropeo. Il Comitato per i pagamenti al dettaglio in euro (Euro Retail Payments Board, ERPB), presieduto dalla BCE, ha invitato l’industria dei pagamenti a formulare una proposta per lo sviluppo di uno schema di bonifico SEPA per i pagamenti istantanei in euro. Questa proposta, che diverrà la base comune per le soluzioni di pagamento istantanee europee, è stata approvata dall’ERPB nel novembre 2015 e costituirà il fondamento del Rulebook in fase di elaborazione da parte del Consiglio europeo per i pagamenti (European Payments Council).

Con riferimento alla compensazione e al regolamento dei pagamenti istantanei, la BCE ha avviato un dialogo con i fornitori delle infrastrutture del mercato al dettaglio e una riflessione sul suo ruolo nel regolamento di tali pagamenti in veste di gestore di Target2.

In aggiunta a ciò, la BCE ha partecipato ai lavori dell’ERPB sulle raccomandazioni per la promozione dei pagamenti paneuropei da persona a persona tramite dispositivi mobili e dei pagamenti di prossimità contactless basati su carte o su dispositivi mobili. In prospettiva, l’emergere di nuove soluzioni di pagamento e di nuovi fornitori di servizi di pagamento nel contesto del commercio elettronico, attualmente in espansione, richiederà l’attenzione dell’Eurosistema.

Nel febbraio 2015 la BCE ha pubblicato un secondo rapporto sui circuiti di monete virtuali. In generale, il centro dell’attenzione dell’industria si è spostato dall’aspetto “valore” al meccanismo utilizzato per il trasferimento di tale valore, ossia la tecnologia “blockchain” o di “distributed ledger”. La BCE continuerà a monitorare gli sviluppi delle tecnologie alla base di tali circuiti.

La gestione dei rischi delle controparti centrali

La crisi finanziaria globale del 2007-2008 ha messo in luce le rilevanti carenze dei mercati dei derivati negoziati fuori borsa (over the counter, OTC) in termini di trasparenza e gestione del rischio, in particolare nel segmento in cui le transazioni sono compensate su base bilaterale. In questo contesto, i leader del G20 hanno concordato al vertice di Pittsburgh del 2009 che tutti i derivati OTC standardizzati debbano essere compensati mediante controparti centrali.

A seguito dell’obbligo di compensazione centralizzata, le controparti centrali gestiscono una quota crescente del rischio finanziario connesso alle operazioni in derivati OTC e la loro solidità è divenuta sempre più importante dal punto di vista della stabilità finanziaria. In tale scenario, nel febbraio 2015 i ministri delle finanze del G20 e i governatori delle banche centrali hanno chiesto al Financial Stability Board di sviluppare, insieme al Comitato per i pagamenti e le infrastrutture di mercato (Committee on Payments and Market Infrastructures), all’Organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari (International Organization of Securities Commissions) e al Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, un piano di lavoro coordinato per promuovere la capacità di tenuta, la pianificazione del recupero e la possibilità di risoluzione delle controparti centrali. Il “2015 CCP Work Plan” ha quattro componenti principali: (a) una valutazione dell’adeguatezza delle misure esistenti per la resilienza delle controparti centrali (incluse la capacità di assorbimento delle perdite e l’adeguatezza delle dotazioni di risorse liquide, nonché l’efficacia degli stress test); (b) una disamina dei meccanismi di recupero delle controparti centrali in crisi, inclusi gli strumenti di ripartizione delle perdite, e la valutazione della necessità di standard più granulari; (c) un riesame dei regimi di risoluzione e degli accordi di pianificazione delle risoluzioni esistenti delle controparti centrali e la valutazione della necessità di standard più granulari o di risorse aggiuntive prefinanziate; (d) un’analisi delle interdipendenze tra le controparti centrali, i loro partecipanti diretti e indiretti e altre istituzioni finanziarie, nonché dei potenziali canali di trasmissione del rischio tramite queste interdipendenze. La BCE partecipa direttamente a queste iniziative tramite i comitati internazionali dedicati.

Nella prospettiva di una maggiore collaborazione, il 29 marzo 2015 la BCE e la Bank of England hanno annunciato[44] misure volte a migliorare la stabilità finanziaria in relazione ai mercati con compensazione centralizzata nell’Unione europea mediante un approccio coordinato e condiviso. In questo contesto, la BCE e la Bank of England hanno concordato di intensificare lo scambio di informazioni e la collaborazione relativa alle controparti centrali con sede nel Regno Unito aventi un volume significativo di attività denominate in euro.

La BCE, insieme ad altre banche centrali dell’Eurosistema, ha continuato a partecipare ai lavori attualmente condotti dai collegi di autorità di supervisione sulle controparti centrali aventi sede nell’UE con elevati volumi di compensazione centralizzata di strumenti finanziari denominati in euro nell’ambito del regolamento sulle infrastrutture del mercato europeo (European Market Infrastructure Regulation, EMIR). Nel 2015 ciò ha incluso l’approvazione delle proposte di ampliamento relative ai servizi delle controparti centrali.

Il 2 settembre 2015 la BCE ha pubblicato la propria risposta alla consultazione pubblica della Commissione europea sulla revisione dell’EMIR. Nella risposta si è formulata una serie di proposte per rafforzare l’assetto di supervisione collegiale per le controparti centrali e migliorare la qualità della segnalazione dei dati sui derivati al fine di accrescere la trasparenza.

Servizi finanziari forniti ad altre istituzioni

La gestione delle operazioni di assunzione e concessione di prestiti

La BCE è responsabile della gestione delle operazioni di assunzione e concessione di prestiti dell’UE nell’ambito del Meccanismo di sostegno finanziario a medio termine (Medium-Term Financial Assistance facility, MTFA)[45] e del Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (European Financial Stabilisation Mechanism, EFSM)[46]. Nel 2015 la BCE ha curato il pagamento degli interessi sui prestiti erogati in base al quadro dell’MTFA. Al 31 dicembre 2015 l’importo totale in essere nell’ambito di questo meccanismo ammontava a 5,7 miliardi di euro. Nel 2015 la BCE ha curato il pagamento e l’avvenuto rimborso di un prestito ponte a breve termine concesso alla Grecia nell’ambito del EFSM in seguito a una decisione adottata dal Consiglio dell’UE. La BCE ha altresì curato vari versamenti e pagamenti degli interessi in relazione ai prestiti erogati nel quadro del EFSM. Al 31 dicembre 2015 l’importo totale in essere nell’ambito di tale meccanismo ammontava a 46,8 miliardi di euro.

Analogamente, la BCE è responsabile della gestione delle operazioni di pagamento connesse alle operazioni effettuate nell’ambito del Fondo europeo di stabilità finanziaria (European Financial Stability Facility EFSF)[47] e del Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism, ESM)[48]. La BCE ha curato vari pagamenti di interessi e commissioni in relazione ai prestiti erogati nel quadro del EFSF. Nel 2015 la BCE ha curato l’esborso di due tranche di un prestito concesso alla Grecia nell’ambito dell’ESM in seguito a una decisione adottata dal Consiglio dell’UE. La BCE si è altresì occupata dei contributi dei membri dell’ESM e di vari pagamenti di interessi e commissioni in relazione ai prestiti erogati nel quadro di questo meccanismo.

Infine, la BCE è responsabile del trattamento di tutti i pagamenti relativi all’accordo di prestito a favore della Grecia[49]. Al 31 dicembre 2015 l’importo totale in essere nell’ambito di tale accordo ammontava a 52,9 miliardi di euro.

I servizi di gestione delle riserve offerti dall’Eurosistema

Nel 2015 è proseguita l’offerta di un’ampia gamma di servizi finanziari in applicazione del quadro di riferimento per i servizi di gestione delle riserve forniti dall’Eurosistema (Eurosystem Reserve Management Services, ERMS), istituito nel 2005, per la gestione delle riserve denominate in euro dei clienti. Singole banche centrali nazionali dell’Eurosistema (Eurosystem service providers) offrono l’intera gamma di servizi, sulla base di condizioni armonizzate e in linea con gli standard generali di mercato, a banche centrali, autorità monetarie, agenzie governative non appartenenti all’area dell’euro e organizzazioni internazionali. La BCE svolge un ruolo di coordinamento generale, promuovendo l’ordinato funzionamento di tale assetto, e riferisce al Consiglio direttivo.

Il numero di clienti che hanno usufruito dei servizi ERMS è stato pari a 285 nel 2015, a fronte di 296 nel 2014. Con riferimento ai servizi stessi, nel corso del 2015 le attività totali aggregate (incluse attività liquide e titoli) gestite nell’ambito dell’ERMS sono aumentate di circa il 6 per cento rispetto a fine 2014.

Le banconote e le monete

Rientrano fra le competenza della BCE e delle BCN dei paesi dell’area dell’euro l’emissione delle banconote in euro all’interno dell’area e il mantenimento della fiducia nella moneta.

La circolazione delle banconote e delle monete

Nel 2015 il volume e il valore delle banconote in euro in circolazione sono aumentati di circa il 7,8 e il 6,6 per cento rispettivamente. Alla fine dell’anno le banconote in euro in circolazione ammontavano a 18,9 miliardi, per un valore complessivo di 1.083 miliardi di euro (cfr. grafici 27 e 28). Il taglio da 50 euro ha registrato l’incremento più consistente su base annua, pari all’11,8 per cento. La domanda di questo taglio è cresciuta intorno alla metà dell’anno. Il motivo, molto probabilmente, è la maggiore liquidità detenuta dai turisti diretti in Grecia in vista delle limitazioni ai prelievi di contante (peraltro, applicate solo ai residenti) introdotte in tale paese. La produzione di banconote in euro è svolta in collaborazione tra le BCN, che nel 2015 sono state incaricate di stampare nel complesso 6,0 miliardi di biglietti.

Grafico 27

Numero e valore delle banconote in euro in circolazione

Fonte: BCE.

Grafico 28

Numero delle banconote in euro in circolazione per taglio

(miliardi)

Fonte: BCE.

Si stima che in termini di valore circa un quarto delle banconote in euro in circolazione sia detenuto al di fuori dell’area dell’euro, prevalentemente in paesi confinanti. I biglietti in euro, principalmente i tagli da 500 e 100 euro, sono detenuti al di fuori dell’area come riserva di valore e per il regolamento delle transazioni sui mercati internazionali. Il contante ha il vantaggio di consentire il regolamento immediato delle transazioni senza la necessità di valutare la solvibilità della controparte.

Nel 2015 il numero totale di monete in euro in circolazione è aumentato del 4,7 per cento, raggiungendo 116,1 miliardi di pezzi a fine anno. Il valore delle monete in circolazione è stato pari a 26,0 miliardi di euro a fine 2015, con un incremento del 4 per cento rispetto alla fine del 2014.

Nel 2015 le BCN dell’area dell’euro hanno controllato l’autenticità e l’idoneità alla circolazione di circa 32,9 miliardi di banconote, ritirandone dalla circolazione circa 5,2 miliardi. L’Eurosistema inoltre ha continuato ad adoperarsi a sostegno dei produttori di apparecchiature per le banconote, al fine di garantire che esse soddisfino i requisiti stabiliti dalla BCE per verificare l’autenticità e l’idoneità delle banconote in euro prima di rimetterle in circolazione. Nel 2015 le istituzioni creditizie e gli altri gestori professionali di contante hanno controllato l’autenticità e l’idoneità di 31 miliardi di banconote in euro utilizzando tali macchinari.

Contraffazione delle banconote in euro

Nel 2015 l’Eurosistema ha ritirato dalla circolazione circa 899.000 banconote in euro contraffatte. Rispetto al numero di biglietti autentici in circolazione, la quota di falsi rimane su livelli molto contenuti. Il grafico 29 mostra l’andamento di lungo periodo del numero di falsi ritirati dalla circolazione. L’attività di contraffazione tende a concentrarsi sui tagli da 20 e 50 euro della prima serie di banconote, che nel 2015 hanno rappresentato rispettivamente il 50,5 e il 34,2 per cento di tutti i falsi. Il lieve incremento del numero totale di falsi nel 2015 è stato determinato principalmente da un aumento dei biglietti falsi da 50 euro. Il grafico 30 fornisce ulteriori dettagli sui dati disaggregati per taglio.

La BCE rinnova ai cittadini la raccomandazione di continuare a prestare attenzione ai rischi di frode, di rammentare il metodo basato sulle tre parole chiave “toccare-guardare-muovere” e di non affidarsi mai a una sola caratteristica di sicurezza. Inoltre, con frequenza regolare si organizzano corsi di formazione per i gestori professionali di contante, sia all’interno sia all’esterno dell’UE, e viene divulgato materiale informativo aggiornato a sostegno della lotta alla contraffazione condotta dall’Eurosistema. La BCE collabora inoltre con l’Europol, l’Interpol e la Commissione europea nella realizzazione di tale obiettivo.

Grafico 29

Numero di banconote in euro contraffatte ritirate dalla circolazione

(migliaia)

Fonte: BCE.

Grafico 30

Scomposizione per taglio delle banconote in euro contraffatte nel 2015

Fonte: BCE.

La seconda serie di banconote in euro

Il 25 novembre 2015 è entrata in circolazione una nuova banconota da 20 euro, il terzo taglio della serie Europa. Il nuovo biglietto da 20 euro, analogamente alle nuove banconote da 5 e 10 euro emesse rispettivamente nel maggio 2013 e nel settembre 2014, presenta caratteristiche di sicurezza più robuste, fra cui la filigrana con ritratto e un “numero verde smeraldo” che produce l’effetto di una luce che si sposta in senso verticale quando la banconota è inclinata e inoltre cambia colore. La nuova banconota da 20 euro presenta anche un elemento di sicurezza nuovo e innovativo: la finestra nell’ologramma che mostra il ritratto di Europa, figura della mitologia greca, quando la banconota viene tenuta controluce. In vista dell’introduzione del nuovo biglietto da 20 euro, la BCE e le BCN dell’area hanno condotto una campagna di informazione sulla nuova banconota e sulle sue caratteristiche sia per il pubblico sia per i gestori professionali di contante. L’Eurosistema inoltre ha adottato diverse iniziative volte a sostenere gli operatori del settore delle apparecchiature per il trattamento delle banconote nella preparazione al lancio del nuovo biglietto.

Gli altri tagli della serie Europa verranno introdotti nel corso dei prossimi anni.

Statistiche

La BCE, assistita dalle BCN, sviluppa, raccoglie, redige e pubblica un ampio insieme di statistiche che sono di supporto per la politica monetaria dell’area dell’euro, le funzioni di vigilanza della BCE, vari altri compiti del SEBC, nonché le funzioni del Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS). Tali statistiche sono utilizzate anche da autorità pubbliche, operatori dei mercati finanziari, mezzi di informazione e dal pubblico in generale.

Nel 2015 la produzione periodica di statistiche relative all’area dell’euro da parte del SEBC ha continuato a svolgersi in maniera ordinata e tempestiva. Inoltre, il SEBC ha profuso notevoli sforzi per applicare i nuovi standard internazionali in tutte le statistiche della BCE e soddisfare le nuove richieste di dati tempestivamente disponibili, di elevata qualità e disaggregati a livello di singolo paese, settore e strumento[50].

Statistiche nuove e più esaustive

Dal 1° gennaio 2015 la BCE pubblica con cadenza giornaliera il tasso a pronti a tre mesi ricavato da una curva dei rendimenti stimata su titoli di debito con rating pari ad almeno AA emessi da amministrazioni centrali dell’area dell’euro. Sin dalla pubblicazione iniziale, il tasso è stato utilizzato dall’FMI per il calcolo della quota riferita all’euro dei diritti speciali di prelievo, in sostituzione del tasso Eurepo a tre mesi.

Dal gennaio 2015 le pubblicazioni statistiche sulle emissioni di titoli includono scomposizioni più dettagliate per settore dell’emittente e tipo di strumento, in conformità con la nuova edizione del Sistema europeo dei conti (SEC 2010).

Nell’aprile 2015 sono stati apportati miglioramenti significativi alle statistiche relative alla bilancia dei pagamenti e alle posizioni patrimoniali sull’estero con la pubblicazione di dati a partire dal 2008. Questi dati sono in linea con la metodologia prevista dalla sesta edizione del Manuale della bilancia dei pagamenti dell’FMI e comprendono una scomposizione dettagliata per area geografica delle controparti.

Inoltre, dal luglio 2015 le pubblicazioni statistiche riguardanti andamenti monetari, tassi di interesse bancari al dettaglio, fondi di investimento e società veicolo finanziarie includono nuove scomposizioni, ad esempio per settore dell’emittente e tipo di strumento, conformi al SEC 2010. Le statistiche sui fondi di investimento contengono ulteriori dati su nuove categorie di fondi di investimento, come i private equity fund e gli exchange-traded fund registrati nell’area dell’euro. Le statistiche sui tassi di interesse bancari comprendono indicatori supplementari che riguardano i prestiti in essere disaggregati per vita residua e il periodo del successivo ricalcolo dei tassi. Inoltre, i tassi di interesse relativi ai prestiti rinegoziati sono identificati separatamente nelle nuove operazioni.

Nell’agosto 2015 le statistiche bancarie consolidate (i dati del SEBC per il sistema bancario dell’UE su base consolidata) sono state migliorate sensibilmente e la loro frequenza è passata da semestrale a trimestrale. L’accresciuta esaustività di questi dati è riconducibile all’entrata in vigore delle norme tecniche di attuazione relative alle segnalazioni di vigilanza (Implementing Technical Standards on Supervisory Reporting) formulate dall’Autorità bancaria europea, che hanno ampliato notevolmente la quantità di informazioni comparabili nell’ambito dell’UE. In particolare, gli indicatori della qualità degli attivi sono stati in buona parte sostituiti da nuovi dati sulle esposizioni deteriorate, nonché dalle voci principali sulle forbearance. Sono disponibili anche nuove misure di liquidità, finanziamento e attività impegnate.

Nel settembre 2015 la BCE ha pubblicato nuove statistiche relative ai prestiti corretti per le cessioni e le cartolarizzazioni, fornendo informazioni più complete sui prestiti concessi dalle banche dell’area dell’euro ma non più contabilizzati nei loro bilanci.

Nell’ottobre 2015 la BCE ha avviato la pubblicazione di dati mensili riguardanti i saldi Target2, la scomposizione per valuta dei dati sulle azioni quotate emesse da residenti dell’area dell’euro e statistiche più esaustive sui pagamenti annuali, tenendo conto dell’attuazione dell’Area unica dei pagamenti in euro e di altri sviluppi nel mercato dei pagamenti in Europa.

Nel novembre 2015 la BCE ha dato avvio alla pubblicazione di un nuovo rapporto statistico trimestrale sulle attività economiche e finanziarie delle famiglie, che presenta gli indicatori principali per l’area dell’euro e traccia un raffronto tra i 19 paesi dell’area.

Nel dicembre 2015 la BCE ha pubblicato la Survey of National Practices, che ha riportato in dettaglio le metodologie adottate nei paesi dell’area in merito alla compilazione delle statistiche di bilancio delle IFM.

Altri sviluppi in ambito statistico

Nel marzo 2015 la BCE ha pubblicato un Regolamento[51] sulle informazioni finanziarie a fini di vigilanza, che estende gradualmente gli obblighi di rendicontazione a tutti gli enti vigilati che non abbiano già adottato le segnalazioni di informazioni finanziarie a fini di vigilanza (FINREP), introdotte a partire dalla fine del 2015.

Anche se le istituzioni che applicano gli standard internazionali di rendicontazione finanziaria (International Financial Reporting Standards, IFRS) a livello consolidato sono già tenute a trasmettere le FINREP, il Regolamento estende gli obblighi di segnalazione per: a) i gruppi vigilati significativi che applicano i principi contabili nazionali, b) gli enti vigilati significativi che effettuano le segnalazioni su base individuale in conformità con gli IFRS e i principi contabili nazionali, e c) i gruppi meno significativi che applicano i principi contabili nazionali e gli enti vigilati meno significativi.

Il SEBC ha continuato a lavorare su diversi progetti in corso volti a migliorare nel tempo la disponibilità e la qualità delle statistiche utilizzando basi di microdati nuove e sensibilmente migliorate. Nel 2015 è stato profuso notevole impegno sia per sviluppare il nuovo schema di raccolta di dati granulari sul credito, con un progetto di regolamento pubblicato nel dicembre 2015 sulla scia del grande interesse generale ricevuto, sia per estendere la raccolta di dati su emissioni e consistenze per singolo titolo. In particolare, il Regolamento e l’Indirizzo relativi alle statistiche sulle consistenze di titoli sono stati aggiornati per migliorare la raccolta dei dati sui titoli detenuti dalle compagnie assicurative. Sono anche in corso i lavori per produrre le nuove statistiche relative al mercato monetario in euro, che comportano la raccolta con cadenza giornaliera di informazioni sulle singole transazioni nei principali segmenti di mercato (i segmenti garantito, non garantito, degli swap in valuta e degli swap sul tasso overnight) a partire dall’aprile 2016.

A livello internazionale, la BCE, nell’ambito dell’Inter-Agency Group on Economic and Financial Statistics, ha ribadito il suo pieno impegno nei confronti degli obiettivi fissati nella Data Gaps Initiative, iniziativa lanciata nell’aprile 2009 dai ministri delle finanze e dai governatori delle banche centrali del G20 al fine di colmare le carenze informative emerse con la crisi finanziaria mondiale. Dopo aver formulato e attuato le 20 raccomandazioni iniziali della prima fase, la BCE sostiene ora con forza la seconda fase dell’iniziativa, adottata nel settembre 2015.

La ricerca economica

La produzione di ricerche scientifiche di elevata qualità svolge un ruolo essenziale, agevolando il raggiungimento degli obiettivi principali della BCE e affrontando le sue mutevoli priorità. Nel 2015 le attività di ricerca economica sono state ampliate a fronte delle numerose, importanti nuove sfide con cui si confrontano i responsabili delle politiche monetarie. In particolare, il lavoro è stato riorganizzato in un numero minore (sette) di nuclei di ricerca specifici. Inoltre, tre importanti reti di ricerca hanno contributo a promuovere una costante collaborazione su importanti temi di ricerca nell’ambito del SEBC[52].

Le priorità e i nuclei di ricerca della BCE

Nel 2015 la ricerca economica è stata condotta dalla BCE nel quadro di sette nuclei di ricerca all’interno dell’intera banca che hanno affrontato insieme quattro priorità fondamentali: a) incorporare l’impatto dei mutamenti della struttura economica e finanziaria nella previsione dell’economia e nell’analisi del ciclo economico; b) valutare la trasmissione della politica monetaria, incluse le variazioni del quadro operativo e le misure attuative, c) avviare ricerche sulla vigilanza microprudenziale e bancaria e formulare ulteriori analisi macroprudenziali, e d) comprendere le interazioni tra la politica monetaria comune e le politiche di bilancio, strutturali e prudenziali a fronte dei mutamenti del quadro istituzionale dell’UE.

In relazione alle priorità a) e b), l’attività di ricerca si è focalizzata principalmente su una migliore comprensione delle cause della bassa inflazione e dei persistenti errori nella previsione dell’inflazione. I risultati hanno evidenziato la rilevanza sia dei canali esterni sia di quelli interni. Dal lato esterno, la difficoltà di prevedere le quotazioni petrolifere è stata individuata come un fattore essenziale all’origine dei recenti errori di previsione dell’inflazione. Pertanto, sono stati formulati nuovi modelli sia per prevedere meglio gli andamenti nel mercato petrolifero sia per sintetizzare i vari risultati dei modelli. Per quanto concerne i fattori interni, le ricerche hanno posto in evidenza la possibile sottostima dell’ampiezza della capacità produttiva inutilizzata e una più forte connessione tra l’attività reale e l’inflazione quale possibile causa della sovrastima dell’inflazione. Inoltre, le ricerche hanno contribuito a individuare nuovi rischi associati all’eventuale disancoraggio delle attese di inflazione e hanno evidenziato che, quando i tassi di interesse nominali raggiungono la soglia minima di zero (zero lower bound, ZLB), la bassa inflazione potrebbe alimentare una dinamica autorinforzante. Tuttavia, le ricerche hanno altresì sottolineato come le indicazioni prospettiche e le misure non convenzionali di politica monetaria possano svolgere un ruolo importante in tale contesto, attenuando i rischi di disancoraggio e sostenendo la domanda aggregata.

Anche le politiche micro e macroprudenziali sono state sempre più al centro delle ricerche della BCE nel 2015. Dopo l’istituzione del Meccanismo di vigilanza unico, le ricerche si sono focalizzate sugli effetti della normativa e su altre politiche economiche dei governi riguardanti le scelte degli istituti bancari e i loro bilanci. Elevata priorità è stata assegnata anche alla formulazione di modelli per analizzare le politiche macroprudenziali e le loro interazioni con altre politiche, inclusa quella monetaria. L’analisi delle divergenze e degli squilibri esistenti tra i paesi dell’area è rimasta un nucleo primario delle ricerche in relazione alla priorità elencata in precedenza al punto d). Un importante risultato di tali ricerche è stata l’individuazione dei fattori strutturali che potrebbero spiegare le divergenze, incluse le strozzature istituzionali, sul mercato del lavoro e sul mercato dei beni e servizi, che possono ostacolare la crescita. Nell’area dei mercati finanziari, importanti nuove ricerche si sono focalizzate sulla formulazione di indicatori per valutare l’integrazione finanziaria e le vulnerabilità del settore bancario.

Le reti di ricerca dell’Eurosistema/SEBC

Le reti di ricerca dell’Eurosistema/SEBC hanno continuato a fornire un notevole contributo nel 2015, in particolare le reti Household Finance and Consumption Network, Wage Dynamics Network e Competitiveness Research Network.

I lavori della rete di ricerca Household Finance and Consumption Network si sono incentrati sull’analisi dei dati ricavati dall’indagine sui bilanci e sui consumi delle famiglie (Household Finance and Consumption Survey, HFCS) condotta dall’Eurosistema. Questa indagine mira a comprendere in che modo l’eterogeneità microeconomica influisce sui risultati macroeconomici. Nell’arco dell’anno sono continuate le ricerche su vari aspetti del comportamento dei consumatori e sui finanziamenti delle famiglie. Le ricerche hanno analizzato gli effetti delle variazioni nella ricchezza delle famiglie sui consumi e sulla distribuzione della ricchezza fra le famiglie e fra i paesi. I dati dell’indagine sono stati utilizzati per valutare gli effetti dell’inflazione e della deflazione sulla ricchezza delle famiglie. Tali ricerche hanno posto in evidenza che le famiglie giovani, di classe media, che tendono a ricorrere ai mutui per l’acquisto delle abitazioni, hanno visto ridursi la loro ricchezza soprattutto durante gli episodi di deflazione, mentre le famiglie con ricchezza accumulata, più ricche e anziane, sono state colpite negativamente soprattutto nei periodi di inflazione. Inoltre, i dati della HFCS sono stati utilizzati per stimare le modalità con cui il calo dei tassi di interesse si è tradotto in minori costi per il servizio del debito a carico delle singole famiglie; i risultati suggeriscono che l’incidenza del servizio del debito è diminuita in modo particolarmente marcato per le famiglie con redditi più bassi (cfr. figura 2).

Figura 2

Percentuale del reddito spesa per il servizio dei mutui

Fonte: BCE.

La rete Wage Dynamics Network ha avviato la terza edizione della sua indagine, con la partecipazione attiva di 25 BCN. I dati nazionali sono stati raccolti nel 2014 e all’inizio del 2015 ed è stato compilato un insieme di dati armonizzato per vari paesi. L’indagine mira ad analizzare in che modo le imprese si sono adattate ai vari shock e ai mutamenti istituzionali avvenuti dall’inizio della crisi finanziaria. Diversi progetti di ricerca in corso utilizzano questi dati raccolti di recente a livello delle imprese per condurre un’analisi basata su un modello microfondato degli aggiustamenti nel mercato del lavoro di vari paesi dell’UE tra il 2010 e il 2013. È inclusa anche un’analisi: a) dei tempi e della persistenza degli shock e b) della risposta dell’occupazione e dei salari agli shock e della loro relazione con le riforme strutturali.

Nel 2015, attingendo a un nuovo insieme di dati a livello di impresa, la rete Competitiveness Research Network ha condotto ampie ricerche sui fattori determinanti per l’interscambio e la competitività, la trasmissione degli shock internazionali e l’allocazione delle risorse nell’ambito dell’UE. Una conclusione significativa posta in evidenza dalla rete è che la competitività europea è strettamente connessa anche a elementi diversi dal prezzo riconducibili alle capacità innovative, tecnologiche e organizzative, piuttosto che esclusivamente a prezzi, costi e salari. Inoltre, la rete ha rilevato che la dispersione nella produttività delle imprese è una determinante cruciale dei risultati aggregati dell’interscambio, considerando ad esempio l’elevata eterogeneità delle risposte degli esportatori ai diversi shock. Nel corso dell’anno l’insieme di dati è stato ulteriormente ampliato, consentendo una valutazione più aggiornata dei mutamenti nella distribuzione della produttività nel tempo (ad esempio, prima e dopo la crisi) e distinguendo tra differenti caratteristiche delle imprese, come le dimensioni e l’ambito nazionale.

Conferenze e pubblicazioni

L’organizzazione di conferenze e seminari su temi inerenti la ricerca economica promuove scambi e dibattiti fondamentali sui risultati delle ricerche. La BCE ha organizzato diversi di questi eventi nel 2015. Uno degli incontri più significativi è stato l’ECB Forum on Central Banking a Sintra, in Portogallo, dedicato all’inflazione e alla disoccupazione in Europa. Nel novembre 2015 si è tenuto un altro importante seminario sulle sfide per la politica monetaria in un contesto di bassa inflazione.

Molte delle attività di ricerca della BCE sono state pubblicate. La Working Paper Series della BCE contribuisce a diffondere i risultati delle ricerche in modo tempestivo e nel 2015 ha pubblicato complessivamente 117 studi. Inoltre, 67 studi di cui sono stati autori o coautori rappresentanti della BCE sono stati pubblicati su riviste scientifiche nel corso del 2015. Ciò ha rappresentato un notevole incremento rispetto al 2014, considerando che un’ampia quota di studi è stata pubblicata su riviste economiche e finanziarie di massimo livello.

Attività e obblighi giuridici

Nel 2015 la BCE ha partecipato a diversi procedimenti giudiziari a livello dell’UE. La Banca ha inoltre formulato numerosi pareri in risposta alla previsione del Trattato che richiede la consultazione della BCE in merito a qualsiasi proposta di atto dell’UE o progetto di legge nazionale che rientri nella sua sfera di competenze; ha altresì vigilato sul rispetto del divieto di finanziamento monetario e di accesso privilegiato.

Partecipazione della BCE a procedimenti giudiziari a livello dell’UE

Per quanto concerne le operazioni definitive monetarie (ODM), facendo seguito alla prima domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte costituzionale federale tedesca, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha emesso la sentenza C-62/14 del 16 giugno 2015, nella quale riprende in sostanza le conclusioni dell’avvocato generale del 14 gennaio 2015 e conferma la compatibilità delle ODM con i trattati. La Corte ha riconosciuto che la BCE gode di un ampio potere discrezionale nel definire e attuare la politica monetaria. Le ODM, essendo finalizzate a preservare l’unicità della politica monetaria all’interno dell’area dell’euro e a salvaguardare l’adeguato funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, rientrano nel mandato della BCE, ossia mantenere la stabilità dei prezzi. In particolare, le ODM non invadono la sfera di competenze degli Stati membri in materia di politica economica. A giudizio della Corte, questa conclusione non è inficiata dal fatto che l’attuazione delle ODM sia subordinata alla piena conformità degli Stati membri interessati con un programma di aggiustamento macroeconomico della European Financial Stability Facility o del Meccanismo europeo di stabilità, poiché tale condizione previene il rischio che le misure di politica monetaria compromettano l’efficacia delle politiche economiche condotte da quegli Stati membri. Le ODM rispettano altresì il principio di proporzionalità. Inoltre, per quel che riguarda il divieto di finanziamento monetario, la Corte ha dichiarato che gli acquisti di titoli di Stato nei mercati secondari non devono avere un effetto equivalente a quelli sul mercato primario, né devono essere utilizzati per aggirare l’obiettivo dell’articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Un programma di acquisto di titoli di Stato deve quindi incorporare salvaguardie sufficienti. Secondo la Corte le ODM sono dotate di tali salvaguardie, in particolare perché è esclusa qualsivoglia garanzia che i titoli emessi siano successivamente acquistati dal SEBC. La Corte ha altresì osservato che le ODM non riducono l’incentivo per gli Stati membri coinvolti a perseguire una sana politica di bilancio. In funzione della pronuncia pregiudiziale, la Corte costituzionale federale tedesca emanerà la sua sentenza definitiva sulla compatibilità delle ODM con la costituzione tedesca.

Nell’ottobre 2015 il Tribunale dell’UE si è pronunciato a favore della BCE in tutte e quattro le controversie ancora pendenti con detentori di titoli di Stato greci. I ricorrenti dichiaravano di aver subito perdite finanziarie e di essere stati privati dei diritti fondamentali di proprietà e libertà economica in seguito a una parziale ristrutturazione del debito sovrano greco nel 2012. Nella causa T-79/13, il Tribunale ha dichiarato che, in relazione ai danni asseritamente subiti, la BCE non ha commesso alcun atto illecito suscettibile di far sorgere responsabilità ai sensi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Ha altresì chiarito che, pur avendo partecipato al monitoraggio degli andamenti economici in Grecia, la BCE non può essere ritenuta responsabile del coinvolgimento del settore privato nella ristrutturazione del debito, poiché le decisioni al riguardo ricadevano nella competenza primaria, se non esclusiva, del governo greco. Il Tribunale ha confermato che il ruolo generale della BCE nel contesto del coinvolgimento del settore privato era prettamente consultivo e rientrava nei limiti del suo mandato ai sensi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità. In linea con la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea nella citata causa sulle ODM, il Tribunale ha rilevato che la BCE gode di ampia discrezionalità nel definire e attuare la politica monetaria, aggiungendo che in questo ambito la responsabilità della Banca può sussistere soltanto in caso di travalicamento manifesto e grave dei limiti all’esercizio dei suoi poteri. Gli altri tre ricorsi (T-350/14, T-38/14 e T-413/14) sono stati respinti in quanto irricevibili.

Il 4 marzo 2015 il Tribunale ha emesso la sentenza T-496/11 sulla validità legale della politica di localizzazione delle controparti centrali (central clearing counterparties, CCP), compresa nel quadro di riferimento per le politiche di sorveglianza dell’Eurosistema. Nel 2011 il Regno Unito aveva proposto un ricorso teso ad annullare il quadro di riferimento laddove enuncia una politica di localizzazione applicabile a determinate CCP stabilite in Stati membri non appartenenti all’area dell’euro. A giudizio del Tribunale, il quadro di riferimento conteneva requisiti di natura regolamentare, ma l’imposizione di requisiti simili alle CCP esula dalle competenze della BCE in materia di sorveglianza. Il Tribunale ha pertanto annullato il quadro per le politiche di sorveglianza nella parte in cui stabiliva requisiti di ubicazione per determinate CCP. Il 10 settembre 2015 il Consiglio direttivo ha adottato in via provvisoria un quadro di riferimento per le politiche di sorveglianza emendato, da cui sono stati espunti i requisiti di ubicazione delle CCP; il documento è disponibile nel sito Internet della BCE.

Pareri della BCE e casi di inottemperanza

L’articolo 127, paragrafo 4, e l’articolo 282, paragrafo 5, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea dispongono che la BCE sia consultata in merito a qualsiasi proposta di atto dell’UE o progetto di legge nazionale che rientri nelle sue competenze[53]. Tutti i pareri della BCE sono disponibili nel suo sito Internet. Quelli relativi a proposte di legge dell’UE sono pubblicati anche sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Nel 2015 la BCE ha formulato tre pareri su proposte legislative dell’UE e 55 pareri su progetti legislativi nazionali che rientravano nella sua sfera di competenze.

A livello dell’UE, la BCE ha adottato i pareri CON/2015/10 e CON/2015/18 in relazione all’indice armonizzato dei prezzi al consumo e il parere CON/2015/4 sul riesame della finalità e l’organizzazione del Comitato europeo per il rischio sistemico.

Un elevato numero di consultazioni richieste da autorità nazionali ha riguardato il conferimento di nuovi compiti alle banche centrali nazionali (BCN), ivi compreso il ruolo di queste ultime quali autorità nazionali di risoluzione[54], relativamente a gestione dei dispositivi nazionali di risoluzione[55], sistemi di garanzia dei depositi[56], registri dei conti bancari[57], centrale dei rischi, mediatore per il credito, regolamentazione del leasing finanziario e di società che acquistano crediti[58], nonché tutela dei consumatori. La BCE ha formulato pareri su modifiche apportate agli statuti di alcune BCN, soffermandosi fra l’altro sull’indipendenza della banca centrale e sulle procedure di nomina e licenziamento dei membri di organi decisionali delle BCN[59]. Ha altresì adottato pareri su proposte legislative concernenti i pagamenti, le banconote[60], la falsificazione, i coefficienti di riserva, le statistiche[61], la ristrutturazione di finanziamenti denominati in valuta estera[62], la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e la stabilità finanziaria[63].

Sono stati registrati 17 casi di inottemperanza all’obbligo di consultazione della BCE su progetti legislativi nazionali; i casi enunciati di seguito sono considerati chiari e rilevanti[64].

L’assemblea nazionale bulgara non ha consultato la BCE in merito alla modifica della legge sugli enti creditizi e di altre leggi[65], destando timori per una possibile violazione dell’indipendenza della banca centrale.

La BCE non è stata consultata dalle autorità croate circa una legge che fissava il tasso di cambio per le rate mensili di prestiti denominati in franchi svizzeri oppure indicizzati a tale valuta[66]. Inoltre, non è stata interpellata su una legge attuativa che disponeva la conversione di tali finanziamenti in prestiti denominati in euro o indicizzati all’euro. Data l’importanza di questo secondo provvedimento, la BCE ha deciso di formulare di propria iniziativa un parere sulla questione (CON/2015/32); il parlamento croato ha però concluso l’iter legislativo prima che il parere fosse adottato dalla BCE.

La BCE non è stata consultata dalle autorità greche sull’atto di contenuto legislativo riguardante una festività pubblica di breve durata e le restrizioni ai prelievi di contante e ai trasferimenti di capitale. La Banca ha riconosciuto il carattere straordinario e provvisorio del provvedimento, adottato d’urgenza per ragioni prevalenti di interesse pubblico legate alla necessità di assicurare l’opportuno adeguamento dei controlli sui movimenti di capitale.

La BCE non è stata consultata dalle autorità ungheresi su alcuni atti giuridici di nuova emanazione afferenti: (a) l’istituzione di un fondo straordinario di garanzia degli investimenti[67]; (b) misure sull’insolvenza delle persone fisiche[68]; (c) la conversione in fiorini ungheresi di taluni crediti al consumo denominati in valuta estera[69].

La BCE ha deciso di emettere di propria iniziativa un parere (CON/2015/55) sul progetto di legge riguardante un’imposta di bollo sui prelievi di contante dai distributori automatici di banconote in Irlanda, vista la sua rilevanza generale per il SEBC; il provvedimento potrebbe infatti potenzialmente aumentare i costi di utilizzo delle banconote in euro rispetto a quelli dei mezzi di pagamento elettronici, creando quindi uno svantaggio per il contante.

Le autorità portoghesi hanno omesso di consultare la BCE sulle modifiche alla procedura di nomina dei dirigenti del Banco de Portugal.

Inoltre, le autorità slovacche hanno mancato di consultare la BCE sulle modifiche apportate al codice del commercio e agli atti correlati[70], in virtù delle quali il governo ha potuto utilizzare un prelievo speciale a carico delle istituzioni finanziarie per incrementare i fondi propri di soggetti giuridici interamente di proprietà statale.

Le autorità slovene non hanno consultato la BCE su una legge inerente l’esame sistematico di progetti di rilievo nazionale che contemplava, fra l’altro, le salvaguardie necessarie a preservare l’indipendenza della Banka Slovenije e dei suoi organi decisionali.

La BCE ha deciso di formulare di propria iniziativa un parere (CON/2015/56) sul progetto di legge relativo all’estinzione di debiti assistiti da garanzia ipotecaria mediante il trasferimento della proprietà di beni immobili in Romania, tenuto conto della sua rilevanza generale per il SEBC per quanto concerne la stabilità del sistema finanziario rumeno e la possibilità di un ampio effetto negativo di contagio sull’economia e sul settore bancario.

Sono stati ritenuti esempi di inottemperanza chiara e reiterata i casi di omessa consultazione della BCE da parte di Cipro, Grecia, Ungheria, Irlanda e Italia.

Sviluppi giuridici legati all’MVU: la Commissione amministrativa del riesame

La Commissione amministrativa del riesame, formata da cinque membri permanenti e da due supplenti, effettua il riesame amministrativo interno delle decisioni di vigilanza della BCE. Dalla sua entrata in funzione nel settembre 2014 ha analizzato diverse decisioni di vigilanza oggetto di contestazione, su richiesta di soggetti loro destinatari.

Conformità al divieto di finanziamento monetario e accesso privilegiato

Ai sensi dell’articolo 271, lettera d), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la BCE ha il compito di accertare il rispetto, da parte delle banche centrali nazionali (BCN) dell’UE e della BCE stessa, dei divieti derivanti dagli articoli 123 e 124 del Trattato e dai Regolamenti (CE) n. 3603/93 e n. 3604/93 del Consiglio. L’articolo 123 proibisce alla BCE e alle BCN di concedere scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia a governi e a istituzioni, organi od organismi dell’UE, nonché di acquistare strumenti di debito direttamente da questi. L’articolo 124 vieta qualsiasi misura, non basata su considerazioni prudenziali, che offra a governi e a istituzioni, organi od organismi dell’UE un accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie. Parallelamente al Consiglio direttivo, la Commissione europea verifica l’osservanza delle disposizioni sopra menzionate da parte degli Stati membri.

La BCE segue anche gli acquisti effettuati sul mercato secondario dalle banche centrali dell’UE di strumenti di debito emessi dal settore pubblico nazionale, dai settori pubblici di altri Stati membri nonché da istituzioni e organi dell’UE. Ai sensi dei considerando del Regolamento (CE) n. 3603/93 del Consiglio, l’acquisizione di strumenti di debito del settore pubblico sul mercato secondario non deve servire ad aggirare il divieto sancito dall’articolo 123 del Trattato. Tali acquisti non devono diventare una forma di finanziamento monetario indiretto del settore pubblico.

L’esercizio di monitoraggio svolto per il 2015 conferma che le disposizioni degli articoli 123 e 124 del Trattato e i relativi regolamenti del Consiglio sono stati in generale rispettati.

Il monitoraggio ha messo in evidenza che nel 2015 non tutte le BCN dell’UE disponevano di politiche di remunerazione dei depositi del settore pubblico pienamente conformi ai limiti massimi previsti. In particolare, alcune BCN devono assicurare che il massimale per la remunerazione dei depositi sia il tasso di interesse overnight sui depositi privi di garanzia anche quando quest’ultimo è negativo.

La riduzione delle attività collegate alla liquidazione della IBRC che la Banc Ceannais na hÉireann / Central Bank of Ireland ha operato nel corso del 2015, anche mediante vendite di obbligazioni a tasso variabile a lungo termine, rappresenta un passo sulla via necessaria della totale cessione di tali attività. Tuttavia, un piano di vendite più energico attenuerebbe ulteriormente i seri e persistenti dubbi in merito ai rischi di finanziamento monetario.

Facendo seguito ai timori espressi nel suo Rapporto annuale per il 2014, la BCE ha continuato a tenere sotto osservazione diversi programmi avviati dalla Magyar Nemzeti Bank nel 2014, non collegati alla politica monetaria, che potrebbero essere considerati potenzialmente in conflitto con il divieto di finanziamento monetario, se visti come un’assunzione di compiti propri dello Stato da parte della banca centrale ungherese o un’attribuzione di vantaggi allo Stato stesso. Tali iniziative comprendevano acquisti di immobili a scopo di investimento, un programma per promuovere la cultura finanziaria condotto attraverso una rete di sei fondazioni, l’assorbimento di personale precedentemente assunto dall’Autorità di vigilanza finanziaria ungherese e un programma di acquisto di opere d’arte e beni culturali ungheresi. Poiché i suoi timori non sono stati fugati nel corso del 2015, la BCE continuerà a seguire attentamente queste operazioni allo scopo di garantire che la loro attuazione non determini un conflitto con il divieto di finanziamento monetario. La Magyar Nemzeti Bank dovrebbe altresì assicurare che le risorse proprie da essa conferite alla sua rete di fondazioni non siano utilizzate, per via diretta o indiretta, a fini di finanziamento dello Stato.

Nel 2015 la Magyar Nemzeti Bank ha acquisito la partecipazione di maggioranza della Budapest Stock Exchange; l’operazione potrebbe essere considerata motivo di preoccupazione in merito ai rischi di finanziamento monetario, poiché la banca centrale ungherese ha di fatto impiegato risorse proprie per concorrere a un obiettivo di politica economica che viene generalmente ritenuto di competenza del governo. La Magyar Nemzeti Bank ha altresì deciso diverse modifiche degli strumenti di politica monetaria per sostenere il proprio programma di autofinanziamento. Alla luce dei conseguenti incentivi all’acquisto di titoli di Stato denominati in fiorini ungheresi da parte delle banche, alcune delle modifiche, prese nel loro insieme, potrebbero essere considerate un modo per aggirare il divieto di accesso privilegiato di cui all’articolo 124 del Trattato. La BCE invita la Magyar Nemzeti Bank a condurre un attento esame di tali operazioni per evitare qualsivoglia conflitto con i divieti di finanziamento monetario e di accesso privilegiato.

La Bank of Greece ha rimborsato un prestito erogato allo Stato greco nell’ambito dello Stand-By Arrangement dell’FMI, utilizzando consistenze in DSP i cui rischi e benefici erano in capo alla stessa banca centrale. Il rimborso ha sollevato seri timori riguardo al finanziamento monetario, poiché di fatto ha comportato il finanziamento da parte della Bank of Greece di un’obbligazione del settore pubblico nei confronti di un terzo. L’accordo sulle procedure per la detenzione e la gestione dei conti in DSP allocati dall’FMI, concluso con il governo greco nel dicembre 2015, evita il ripetersi di situazioni analoghe in futuro.

Le relazioni internazionali ed europee

Le relazioni europee

Sulla scorta degli insegnamenti della crisi, nel corso dell’anno sono stati compiuti ulteriori passi per completare l’unione bancaria, contrastare la frammentazione nel settore finanziario e proseguire il risanamento di quest’ultimo nell’area dell’euro, grazie alla proposta della Commissione europea su un sistema europeo di assicurazione dei depositi e all’istituzione del Meccanismo di risoluzione unico. Anche la situazione economica nell’area dell’euro e i negoziati sull’assistenza finanziaria alla Grecia hanno dominato il programma di lavoro delle riunioni dell’Eurogruppo e del Consiglio Ecofin, alle quali hanno partecipato il Presidente della BCE e gli altri membri del suo Comitato esecutivo. La necessità di una strategia coerente per le politiche in ambito fiscale, finanziario e strutturale volta a promuovere la ripresa in Europa ha trovato ampio spazio nelle riunioni del Consiglio europeo e nei Vertici euro a cui è stato invitato il Presidente della BCE. Nel 2015 la BCE ha continuato a dialogare intensamente con istituzioni e consessi europei quali in particolare il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, il Consiglio Ecofin, l’Eurogruppo e la Commissione europea.

Il completamento dell’Unione economica e monetaria

Il Presidente della BCE, unitamente ai Presidenti di Commissione europea, Vertice euro, Eurogruppo e Parlamento europeo, ha contribuito alla stesura di una relazione intitolata “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa”, pubblicata il 22 giugno 2015. In linea con il mandato del Vertice euro di ottobre 2014 di predisporre i passi successivi per il miglioramento della governance economica nell’area dell’euro, il documento delinea una tabella di marcia in tre fasi verso la realizzazione di un’Unione economica e monetaria profonda e autentica.

Facendo seguito alla relazione, il 21 ottobre 2015 la Commissione europea ha adottato un pacchetto che indica la via da seguire per l’attuazione delle proposte a breve termine in essa formulate, che verteva nello specifico sui comitati nazionali per la competitività, sull’istituzione del Comitato europeo per le finanze pubbliche e sui progressi da compiere verso una rappresentanza esterna unica dell’area dell’euro nei consessi internazionali, soprattutto presso l’FMI.

Questi sono primi passi verso il miglioramento del quadro di governance economica. In prospettiva, occorrerebbe chiarire e rafforzare il mandato e l’indipendenza istituzionale del Comitato europeo per le finanze pubbliche, affinché possa svolgere un ruolo importante nell’accrescere la trasparenza e il rispetto delle regole di bilancio[71]. A loro volta, i consigli per la competitività potrebbero imprimere nuovo slancio all’attuazione delle riforme strutturali nei paesi dell’area dell’euro, ma dovranno essere disegnati in modo tale da assicurare la loro indipendenza, sia singolarmente sia come rete a livello dell’area[72]. Da parte sua, la BCE ha continuato a propugnare l’adozione di misure decise per il completamento dell’unione bancaria, fra cui dovrebbero rientrare la creazione di un credibile strumento comune di sostegno al Fondo di risoluzione unico e l’introduzione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi. Al riguardo, la BCE accoglie con favore il progetto di regolamento della Commissione sull’istituzione di tale sistema. Oltre all’unione bancaria, anche un’unione dei mercati dei capitali a livello europeo può rafforzare l’Unione economica e monetaria, migliorando la ripartizione transfrontaliera dei rischi e aumentando la capacità di tenuta del sistema finanziario; essa può inoltre ampliare e agevolare l’accesso al finanziamento e promuovere ulteriori progressi nell’integrazione finanziaria su scala europea[73].

In prospettiva, queste misure di breve termine devono essere attuate tempestivamente, come indicato nella relazione. Si dovrebbe quindi procedere con la massima rapidità a definire in dettaglio la visione di lungo periodo per l’Unione economica e monetaria. La BCE ha spesso sottolineato la necessità di un’applicazione coerente e puntuale delle disposizioni del quadro vigente, nonché di una maggiore condivisione della sovranità a medio e lungo termine, ad esempio attraverso un assetto di governance rafforzato che si fondi non più sulle regole ma sulle istituzioni. L’Eurosistema è pronto a contribuire ai lavori in tal senso.

L’adempimento degli obblighi di responsabilità democratica

La BCE è tenuta a rendere conto del proprio operato al Parlamento europeo, in quanto istituzione che riunisce i rappresentanti eletti dei cittadini dell’UE. Nel 2015 il Presidente della BCE ha partecipato a quattro audizioni periodiche della commissione parlamentare per i problemi economici e monetari, svoltesi il 23 marzo, il 15 giugno, il 23 settembre e il 12 novembre. In tali occasioni gli europarlamentari hanno insistito soprattutto sulla situazione economica dell’area dell’euro, sul programma ampliato di acquisto di attività della BCE, sui programmi di aggiustamento macroeconomico e sulla riforma della governance nell’area. In aggiunta alle audizioni periodiche, il Presidente ha preso parte al dibattito in plenaria del 25 febbraio dedicato alla risoluzione del Parlamento europeo sul Rapporto annuale della BCE per il 2013. Inoltre, il 20 aprile il Vicepresidente della BCE ha presentato il Rapporto annuale della Banca per il 2014 alla commissione per i problemi economici e monetari, mentre il 16 giugno Yves Mersch, membro del Comitato esecutivo, ha partecipato a un’audizione pubblica della stessa commissione su Target2-Securities.

La BCE assolve altresì i suoi obblighi di rendicontazione fornendo un’informativa periodica e rispondendo alle interrogazioni scritte presentate da membri del Parlamento europeo, il cui numero è considerevolmente aumentato. Nel 2015 sono infatti pervenute 179 interrogazioni, più di quante ricevute nell’intera legislatura precedente (cfr. figura 3). Le relative risposte sono pubblicate nel sito Internet della BCE. La maggior parte delle interrogazioni ha riguardato l’attuazione delle misure non convenzionali di politica monetaria della BCE, le prospettive economiche e i programmi di aggiustamento macroeconomico.

Figura 3

Numero di interrogazioni scritte di membri del Parlamento europeo

Fonte: BCE.

Come già in passato, la BCE ha contribuito alle discussioni del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE sulle proposte legislative che ricadono nella sua sfera di competenza.

Inoltre, la BCE è tenuta a rendere conto delle proprie attività di vigilanza bancaria al Parlamento europeo e al Consiglio dell’UE. A tal fine, la Presidente del Consiglio di vigilanza della BCE è comparsa dinanzi alla commissione per i problemi economici e monetari e al Parlamento europeo in cinque occasioni, partecipando altresì ad alcune riunioni dell’Ecofin e dell’Eurogruppo. Maggiori informazioni al riguardo sono reperibili nel Rapporto annuale della BCE sulle attività di vigilanza del 2015.

Le relazioni internazionali

In un difficile contesto internazionale, la BCE ha partecipato alle discussioni di consessi internazionali, raccolto informazioni e svolto attività di comunicazione delle proprie politiche, rinsaldando così i rapporti con controparti internazionali di primo piano. Ciò era di particolare importanza lo scorso anno, in una situazione in cui le autorità monetarie di tutto il mondo si apprestavano ad aggiustare il proprio orientamento di politica monetaria.

G20

In un contesto di moderata ripresa dell’economia mondiale e di maggiore volatilità in alcuni paesi emergenti, la BCE ha contribuito attivamente alle discussioni del G20, incentrate sulla promozione della crescita mondiale e sul rafforzamento della capacità di tenuta delle economie, ponendo l’accento sulla rigorosa attuazione dei piani di riforme. Sullo sfondo di fondamentali decisioni di policy, in ambito monetario e non, è stato affrontato anche il tema delle ripercussioni a livello mondiale di politiche economiche nazionali. Si è sottolineato come, per mitigare l’incertezza e le ricadute negative, occorra calibrare attentamente decisioni e interventi sul piano delle politiche nonché spiegarli con chiarezza.

In occasione del vertice di Antalya, i leader del G20 hanno illustrato i progressi compiuti nell’attuare strategie di crescita che incrementino il livello del PIL aggregato (almeno) del 2 per cento entro il 2018. Il vertice ha accolto con favore il completamento di alcuni elementi essenziali del programma di riforme finanziarie, rimarcando la necessità di una loro coerente attuazione. I leader del G20 hanno inoltre esaminato l’evoluzione di altre iniziative mondiali, con particolare riguardo al progetto “Base Erosion and Profit Shifting”, volto a modernizzare le regole fiscali internazionali. Nel complesso, gli interventi del G20 dovrebbero innalzare la crescita effettiva e potenziale, sostenere la creazione di posti di lavoro, rafforzare la capacità di tenuta, promuovere lo sviluppo e improntare le politiche a una maggiore inclusività.

Le questioni di policy connesse all’FMI e all’architettura finanziaria internazionale

La BCE ha svolto un ruolo attivo nelle discussioni sull’architettura finanziaria internazionale tenutesi presso l’FMI. Per contribuire a rafforzare la voce dell’UE e dell’area dell’euro, la Banca ha sostenuto il coordinamento di posizioni comuni. Nel 2015 l’FMI ha condotto il riesame quinquennale del metodo di valutazione dei diritti speciali di prelievo (DSP), al fine di assicurare che il paniere dei DSP continui a riflettere l’importanza relativa delle principali valute nei sistemi finanziari e di negoziazione a livello mondiale. Un tema centrale delle discussioni nell’ambito di tale esercizio ha riguardato la possibilità di ampliare il paniere dei DSP per includervi il renminbi cinese. Nel periodo antecedente il riesame, le autorità cinesi avevano intrapreso una serie di riforme per rafforzare il libero utilizzo della valuta nazionale. Il 30 novembre 2015 il Consiglio di amministrazione dell’FMI ha approvato l’inserimento del renminbi nel paniere dei DSP a decorrere dal 1° ottobre 2016.

Figura 4

Composizione del paniere di valute dei DSP da ottobre 2016

Fonte: FMI.

La riforma delle quote e della governance dell’FMI, concordata nel 2010, è rimasta in sospeso per tutto il 2015 per la mancata ratifica degli Stati Uniti, maggiore membro del Fondo. Alla fine dell’anno, tuttavia, il Congresso statunitense ha autorizzato la ratifica delle riforme a determinate condizioni. Con l’attuazione delle nuove regole, l’FMI godrà di un migliore assetto di governance, che rispecchierà più fedelmente il ruolo delle economie avanzate, e registrerà un significativo aumento delle risorse provenienti dalle quote. La BCE è favorevole a mantenere un FMI forte, dotato di risorse adeguate e basato sulle quote, riducendo la sua dipendenza da fondi presi a prestito. Nel 2015 si è continuato a lavorare a ipotesi di riforme che migliorino la flessibilità del quadro dell’FMI per l’erogazione di finanziamenti. Il Fondo ha altresì svolto un ampio riesame dei programmi condotti in 27 paesi (comprendenti 23 accordi di finanziamento) tra il 2008 e il 2015, analizzando, fra l’altro, la strategia di aggiustamento per i membri di un’unione valutaria e il ruolo del finanziamento regionale per i programmi nell’area dell’euro.

La cooperazione tecnica

La BCE ha continuano a espandere la cooperazione tecnica con le banche centrali dei paesi non appartenenti all’UE. Per quanto concerne le banche centrali di paesi che hanno la prospettiva di entrare nell’Unione, il lavoro si è incentrato su due programmi di cooperazione e sulle attività connesse a una serie di seminari regionali. I due programmi di cooperazione, attuati in raccordo con le BCN e finanziati dall’UE, erano rivolti alla banca centrale del Montenegro, alla banca centrale della Repubblica del Kosovo, alla Banca di Albania e alla Banca nazionale della Repubblica di Macedonia. I seminari regionali sono stati dedicati alle sfide istituzionali legate all’ingresso nell’UE, alla vigilanza macro e microprudenziale nonché al rafforzamento dell’utilizzo delle valute locali nei sistemi finanziari interni. La cooperazione tecnica integra l’analisi e il monitoraggio periodico degli andamenti economici e finanziari nei paesi candidati e potenziali candidati all’adesione all’UE e il dialogo di politica economica con le banche centrali di tali paesi. La BCE ha inoltre proseguito la cooperazione con le banche centrali di paesi emergenti del G20, mirando a uno scambio di competenze tecniche e migliori prassi. A questo riguardo, nel 2015 la Banca ha sottoscritto un nuovo protocollo di intesa con la Reserve Bank of India.

L’attività di comunicazione esterna

Spiegare la politica monetaria ai cittadini europei

La comunicazione rappresenta uno strumento indispensabile per sostenere l’efficacia della politica monetaria della BCE e promuovere la fiducia tra i cittadini dell’area dell’euro. La BCE si è adoperata fin dall’inizio per conseguire un alto grado di trasparenza; a titolo di esempio, è stata la prima grande banca centrale a tenere regolarmente conferenze stampa dopo le riunioni di politica monetaria.

Negli anni successivi allo scoppio della crisi finanziaria è divenuto ancor più importante per la BCE spiegare con chiarezza e trasparenza le proprie decisioni di politica monetaria, che hanno incluso anche una serie di misure non convenzionali. Se il pubblico e i mercati finanziari capiscono quale possa essere la risposta della BCE a una determinata situazione, possono formarsi aspettative ragionevoli in merito alla politica monetaria futura. Quanto migliore è la comprensione, tanto più rapidamente le modifiche della politica monetaria si riflettono sulle variabili finanziarie. Ciò può accelerare la trasmissione della politica monetaria alle decisioni di investimento e di consumo e far sì che aggiustamenti economici eventualmente necessari si concretizzino con maggiore rapidità.

Nel 2015 le attività di comunicazione della BCE sono state improntate al perseguimento di una maggiore trasparenza, con l’obiettivo di accrescere la responsabilità dell’istituzione per l’operato svolto. La BCE conduce la politica monetaria per 338 milioni di cittadini nell’area dell’euro, utilizzando 16 lingue diverse. Gestisce questa pluralità avvalendosi del vantaggio intrinseco derivante dalla presenza di 19 banche centrali nazionali nell’Eurosistema. I colleghi in ciascun paese assicurano che i messaggi della BCE siano ascoltati e compresi nel contesto locale.

Nel 2015 la BCE ha dovuto mettere in campo ulteriori misure non convenzionali per assolvere il proprio mandato in una situazione di sempre maggiore incertezza. Ciò ha reso ancora più pressante il dovere di spiegare ai cittadini europei perché sia stata scelta una certa linea di azione anziché un’altra.

La pubblicazione dei resoconti delle riunioni di politica monetaria

Nel 2014 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di pubblicare i resoconti delle proprie riunioni di politica monetaria a partire dall’inizio del 2015. Tali resoconti, diffusi in genere quattro settimane dopo ciascuna riunione, aiutano a comprendere meglio la valutazione degli andamenti economici da parte del Consiglio direttivo e le sue risposte sul piano delle politiche. Essi sintetizzano in forma anonima la discussione sull’analisi economica e monetaria e sull’orientamento di politica monetaria. La pubblicazione dei resoconti rafforza la responsabilità e l’efficacia della BCE e contribuisce ad affrontare la sfida di condurre la politica monetaria in un’unione composta da più paesi, realizzando nel contempo gli intenti strategici dell’Eurosistema e dell’MVU di responsabilità, indipendenza, credibilità e vicinanza ai cittadini.

I principi guida della comunicazione esterna

Nell’ulteriore tentativo di migliorare la trasparenza, il Comitato esecutivo della BCE ha deciso altresì che, a decorrere da novembre 2015, i calendari degli impegni di tutti i membri del Comitato esecutivo sarebbero stati pubblicati periodicamente trascorso un periodo di tre mesi. Anche questa misura mette in luce l’impegno della BCE a favore della trasparenza e della responsabilità.

Nel corso del 2015 la comunicazione della Banca si è concentrata sull’espansione della sua politica monetaria accomodante, e in particolare sull’attuazione del programma ampliato di acquisto di attività. A novembre si è concluso il primo anno della BCE quale autorità di vigilanza bancaria. I discorsi tenuti in pubblico dai membri del Comitato esecutivo e del Consiglio di vigilanza e i loro contatti con i media sono stati dedicati in gran parte a queste tematiche.

In aggiunta, i membri del Comitato esecutivo sono comparsi dinanzi al Parlamento europeo per spiegare al legislatore le azioni intraprese e migliorare così la conoscenza e la comprensione da parte dei cittadini di compiti e politiche dell’Eurosistema (per maggiori dettagli cfr. la sezione 7 di questo capitolo).

Negli interventi pronunciati in pubblico o a porte chiuse come pure negli incontri bilaterali, i membri del Comitato esecutivo si attengono a un insieme di principi guida che mirano a salvaguardare l’integrità dell’istituzione.

Queste recenti decisioni rappresentano ulteriori progressi verso una maggiore trasparenza.

Spiegare il funzionamento della BCE: il nuovo sito Internet

Uno dei canali per raggiungere i cittadini nell’intera area dell’euro è costituito dalla rete Internet. Nel 2015 la BCE ha introdotto un nuovo sito Internet per migliorare la navigazione e l’accessibilità dei contenuti. Vi è compresa una nuova sezione in cui gli argomenti di maggior rilievo sono spiegati utilizzando un linguaggio semplice e strumenti multimediali. Un video, ad esempio, mostra il funzionamento della piattaforma T2S per il regolamento delle operazioni in titoli. La pagina iniziale del sito riserva ampio spazio ai comunicati stampa della BCE, nonché a discorsi e interviste dei membri del Comitato esecutivo. Il profilo Twitter della Banca conta ora più di 300.000 follower e viene impiegato per segnalare pubblicazioni e messaggi chiave tratti dai discorsi, mentre YouTube è utilizzato per pubblicare contenuti video e Flickr per le fotografie. Inoltre, la BCE è adesso presente anche su Linkedin.

Due nuovi strumenti migliorano l’accessibilità delle statistiche. Il sito Internet “Le nostre statistiche”, sviluppato in collaborazione con le BCN dell’Eurosistema, rende più agevole la consultazione delle statistiche nazionali e dell’area dell’euro. L’applicazione ECBstatsApp permette di accedere rapidamente e con facilità ai dati pubblicati nello Statistical Data Warehouse della BCE.

L’inaugurazione della nuova sede della BCE

La nuova sede nella BCE, realizzata nel sito degli ex mercati generali di Francoforte, è stata inaugurata ufficialmente a marzo. La cerimonia di inaugurazione si è svolta nonostante le manifestazioni anticapitalistiche tenute di fronte alla sede principale e in tutta la città di Francoforte. Il complesso ospita uffici per un massimo di 2.900 dipendenti, oltre alla sala riservata alle riunioni del Consiglio direttivo, ubicata al piano più alto. La BCE ha accompagnato la fase di costruzione e l’inaugurazione dell’edificio con un ampio ventaglio di attività mediatiche ed eventi, offrendo ad esempio visite guidate e invitando la cittadinanza a una Giornata delle porte aperte.

Nell’ala est del complesso è allestito al piano interrato un memoriale che ricorda i prigionieri ebrei deportati fra il 1941 e il 1945. L’opera, risultato di un progetto in collaborazione con la Comunità ebraica e il Comune di Francoforte sul Meno, è stata inaugurata ufficialmente nel novembre 2015.

Figura 5

La nuova sede in numeri

Fonte: BCE.

Allegato 1 L’assetto istituzionale

Gli organi decisionali e la governance interna della BCE

L’Eurosistema e il SEBC sono retti dagli organi decisionali della BCE: il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo. È stato costituito un terzo organo decisionale della BCE, il Consiglio generale, che rimarrà in essere fino a quando l’euro non verrà adottato da tutti gli Stati membri. Il funzionamento dei suddetti organi è regolato dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, dallo Statuto del SEBC e dai relativi regolamenti interni[74]. Il processo decisionale all’interno dell’Eurosistema e del SEBC è centralizzato, ma la BCE e le banche centrali nazionali (BCN) dell’area dell’euro contribuiscono congiuntamente, sul piano strategico e operativo, a conseguire gli obiettivi comuni dell’Eurosistema, nel dovuto rispetto del principio di decentramento, in conformità con lo Statuto del SEBC.

Il Consiglio direttivo

Il principale organo decisionale della BCE è il Consiglio direttivo, che comprende i membri del Comitato esecutivo e i governatori delle BCN dei paesi dell’area dell’euro. L’allargamento dell’area dell’euro alla Lituania (diciannovesimo stato membro), dal 1° gennaio 2015, ha determinato l’attuazione di un sistema di rotazione per il diritto di voto dei membri del Consiglio direttivo.

A decorrere da gennaio 2015 le riunioni dedicate alla politica monetaria si tengono ogni sei settimane. Il resoconto di tali incontri è pubblicato solitamente a distanza di 4 settimane.

Il Consiglio direttivo

Mario Draghi Presidente della BCE

Vítor Constâncio Vicepresidente della BCE

Josef Bonnici Governatore della Bank Ċentrali ta’ Malta/Central Bank of Malta

Luc Coene Governatore della Nationale Bank van België/ Banque Nationale de Belgique (fino al 10 marzo 2015)

Benoît Cœuré Membro del Comitato esecutivo della BCE

Carlos Costa Governatore del Banco de Portugal

Chrystalla Georghadji Governatore della Central Bank of Cyprus

Ardo Hansson Governatore della Eesti Pank

Patrick Honohan Governatore della Banc Ceannais na hÉireann / Central Bank of Ireland (fino al 25 novembre 2015)

Boštjan Jazbec Governatore della Banka Slovenije

Klaas Knot Presidente della Nederlandsche Bank

Philip R. Lane Governatore della Banc Ceannais na hÉireann / Central Bank of Ireland (dal 26 novembre 2015)

Sabine Lautenschläger Membro del Comitato esecutivo della BCE

Erkki Liikanen Governatore della Suomen Pankki - Finlands Bank

Luis M. Linde Governatore del Banco de España

Jozef Makúch Governatore della Národná banka Slovenska

Yves Mersch Membro del Comitato esecutivo della BCE

Ewald Nowotny Governatore della Oesterreichische Nationalbank

Christian Noyer Governatore della Banque de France (fino al 31 ottobre 2015)

Peter Praet Membro del Comitato esecutivo della BCE

Gaston Reinesch Governatore della Banque centrale du Luxembourg

Ilmārs Rimšēvičs Governatore della Latvijas Banka

Jan Smets Governatore della Nationale Bank van België/ Banque Nationale de Belgique (dall’11 marzo 2015)

Yannis Stournaras Governatore della Bank of Greece

Vitas Vasiliauskas Presidente del Consiglio di amministrazione della Lietuvos bankas

François Villeroy de Galhau Governatore della Banque de France (dal 1° novembre 2015)

Ignazio Visco Governatore della Banca d’Italia

Jens Weidmann Presidente della Deutsche Bundesbank

Prima fila (da sinistra): Carlos Costa, Ignazio Visco, Sabine Lautenschläger, Vítor Constâncio, Mario Draghi, Chrystalla Georghadji, Yannis Stournaras, Philip R. Lane, Yves Mersch

Seconda fila (da sinistra): Benoît Cœuré, Ewald Nowotny, Josef Bonnici, Jozef Makúch, Luis M. Linde, Ilmārs Rimšēvičs, Erkki Liikanen

Terza fila (da sinistra): Boštjan Jazbec, Peter Praet, François Villeroy de Galhau, Jan Smets, Gaston Reinesch, Klaas Knot, Ardo Hansson, Vitas Vasiliauskas

Nota: Jens Weidmann non era presente quando è stata scattata la fotografia.

Il Comitato esecutivo

Il Comitato esecutivo comprende il Presidente e il Vicepresidente della BCE e altri quattro membri nominati dal Consiglio europeo, con delibera a maggioranza qualificata previa consultazione del Parlamento europeo e della BCE.

Il Comitato esecutivo

Mario Draghi Presidente della BCE

Vítor Constâncio Vicepresidente della BCE

Benoît Cœuré Membro del Comitato esecutivo della BCE

Sabine Lautenschläger Membro del Comitato esecutivo della BCE

Yves Mersch Membro del Comitato esecutivo della BCE

Peter Praet Membro del Comitato esecutivo della BCE

Prima fila (da sinistra): Sabine Lautenschläger, Mario Draghi (Presidente), Vítor Constâncio (Vicepresidente)

Seconda fila (da sinistra): Yves Mersch, Peter Praet, Benoît Cœuré

Il Consiglio generale

Il Consiglio generale è composto dal Presidente e dal Vicepresidente della BCE e dai governatori delle BCN di tutti i 28 Stati membri dell’UE.

Il Consiglio generale

Mario Draghi Presidente della BCE

Vítor Constâncio Vicepresidente della BCE

Marek Belka Presidente della Narodowy Bank Polski

Josef Bonnici Governatore della Bank Ċentrali ta’ Malta/Central Bank of Malta

Mark Carney Governatore della Bank of England

Luc Coene Governatore della Nationale Bank van België/ Banque Nationale de Belgique (fino al 10 marzo 2015)

Carlos Costa Governatore del Banco de Portugal

Chrystalla Georghadji Governatore della Central Bank of Cyprus

Ardo Hansson Governatore della Eesti Pank

Patrick Honohan Governatore della Banc Ceannais na hÉireann / Central Bank of Ireland (fino al 25 novembre 2015)

Stefan Ingves Governatore della Sveriges Riksbank

Mugur Constantin Isărescu Governatore della Banca Naţională a României

Ivan Iskrov Governatore della of Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) (fino al 14 luglio 2015)

Boštjan Jazbec Governatore della Banka Slovenije

Klaas Knot Presidente della Nederlandsche Bank

Philip R. Lane Governatore della Banc Ceannais na hÉireann / Central Bank of Ireland (dal 26 novembre 2015)

Erkki Liikanen Governatore della Suomen Pankki - Finlands Bank

Luis M. Linde Governatore del Banco de España

Jozef Makúch Governatore della Národná banka Slovenska

György Matolcsy Governatore della Magyar Nemzeti Bank

Ewald Nowotny Governatore della Oesterreichische Nationalbank

Christian Noyer Governatore della Banque de France (fino al 31 ottobre 2015)

Dimitar Radev Governatore della Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) (dal 15 luglio 2015)

Gaston Reinesch Governatore della Banque centrale du Luxembourg

Ilmārs Rimšēvičs Governatore della Latvijas Banka

Lars Rohde Governatore della Danmarks Nationalbank

Miroslav Singer Governatore della Česká národní banka

Jan Smets Governatore della Nationale Bank van België/ Banque Nationale de Belgique (dall’11 marzo 2015)

Yannis Stournaras Governatore della Bank of Greece

Vitas Vasiliauskas Presidente del Consiglio di amministrazione della Lietuvos bankas

François Villeroy de Galhau Governatore della Banque de France (dal 1° novembre 2015)

Ignazio Visco Governatore della Banca d’Italia

Boris Vujčić Governatore della Hrvatska narodna banka

Jens Weidmann Presidente della Deutsche Bundesbank

Prima fila (da sinistra): Marek Belka, Carlos Costa, Ignazio Visco, Vítor Constâncio, Mario Draghi, Chrystalla Georghadji, Yannis Stournaras, Philip R. Lane, Erkki Liikanen

Seconda fila (da sinistra): Mugur Constantin Isărescu, Ewald Nowotny, Josef Bonnici, Jozef Makúch, Boris Vujčić, Lars Rohde, Luis M. Linde, Ilmārs Rimšēvičs, Dimitar Radev

Terza fila (da sinistra): Boštjan Jazbec, Sir Jon Cunliffe (Vicegovernatore della Bank of England), François Villeroy de Galhau, Jan Smets, Gaston Reinesch, Klaas Knot, Ardo Hansson, Vitas Vasiliauskas, Miroslav Singer, Stefan Ingves

Nota: Mark Carney, Jens Weidmann e György Matolcsy non erano presenti quando è stata scattata la fotografia.

La governance interna

Oltre agli organi decisionali, il sistema di governance interna della BCE comprende due comitati di alto livello – il Comitato di audit e il Comitato etico – nonché vari ulteriori livelli di controllo esterni e interni. Il sistema di governance è completato dal quadro etico della BCE, dalla Decisione della BCE (BCE/2004/11) riguardante le condizioni e le modalità delle indagini per la lotta antifrode, e dal regolamento sull’accesso ai documenti della BCE. In seguito all’istituzione del Meccanismo di vigilanza unico (MVU), le questioni di governance interna hanno acquisito ancora maggior rilievo per la BCE.

Il Comitato di audit

Il Comitato di audit della BCE assiste il Consiglio direttivo prestando consulenza e formulando pareri in merito a: a) integrità delle informazioni finanziarie, b) sorveglianza sui controlli interni, c) rispetto di leggi, regolamenti e codici di condotta applicabili, d) assolvimento delle funzioni di revisione. Il suo mandato è consultabile sul sito internet della BCE. Il Comitato di audit è presieduto da Erkki Liikanen e nel 2015 comprendeva altri quattro membri: Vítor Constâncio, Ewald Nowotny, Hans Tietmeyer e Jean-Claude Trichet.

Il Comitato etico

Al fine di assicurare un’adeguata e coerente attuazione dei diversi codici di condotta degli organi coinvolti nei processi decisionali della BCE, il Comitato etico, divenuto operativo dopo la nomina dei membri nel secondo trimestre del 2015, fornisce pareri e orientamenti su questioni etiche ai membri del Consiglio direttivo, del Comitato esecutivo e del Consiglio di vigilanza. Il suo mandato è consultabile sul sito internet della BCE. Il Comitato etico è presieduto da Jean-Claude Trichet e comprende altri due membri esterni: Klaus Liebscher e Hans Tietmeyer.

Livelli di controllo esterni e interni

Livelli esterni di controllo

Lo Statuto del SEBC prevede due livelli esterni di controllo, quello dei revisori esterni, nominati a rotazione con incarico quinquennale per verificare il bilancio della BCE, e quello della Corte dei conti europea, che esamina l’efficienza operativa della gestione della BCE.

Livelli interni di controllo

La BCE ha un sistema di controlli interni a tre livelli, comprendente: a) controlli sulla gestione, b) varie funzioni di sorveglianza dei rischi e della conformità, c) garanzia di revisione indipendente.

La struttura di controllo interno della BCE si fonda su un approccio funzionale per cui ciascuna unità organizzativa (Sezione, Divisione, Direzione o Direzione generale) ha la responsabilità primaria di gestire i propri rischi, nonché di assicurare l’efficacia e l’efficienza delle proprie attività.

La funzione di sorveglianza prevede meccanismi di sorveglianza e processi efficaci per ottenere un controllo adeguato dei rischi finanziari e operativi. Tali funzioni di controllo di secondo livello sono svolte dalle funzioni interne della BCE (quali la funzione di bilancio e controllo, le funzioni di gestione dei rischi finanziari e operativi, la funzione di assicurazione della qualità per la vigilanza bancaria o la funzione di conformità) e/o – ove rilevino – dai comitati dell’Eurosistema/SEBC (ad es. il Comitato per lo sviluppo organizzativo, il Comitato per la gestione dei rischi e il Comitato per il bilancio preventivo).

In aggiunta, e indipendentemente dalla struttura di controllo interno e dal monitoraggio dei rischi della BCE, gli incarichi di revisione sono svolti dalla funzione di revisione interna su mandato diretto del Comitato esecutivo, in conformità con lo Statuto dei revisori della BCE. Le attività di revisione interna della BCE sono conformi agli standard internazionali di pratica professionale dell’Institute of Internal Auditors. Inoltre, il Comitato dei revisori interni, composto da esperti della materia provenienti dalla BCE, dalle BCN e dalle autorità nazionali competenti, concorre al raggiungimento degli obiettivi dell’Eurosistema e dell’MVU.

Il quadro etico della BCE

Il quadro etico della BCE è costituito dal Codice di condotta per i membri del Consiglio direttivo, dal Codice supplementare di criteri deontologici per i membri del Comitato esecutivo, dal Codice di condotta per i membri del Consiglio di vigilanza e dalle norme sul personale della BCE. Il quadro etico definisce le regole deontologiche e i principi guida per assicurare il massimo livello di integrità, competenza, efficienza e trasparenza nell’esercizio delle funzioni della BCE.

Misure antifrode/antiriciclaggio

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE hanno adottato un regolamento per consentire, tra l’altro, lo svolgimento di indagini interne da parte dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) su casi sospetti di frode presso le istituzioni, gli organi e gli uffici e le agenzie dell’UE. Nel 2004 il Consiglio direttivo ha approvato il quadro normativo riguardante le modalità e le condizioni per le indagini dell’OLAF sulla BCE in merito alla prevenzione delle frodi, della corruzione e di qualsiasi altra attività illecita. Inoltre, nel 2007 la BCE ha istituito gli schemi interni contro il riciclaggio di denaro di provenienza illecita (AML) e il finanziamento del terrorismo (CTF). Un sistema di segnalazione interno integra il quadro AML/CTF della BCE per garantire che tutte le informazioni rilevanti siano raccolte in modo sistematico e debitamente comunicate al Comitato esecutivo.

Accesso ai documenti della BCE

La decisione della BCE relativa all’accesso del pubblico ai documenti della BCE[75] è coerente con gli obiettivi e i criteri applicati dagli altri organi e istituzioni dell’UE in merito all’accesso del pubblico ai rispettivi documenti. Tale decisione accresce la trasparenza, preservando nel contempo l’indipendenza della BCE e delle BCN e garantendo la riservatezza di talune materie concernenti l’esercizio delle funzioni della BCE. Nel 2015 il regime di accesso del pubblico ai documenti della BCE è stato ulteriormente modificato per tenere conto delle nuove attività correlate all’MVU.

A ulteriore conferma dell’impegno in materia di trasparenza e responsabilità per il proprio operato, la BCE ha deciso di rendere noti, a partire da febbraio 2016, i calendari delle riunioni di tutti i membri del Comitato esecutivo a tre mesi di distanza. Inoltre, i membri del Comitato esecutivo si sono impegnati ad aderire a principi guida per la comunicazione esterna, al fine di garantire parità di condizioni e di trattamento fra i soggetti interessati (cfr. sezione 8, capitolo 2 per ulteriori dettagli).

Ufficio di conformità e governance

Come ulteriore segnale del risoluto impegno della BCE per una buona governance e i più alti livelli di etica professionale, a gennaio 2015 il Comitato esecutivo ha istituito un Ufficio di conformità e governance (CGO) ad hoc. Il CGO, che riferisce direttamente al Presidente della BCE, coadiuva il Comitato esecutivo nel preservare l’integrità e la reputazione della BCE, promuove standard di comportamento etico e rafforza la trasparenza e la responsabilità per l’operato della BCE. Inoltre, per accrescere la coerenza complessiva e l’efficacia dell’assetto di governance interna della BCE, il CGO svolge la funzione di segretariato per il Comitato per il controllo e per il Comitato etico e funge da punto di contatto per il Mediatore europeo e per l’OLAF.

Allegato 2 Comitati dell’Eurosistema/SEBC

I comitati dell’Eurosistema/SEBC hanno continuato a svolgere un importante ruolo di supporto agli organi decisionali della BCE nell’espletamento dei loro compiti. Su richiesta sia del Consiglio direttivo sia del Comitato esecutivo, i comitati hanno fornito consulenze nei rispettivi settori di competenza, agevolando il processo decisionale. La partecipazione ai comitati è generalmente riservata al personale delle banche centrali dell’Eurosistema. Tuttavia, le BCN degli Stati membri che non hanno ancora adottato l’euro partecipano alle riunioni ogniqualvolta sono esaminate questioni di competenza del Consiglio generale. Inoltre, alcuni di questi comitati si riuniscono nella composizione propria dell’MVU (ossia un membro della banca centrale e un membro dell’autorità nazionale competente di ciascuno Stato membro partecipante) quando trattano questioni attinenti alla vigilanza bancaria. Ove appropriato, possono essere invitati i rappresentanti di altri organi competenti.

Comitati dell’Eurosistema/SEBC, Comitato per il bilancio preventivo, Conferenza per le risorse umane e loro presidenti (1° gennaio 2016)

Esistono altri due comitati. Il Comitato per il bilancio preventivo assiste il Consiglio direttivo nelle questioni inerenti al bilancio della BCE. La Conferenza per le risorse umane è un consesso per lo scambio di esperienze, competenze e informazioni tra le banche centrali dell’Eurosistema/SEBC nell’ambito della gestione delle risorse umane.

Allegato 3 Sviluppi organizzativi e delle risorse umane

Organigramma della BCE (1° gennaio 2016)

Le risorse umane della BCE

Nel 2015, a seguito dell’introduzione nell’anno precedente del Meccanismo di vigilanza unico (MVU), la BCE ha svolto un riesame completo delle proprie procedure e pratiche organizzative interne. Sono state raccolte le opinioni del personale attraverso un’indagine estesa a tutta la BCE. È stata creata la figura del Responsabile generale dei servizi (Chief Services Officer, CSO) per migliorare il coordinamento delle funzioni di supporto e agevolare ulteriormente l’orientamento dei servizi di supporto verso le necessità delle istituzioni nel loro complesso. Al CSO fanno capo questioni attinenti a servizi amministrativi, servizi informatici, risorse umane, bilancio e finanza. Il CSO riferisce al Comitato esecutivo tramite il Presidente e partecipa regolarmente alle riunioni del Comitato.

Al 31 dicembre 2015 la BCE aveva un organico approvato di 2.650 unità equivalenti a tempo pieno, a fronte di 2.622 unità alla fine del 2014. L’organico effettivo della BCE risultava pari a 2.871 unità equivalenti a tempo pieno (rispetto a 2.577 al 31 dicembre 2014)[76]. Nel 2015 sono stati offerti in totale 279 nuovi contratti a tempo determinato (convertibili o meno in contratti a tempo indeterminato) e durante l’anno sono stati sottoscritti 246 contratti a breve termine, in aggiunta ad alcune estensioni di contratto, per coprire assenze di personale inferiori a un anno. Nel corso del 2015 la BCE ha continuato a offrire contratti a breve termine per periodi fino a 36 mesi a personale proveniente da BCN e organizzazioni internazionali. Il 31 dicembre 2015 lavoravano alla BCE con varie funzioni 226 dipendenti di BCN e organizzazioni internazionali, il 50 per cento in più rispetto alla fine del 2014. Nel settembre 2015 la BCE ha accolto dieci partecipanti nell’ambito della decima edizione del suo Graduate Programme e al 31 dicembre 2015 la BCE ospitava 273 tirocinanti (il 76 per cento in più rispetto al 2014). Inoltre, la BCE ha assegnato quattro borse di ricerca nell’ambito del Wim Duisenberg Research Fellowship Programme, aperto a economisti di spicco, e altre cinque borse a giovani ricercatori nell’ambito del Lamfalussy Fellowship Programme.

A maggio 2015 è stata condotta un’indagine tra il personale della BCE con un tasso di partecipazione del 90 per cento. A seguito di tale indagine sono stati sviluppati una serie di piani, a livello sia della BCE sia delle unità operative, le cui principali attività hanno riguardato: “avanzamento professionale”, “gestione del rendimento”, “collaborazione e condivisione di informazioni”, “risorse e carico di lavoro, pressione lavorativa e stress” e “apertura e correttezza”. Il piano di azione a livello della BCE era strettamente legato al riesame delle operazioni interne della BCE volto all’ottimizzazione di processi, procedure e strutture per rendere la BCE al contempo più forte e agile, e perseguiva una cultura del lavoro sostenibile.

La BCE ha continuato a sostenere il personale nel conciliare il lavoro con la vita familiare. Alla fine del 2015 lavoravano a tempo parziale 257 dipendenti (a fronte di 259 alla fine del 2014) e 36 erano in congedo parentale non retribuito (rispetto a 29 alla fine del 2014). Nel 2015, in media, il telelavoro è stato utilizzato da 846 dipendenti almeno una volta al mese.

Nel 2015 lo sviluppo professionale del personale ha continuato a essere una questione prioritaria sul piano delle risorse umane per la BCE, con l’avvio del programma di tirocini dell’MVU, l’organizzazione su base continuativa di programmi di formazione e l’impegno per un programma permanente e inclusivo di mentoring a sostegno dello sviluppo professionale del personale che ha raggiunto il limite della propria fascia salariale, nonché per aiutare l’istituzione a conseguire i propri obiettivi di diversità di genere.

Avendo già raggiunto alla fine del 2014 una quota del 24 per cento di donne in posizioni dirigenziali e del 10 per cento di donne in posizioni senior, la BCE ha conseguito i propri obiettivi intermedi di genere per fine 2015. Con l’introduzione a giugno 2013 degli obiettivi di genere (35 per cento di donne in posizioni dirigenziali e 28 per cento in posizioni di alta dirigenza entro la fine del 2019) e di un piano d’azione dedicato, la questione della diversità di genere è una priorità all’ordine del giorno della BCE, allo scopo di identificare, sviluppare e promuovere il talento femminile.

Figura 6

Percentuale di donne in posizioni dirigenziali

Fonte: BCE.

Pur in presenza di un leggero incremento del personale, 53 dipendenti con contratti a tempo determinato o indeterminato hanno lasciato la BCE per dimissioni o pensionamento nel 2015 (lo stesso numero del 2014), mentre sono giunti a scadenza 217 contratti a breve termine nel corso dell’anno.

Bilancio 2015

https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/annrep/ar2015annualaccounts_it.pdf

Stato patrimoniale consolidato dell’Eurosistema al 31 dicembre 2015

https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/eurosystembalancesheet2015.it.pdf

Sezione statistica

La sezione statistica è disponibile soltanto in formato pdf.

Sigle - Paesi

Stati membri UE Altri paesi

BE Belgio BR Brasile

BG Bulgaria CN Cina

CZ Repubblica ceca IN India

DK Danimarca ID Indonesia

DE Germania JP Giappone

EE Estonia MY Malaysia

IE Irelanda MX Messico

GR Grecia RU Russia

ES Spagna ZA Sud Africa

FR Francia KR Corea del Sud

HR Croazia TH Thailandia

IT Italia TR Turchia

CY Cipro US Stati Uniti

LV Lettonia

LT Lituania

LU Lussemburgo

HU Ungheria

MT Malta

NL Paesi Bassi

AT Austria

PL Polonia

PT Portogallo

RO Romania

SI Slovenia

SK Slovacchia

FI Finlandia

SE Svezia

UK Regno Unito

Secondo la consuetudine dell’Unione, gli Stati membri dell’UE sono elencati in questo Rapporto utilizzando l’ordine alfabetico dei nomi dei paesi nelle rispettive lingue nazionali.

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I dati contenuti in questo Rapporto sono aggiornati al 12 febbraio 2016.

Fotografie Andreas Böttcher Thorsten Jansen

ISSN 1725-2903 (epub) ISSN 1725-2903 (html) ISSN 1725-2903 (online) ISBN 978-92-899-2054-4 (epub) ISBN 978-92-899-2118-3 (html) ISBN 978-92-899-2057-5 (online) DOI 10.2866/481627 (epub) DOI 10.2866/57371 (html) DOI 10.2866/611979 (online) EU catalogue No QB-AA-16-001-IT-E (epub) EU catalogue No QB-AA-16-001-IT-Q (html) EU catalogue No QB-AA-16-001-IT-N (online)

  1. Cfr. anche il riquadro 6 dal titolo La trasmissione delle misure di politica monetaria ai mercati finanziari e all’economia reale.
  2. Per maggiori informazioni sull’allentamento delle condizioni di prestito delle banche si veda anche la sezione 1.5 del capitolo 1, che esamina i risultati recenti dell’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro.
  3. Cfr. anche Bean, C., Broda, C., Ito, T. e Kroszner, R., “Low for Long? Causes and Consequences of Persistently Low Interest Rates”, Geneva Reports on the World Economy 17, International Center for Monetary and Banking Studies, ottobre 2015.
  4. Per maggiori informazioni, cfr. Bomfim, A., “Measuring Equilibrium Real Interest Rates: What can we learn from yields on indexed bonds?”, Federal Reserve Board, luglio 2001.
  5. Per un’analisi più dettagliata dell’argomentazione secondo la quale i risparmiatori sostengono i costi dell’orientamento accomodante della politica monetaria, cfr. Bindseil, U., Domnick, C. e Zeuner, J., “Critique of accommodating central bank policies and the ’expropriation of the saver’ – A review”, Occasional Paper Series, n. 161, BCE, maggio 2015. Per ulteriori dettagli, cfr. anche l’articolo “German households’ saving and investment behaviour in light of the low-interest-rate environment”, Monthly Report, Deutsche Bundesbank, ottobre 2015.
  6. Cfr. anche il riquadro Una valutazione della recente crescita dei consumi nell’area dell’euro nel numero 7/2015 del Bollettino economico BCE.
  7. In genere, le misure dell’inflazione di fondo vengono monitorate perché consentono di seguire gli andamenti dell’inflazione e/o prevedere l’inflazione complessiva. Cfr. anche il riquadro I sottoindici dello IAPC misurano l’inflazione di fondo? nel numero di dicembre 2013 del Bollettino mensile della BCE.
  8. Cfr. anche il riquadro L’inflazione di fondo ha raggiunto un punto di svolta? nel numero 5/2015 del Bollettino economico della BCE.
  9. La media troncata al 30 per cento ha il 15 per cento troncato da ciascuna coda.
  10. Cfr. il riquadro intitolato “A first assessment of the macroeconomic impact of the refugee influx”, European Economic Forecast Autumn 2015, Commissione europea.
  11. Cfr. il riquadro Rapporto del 2015 sull’invecchiamento della popolazione: i costi dell’invecchiamento demografico in Europa nel numero 4/2015 del Bollettino economico della BCE.
  12. Per un’analisi della valutazione della Commissione, cfr. il riquadro Valutazione dei documenti programmatici di bilancio per il 2016 nel numero 8/2015 del Bollettino economico della BCE.
  13. Cfr. Anderson, D., Barkbu, B., Lusinyan, L. e Muir, D., “Assessing the Gains from Structural Reforms for Jobs and Growth”, Jobs and Growth: Supporting the European Recovery, FMI, 2013, che mostra l’evoluzione positiva del PIL nell’area dell’euro nel breve periodo.
  14. Cfr. l’articolo Progressi e possibile impatto delle riforme strutturali nell’area dell’euro nel numero 2/2015 del Bollettino economico della BCE.
  15. Cfr. la comunicazione della Commissione europea sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria del 21 ottobre 2015 e il riquadro intitolato La creazione dei comitati per la competitività nel quadro della realizzazione di un’autentica unione economica nel numero 8/2015 del Bollettino economico della BCE.
  16. Cfr. anche Altavilla, C., Carboni, C. e Motto, R., “Asset purchase programmes and financial markets: lessons from the euro area”, Working Paper Series, n. 1864, BCE, novembre 2015.
  17. Per una rassegna più approfondita delle evidenze, cfr. l’articolo La trasmissione delle recenti misure non convenzionali di politica monetaria della BCE nel numero 7/2015 del Bollettino economico della BCE e la letteratura ivi citata.
  18. Per maggiori informazioni, cfr. l’articolo Il ruolo del bilancio della banca centrale nella politica monetaria, nel numero 4/2015 del Bollettino economico della BCE.
  19. Cfr. l’articolo La trasmissione delle recenti misure non convenzionali di politica monetaria della BCE nel numero 7/2015 del Bollettino economico della BCE, e in particolare il riquadro 2, per maggiori dettagli e riscontri basati su event study.
  20. Il ruolo delle misure non convenzionali della BCE quale determinante principale di questa evoluzione trova riscontro nelle risposte all’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro. Circa un quarto delle banche partecipanti all’edizione di luglio 2015 ha segnalato che le OMRLT hanno contribuito ad allentare le condizioni alle quali le banche si finanziano sul mercato. L’impatto positivo è ancora più diffuso nel caso del PAA, che secondo quasi metà degli intervistati nell’indagine di aprile 2015 avrebbe migliorato le condizioni di finanziamento sul mercato.
  21. Come indicato dalle risposte delle banche partecipanti all’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro, tra i fattori che incidono sui criteri di concessione del credito, la concorrenza è stata la principale determinante per l’allentamento dei criteri da parte delle banche ai fini del credito alle imprese.
  22. Tuttavia, la domanda di OMRLT è cresciuta anche da parte di banche in altri paesi durante l’episodio di rivalutazione del rischio relativo al mercato obbligazionario avvenuto tra aprile e giugno 2015, quando il finanziamento con ricorso al mercato è divenuto più oneroso. È probabile che questo abbia attutito l’inasprimento delle condizioni del finanziamento bancario basato sul mercato.
  23. Dalle risposte all’indagine di luglio 2015 sul credito bancario nell’area dell’euro emerge che, per le OMRLT future, le banche si aspettano di impiegare i fondi ottenuti in prevalenza per la concessione di prestiti piuttosto che per l’acquisizione di altre attività. Tra i partecipanti all’indagine di aprile 2015, molti prevedevano di destinare la maggiore liquidità ricevuta dal PAA all’erogazione di prestiti.
  24. Queste stime si basano su un insieme di modelli, compresi modelli di serie storiche, macrofinanziari e dinamici stocastici di equilibrio generale, in cui il PAA incide sull’inflazione e sulla crescita in prevalenza attraverso il canale della durata finanziaria delle obbligazioni, contribuendo così ad appiattire la curva dei rendimenti, e attraverso i canali del tasso di cambio e del credito per un sottoinsieme di modelli.
  25. Per maggiori informazioni, cfr. il sito Internet della BCE.
  26. Per maggiori informazioni, cfr. il sito Internet della BCE.
  27. I benchmark sono determinati tenendo conto dell’accreditamento netto di ciascuna controparte verso il settore privato non finanziario dell’area dell’euro (esclusi i prestiti alle famiglie per l’acquisto di immobili residenziali), registrato nei 12 mesi fino al 30 aprile 2014.
  28. Per maggiori informazioni sull’erogazione di liquidità di emergenza, cfr. il sito Internet della BCE.
  29. Cfr. Financial Stability Review, BCE, maggio 2015 e Financial Stability Review, BCE, novembre 2015.
  30. Cfr. Report on financial structures, BCE, ottobre 2015.
  31. Per un’analisi delle definizioni possibili di sistema bancario ombra, cfr. il riquadro “Defining the shadow banking perimeter”, Report on financial structures, BCE, ottobre 2015.
  32. Global Shadow Banking Monitoring Report 2015, Financial Stability Board, 12 novembre 2015.
  33. Un numero significativo di fondi di investimento emette quote riscattabili giornalmente per finanziare attività relativamente illiquide. In termini di attività totali, il 99 per cento dei fondi di investimento diversi da quelli immobiliari è aperto, il che significa che gli investitori possono riscattare le proprie quote con un preavviso piuttosto breve. Nel caso dei fondi immobiliari, tale quota è più bassa (80 per cento) e i preavvisi sono spesso maggiori, di riflesso all’elevata illiquidità delle attività in cui investono.
  34. Cfr. il riquadro “Synthetic leverage in the investment fund sector”, Financial Stability Review, BCE, maggio 2015.
  35. Cfr. il riquadro “Debt securities holdings of the financial sector in the current low-yield environment”, Financial Stability Review, BCE, novembre 2015.
  36. La politica macroprudenziale mira a prevenire l’accumulo eccessivo di rischi, ad accrescere la capacità di tenuta del settore finanziario e a limitare gli effetti di contagio.
  37. Cfr. la monografia “A framework for analysing and assessing cross-border spillovers from macroprudential policies”, Financial Stability Review, BCE, maggio 2015.
  38. L’accordo prevede: 1) il trasferimento ai compartimenti nazionali delle contribuzioni raccolte dalle autorità nazionali di risoluzione; 2) la graduale messa in comune dei fondi a disposizione nei compartimenti nazionali; 3) l’ordine in base al quale le risorse dei compartimenti e di altra fonte sono smobilizzate al fine di finanziare la risoluzione; 4) la possibilità di reintegrare all’occorrenza le risorse dei compartimenti; e 5) la possibilità di effettuare all’occorrenza operazioni temporanee di prestito fra i compartimenti nazionali.
  39. Il livello obiettivo è pari all’1 per cento dell’importo totale dei depositi garantiti all’interno dell’unione bancaria, corrispondente all’incirca a 55 miliardi di euro.
  40. Cfr. “Is Europe overbanked?”, Reports of the Advisory Scientific Committee, n. 4, CERS, giugno 2014.
  41. Cfr. Grill, M., Lang, J. H. e Smith, J., “The impact of the Basel III leverage ratio on risk-taking and bank stability”, Special Feature A, Financial Stability Review, BCE, novembre 2015.
  42. Lo standard TLAC non preclude alle autorità la possibilità di utilizzare, ove necessario per un eventuale salvataggio, altre passività idonee ai fini del bail-in.
  43. “Building a Capital Markets Union – Eurosystem contribution to the European Commission’s Green Paper”, 21 maggio 2015.
  44. Cfr. il comunicato stampa della BCE del 29 marzo 2015. L’annuncio ha fatto seguito alla sentenza del 4 marzo del Tribunale dell’Unione europea (si veda anche la sezione 6 del capitolo 2).
  45. Ai sensi dell’articolo 141, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e degli articoli 17, 21.2, 43.1 e 46.1 dello Statuto del SEBC, nonché dell’articolo 9 del Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002.
  46. Ai sensi degli articoli 122, paragrafo 2, e 132, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, degli articoli 17 e 21 dello Statuto del SEBC e dell’articolo 8 del Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio dell’11 maggio 2010.
  47. Ai sensi degli articoli 17 e 21 dello Statuto del SEBC (in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 5, dell’accordo quadro per l’EFSF).
  48. Ai sensi degli articoli 17 e 21 dello Statuto del SEBC (in combinato disposto con l’articolo 5.12.1 dei termini generali del MES per gli accordi sullo strumento di assistenza finanziaria).
  49. Nell’ambito dell’accordo di prestito che coinvolge da un lato, in qualità di prestatori, gli Stati membri che hanno adottato l’euro (diversi dalla Grecia e dalla Germania) e la Kreditanstalt für Wiederaufbau (che agisce nell’interesse pubblico, in base alle istruzioni e beneficiando della garanzia della Repubblica federale di Germania) e, dall’altro, la Repubblica ellenica in qualità di debitore e la Bank of Greece come suo agente, nonché in conformità con gli articoli 17 e 21.2 dello Statuto del SEBC e l’articolo 2 della Decisione BCE/2010/4 del 10 maggio 2010.
  50. Per ulteriori informazioni cfr. www.ecb.europa.eu/pub/conferences.
  51. Regolamento (UE) 2015/534 della Banca centrale europea del 17 marzo 2015 sulla segnalazione di informazioni finanziarie a fini di vigilanza (BCE/2015/13).
  52. Informazioni più dettagliate sulle attività di ricerca della BCE, incluse le informazioni su eventi, pubblicazioni e reti di ricerca, sono disponibili sul sito Internet della BCE.
  53. Il Regno Unito è esentato dall’obbligo di consultazione, in conformità con il Protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, che è allegato al Trattato (GU C 83 del 30.3.2010, pag. 284).
  54. Cfr. CON/2015/2, CON/2015/22, CON/2015/25, CON/2015/33, CON/2015/35 e CON/2015/42.
  55. Cfr. CON/2015/3, CON/2015/17, CON/2015/19, CON/2015/28, CON/2015/47 e CON/2015/48.
  56. Cfr. CON/2015/40 e CON/2015/52.
  57. Cfr. CON/2015/36 e CON/2015/46.
  58. Cfr. CON/2015/37 e CON/2015/45.
  59. Cfr. CON/2015/6, CON/2015/8, CON/2015/9, CON/2015/41 e CON/2015/44.
  60. Cfr. CON/2015/29 e CON/2015/51.
  61. Cfr. CON/2015/5, CON/2015/24, CON/2015/27 e CON/2015/30.
  62. Cfr. CON/2015/26 e CON/2015/32.
  63. Cfr. CON/2015/1, CON/2015/7, CON/2015/11, CON/2015/12, CON/2015/13, CON/2015/14, CON/2015/15, CON/2015/16, CON/2015/23, CON/2015/31, CON/2015/34, CON/2015/38, CON/2015/43, CON/2015/47 e CON/2015/53.
  64. Sono inclusi: a) i casi in cui un’autorità nazionale ha omesso di richiedere il parere della BCE in merito a proposte legislative rientranti nella sfera di competenze della BCE; b) i casi in cui un’autorità nazionale ha formalmente consultato la BCE ma senza lasciarle tempo sufficiente per esaminare le proposte legislative e formulare un parere prima che tali proposte venissero adottate.
  65. Legge che modifica e integra la legge sugli enti creditizi, pubblicata nel numero 50, del 3 luglio 2015, della Darjaven Vestnik.
  66. Pubblicata nel numero 9/2015 della Gazzetta ufficiale croata.
  67. Legge XXXIX del 2015, pubblicata nel numero 2015/53 della Magyar Közlöny.
  68. Legge CV del 2015, pubblicata nel numero 2015/100 della Magyar Közlöny.
  69. Legge CXLV del 2015, pubblicata nel numero 2015/142 della Magyar Közlöny, .
  70. Legge n. 87/2015.
  71. Per maggiori dettagli, cfr. il riquadro La creazione del Comitato europeo per le finanze pubbliche nel numero 7/2015 del Bollettino economico della BCE.
  72. Per ulteriori informazioni, cfr. il riquadro intitolato La creazione dei comitati per la competitività nel quadro della realizzazione di un’autentica unione economica nel numero 8/2015 del Bollettino economico della BCE.
  73. Cfr. la sezione 3.5 del capitolo 1.
  74. Per il regolamento interno della BCE, cfr. la Decisione BCE/2014/1, del 22 gennaio, che modifica la Decisione BCE/2004/2, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea; la Decisione BCE/2004/2, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea, GU L 80 del 18.3.2004, p. 33; la Decisione BCE/2004/12, del 17 giugno 2004, che adotta il regolamento interno del Consiglio generale della BCE, GU L 230 del 30.6.2004, p. 61; e la Decisione BCE/1999/7, del 12 ottobre 1999, relativa al regolamento interno del Comitato esecutivo della BCE, GU L 314 dell’8.12.1999, p. 34. Questi regolamenti sono disponibili anche sul sito internet della BCE.
  75. Decisione BCE/2004/3, del 4 marzo 2004, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea, GU L 80 del 18.3.2004, p. 42, e successive modifiche.
  76. Oltre ai contratti basati su posizioni equivalenti a tempo pieno, la cifra include i contratti a breve termine concessi a personale distaccato dalle BCN e da organizzazioni internazionali e i contratti dei partecipanti al Graduate Programme.