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La crisi finanziaria: sfide e risposte

Discorso di Lorenzo Bini Smaghi, Membro del Comitato esecutivo della BCE
Associazione Pianificatori Bancari
Firenze, 16 ottobre 2009

Signore, Signori,

desidero ringraziare gli organizzatori per avermi offerto, con questo invito, l’opportunità di presentare alcune riflessioni sulla crisi finanziaria.

1) Una breve ricostruzione della recente crisi finanziaria

Vorrei iniziare dalle cause delle turbolenze: nei quattro anni precedenti all’estate del 2007 le condizioni macro-finanziarie apparivano, in superficie, molto favorevoli. L’economia mondiale cresceva vigorosamente; l’inflazione era moderata; la liquidità nei mercati dei capitali era abbondante e il settore finanziario offriva rendimenti notevoli; la redditività era elevata; i prezzi delle attività aumentavano; la volatilità implicita nei mercati azionari, obbligazionari, del credito e dei cambi era molto contenuta in termini storici; infine, i premi al rischio erano eccezionalmente modesti.

In questo contesto economico in apparenza favorevole, l’innovazione progrediva rapidamente nei mercati finanziari. Si pensi in particolare alle cartolarizzazioni: le banche riconfezionavano i prestiti, soprattutto i mutui ipotecari, per poi rivenderli, liberando così capitali da destinare a nuovi prestiti. Questo processo era ampiamente percepito come un’evoluzione positiva, in quanto consentiva una migliore e più vasta distribuzione del rischio. È probabile che ciò abbia incoraggiato l’assunzione di rischi non soltanto all’interno ma anche all’esterno del settore finanziario. In un contesto di liquidità abbondante, alcuni comparti dell’attività bancaria hanno cominciato a dipendere in misura significativa dalle cartolarizzazioni e dai finanziamenti ottenuti sul mercato monetario non garantito.

In questo quadro economico, nel complesso propizio, si apriva però una falla che molti economisti hanno trascurato: l’economia e il sistema finanziario mondiali stavano accumulando squilibri significativi a vari livelli. Cito in particolare l’esuberanza dei prezzi degli immobili e dell’attività di cartolarizzazione, che ha agevolato una crescita smisurata del credito. Un altro squilibrio importante risiedeva nel fatto che, mentre alcuni paesi (Giappone, Cina, Germania, i paesi esportatori di petrolio) risparmiavano in misura eccessiva, altri (Stati Uniti, Spagna, Europa orientale) si indebitavano per finanziare consumi e investimenti (connessi ad esempio alla costruzione di immobili commerciali e residenziali). Questi andamenti non erano sostenibili e sarebbe bastata una scintilla per innescare forti turbolenze nei mercati finanziari e nell’economia mondiale.

Alla fine, la scintilla è scoppiata nel mercato statunitense dei mutui ipotecari. L’aumento delle inadempienze e delle procedure esecutive immobiliari ( foreclosure) ha messo in luce l’esuberanza del mercato degli immobili residenziali e ha causato il brusco arresto del mercato dei mutui di qualità non primaria, i cosiddetti subprime. I mercati delle cartolarizzazioni si sono paralizzati, le banche hanno dovuto ritrasferire attività dalle società veicolo ai propri bilanci e ha iniziato a sgretolarsi la fiducia nei mercati finanziari. La crisi si è rapidamente estesa a tutto il settore finanziario e si è propagata ad altre economie, industrializzate ed emergenti. Le banche centrali sono diventate la prima linea di difesa, rispondendo all’insorgere della crisi con iniezioni di liquidità nel sistema finanziario. Quando la crisi di liquidità è diventata una crisi di solvibilità che minacciava la stabilità finanziaria, i governi hanno fatto inizialmente ricorso a piani di salvataggio tradizionali mirati a singole istituzioni: sono state concesse linee di liquidità a favore di istituti insolventi, che in molti casi sono stati poi sottoposti a vendita e fusione con un partner che si presumeva più solido.

Nonostante queste misure, nell’autunno del 2008 il sistema finanziario si è trovato sull’orlo del tracollo, dopo il fallimento di Lehman Brothers il 15 settembre. L’onda d’urto si è propagata attraverso il sistema finanziario mondiale, soprattutto per l’importanza di Lehman Brothers come controparte nel mercato dei derivati di credito. Dagli Stati Uniti la crisi si è diffusa a paesi che fino ad allora ne avevano scongiurato gli effetti peggiori. Perdite su esposizioni nei confronti di Lehman Brothers sono state iscritte nei bilanci delle banche di tutto il mondo. Mentre l’avversione al rischio e la diffidenza tra gli operatori finanziari causavano il prosciugamento dei mercati di raccolta, la fiducia dei depositanti veniva gravemente lesa dai timori circa la solvibilità delle istituzioni finanziarie.

La crisi, in rapido peggioramento, è dilagata anche al di fuori delle istituzioni finanziarie. Le condizioni dei mercati interbancari e di altri mercati del finanziamento a breve termine si sono nettamente deteriorate. I differenziali di rischio di credito hanno raggiunto nuovi massimi e le quotazioni azionarie hanno registrato un brusco calo. I mercati finanziari delle economie emergenti si sono trovati sotto pressione poiché la fuga verso attività più sicure ha causato l’inversione dei flussi di capitali.

I governi di tutto il mondo sono stati costretti ad agire con prontezza per evitare la completa o parziale paralisi dei rispettivi sistemi finanziari. Nel contesto dell’UE, in seguito a un vertice di emergenza convocato a Parigi nell’ottobre 2008, i governi hanno attuato misure di sostegno coordinate per attenuare le pressioni sui sistemi bancari. Tali misure integravano le massicce iniezioni di liquidità effettuate dalla BCE a partire dall’estate del 2007 e prevedevano garanzie sulle passività bancarie, fra cui una più ampia copertura degli schemi di assicurazione sui depositi. I governi hanno anche ricapitalizzato le istituzioni finanziarie; in alcuni casi hanno addirittura acquisito la quota di maggioranza oppure hanno diluito il valore della quota degli azionisti. Inoltre hanno protetto le istituzioni finanziarie dalle perdite sull’attivo, mediante operazioni di separazione patrimoniale ( ring-fencing), garanzie statali, operazioni di swap e trasferimento delle cosiddette “attività tossiche” dai bilanci delle banche.

Questi interventi sono riusciti a evitare l’aggravarsi della crisi e a impedire il collasso dei sistemi finanziari. Senza dubbio, le misure di sostegno pubblico hanno contribuito a ridurre il rischio di insolvenza delle banche quale percepito dal mercato, che si rifletteva ad esempio nell’andamento dei premi sui CDS. Per qualche tempo, tuttavia, gli ampi differenziali dei mercati monetari interbancari e i premi elevati sui CDS delle banche, nonché il basso livello dei corsi delle azioni bancarie, hanno rispecchiato il perdurante pessimismo degli investitori nei confronti del settore bancario. Ciò nonostante, l’andamento positivo di tali indicatori registrato sulle due sponde dell’Atlantico da marzo 2009 denota un cauto recupero del clima di fiducia del mercato; a questa evoluzione contribuisce un miglioramento generalizzato della redditività delle banche, soprattutto per gli ingenti ricavi netti da interessi e la ripresa dei proventi dall’attività di negoziazione nel secondo trimestre dell’anno.

Sebbene ciò sia indubbiamente rassicurante, sarebbe prematuro proclamare la fine della crisi. Resta da vedere se le diverse fonti di reddito rimarranno solide nella seconda metà dell’anno, poiché la concorrenza dovrebbe aumentare e la ripresa dei mercati finanziari è ancora piuttosto fragile. Inoltre, quanto meno nell’area dell’euro, vi sono segnali di un deterioramento della qualità creditizia del portafoglio prestiti delle banche, riconducibile all’acuirsi delle difficoltà finanziarie nel settore delle famiglie e delle imprese. Le banche potrebbero gradualmente riassorbire le minusvalenze da valutazione subite sui titoli; tuttavia, la rapida espansione degli accantonamenti ai fondi rischi su crediti suggerisce che potrebbe essere imminente una nuova ondata di svalutazioni delle attività bancarie nell’area dell’euro, con conseguenti riduzioni patrimoniali.

Le prospettive per il settore finanziario restano quindi incerte e dipendono in misura considerevole dalla ripresa economica. Di recente, il ritmo di contrazione dell’economia si è arrestato nell’area dell’euro, seppure con notevoli differenze fra i paesi. In prospettiva, ci aspettiamo un graduale recupero, con tassi di crescita positivi nel 2010. Questa evoluzione favorevole potrebbe potenziare in parte la capacità di tenuta dei bilanci di famiglie e delle imprese. Tuttavia, la notevole gravità della recessione in termini storici, il venir meno – a un certo momento – delle misure di sostegno adottate dai governi, nonché la forte incertezza sulle prospettive economiche comportano il perdurare di rischi elevati per la stabilità finanziaria, connessi alla situazione macroeconomica. In questo contesto è possibile che si rafforzino le interazioni avverse tra fattori macroeconomici e finanziari e che quindi si determinino ulteriori svalutazioni. Sebbene fino ad ora le banche siano sostanzialmente riuscite a compensare le svalutazioni con aumenti di capitale, è possibile che gli sforzi per la raccolta di fondi e la riduzione della leva finanziaria ostacolino l’offerta di credito all’economia reale, accrescendo ulteriormente le pressioni su famiglie e imprese.

2) Insegnamenti da trarre dalla crisi e interventi delle autorità pubbliche

La crisi finanziaria ha portato alla ribalta del dibattito internazionale la necessità di sopperire alle carenze di regolamentazione e di vigilanza nei mercati finanziari. La consapevolezza che la dimensione globale della crisi richiedeva un coordinamento internazionale adeguato ha stimolato l’azione a livello del Gruppo dei Venti, che ha stabilito un programma di riforma del quadro di regolamentazione e vigilanza.

In particolare, la crisi finanziaria ha evidenziato l’esigenza di riformare l’attuale impostazione delle politiche sotto tre aspetti fondamentali. Innanzitutto, è necessario un sostanziale miglioramento sul piano della regolamentazione e della vigilanza per evitare, tra l’altro, l’insorgere di incentivi distorti nei mercati finanziari, anche se ciò comporta un metodo di regolamentazione più invasivo delle istituzioni finanziarie. In secondo luogo, il quadro regolamentare andrebbe esteso a tutte le componenti dei mercati finanziari che possono generare rischi per la stabilità finanziaria. Infine, occorre adottare un’impostazione sistemica nel settore della vigilanza, riconoscendo che le istituzioni finanziarie operano in un contesto complesso e presentano molteplici interconnessioni.

Passo a esaminare singolarmente i punti menzionati, le misure messe in atto e le azioni che a mio parere restano da intraprendere.

La definizione delle politiche e i preparativi tecnici sono progrediti a velocità sostenuta su scala mondiale. Ora occorre mantenere lo slancio in questa direzione, nonché nell’applicazione delle misure decise a livello dell’UE e in ambito nazionale.

Occorre innanzitutto assicurare un allineamento fra incentivi e rischi degli operatori di mercato. È proprio la struttura degli incentivi all’origine dei cicli di forte ascesa e calo repentino a cui abbiamo assistito. A questo fenomeno hanno contribuito l’innovazione finanziaria, un’errata valutazione dei rischi e pratiche retributive non correlate ai rischi e ai risultati nel lungo periodo. Le banche devono migliorare le procedure di gestione del rischio e rivedere le pratiche retributive. Le autorità competenti devono stabilire un assetto regolamentare atto a favorire incentivi corretti. Ciò ha implicazioni in particolare per la definizione del quadro prudenziale relativo alle banche, il controllo prudenziale delle loro procedure di gestione del rischio e le regole in materia di retribuzioni e compensi.

Quanto al quadro prudenziale, occorre rafforzare la base patrimoniale delle banche e introdurre regole che ne assicurino la sufficiente capitalizzazione e liquidità in qualsiasi momento. È già in corso un ampio lavoro tecnico, soprattutto sotto l’egida del Comitato di Basilea. Un primo passo nella giusta direzione è rappresentato dai miglioramenti allo schema di regolamentazione di Basilea 2 che il Comitato ha pubblicato in luglio. Le regole riviste prevedono un trattamento più rigoroso delle esposizioni derivanti da cartolarizzazioni e dei veicoli fuori bilancio, nonché coefficienti patrimoniali significativamente superiori per il portafoglio di negoziazione. È inoltre allo studio del Comitato di Basilea una proposta intesa ad accrescere qualità, coerenza e trasparenza del capitale delle banche. Si lavora anche all’introduzione di una riserva di capitale anticiclica, alla definizione di una misura semplice della leva finanziaria a integrazione dei requisiti patrimoniali e allo sviluppo di standard relativi ai rischi di liquidità per le banche internazionali. Queste proposte dovrebbero essere completate entro la fine dell’anno.

Si può affermare che sono stati compiuti progressi significativi a livello mondiale; ora occorre completare il quadro. È anche importante che i miglioramenti dell’assetto prudenziale trovino rapida applicazione una volta avviata la ripresa economica. Desidero sottolineare la rilevanza della corretta tempistica di attuazione. Ciò vale soprattutto per l’introduzione di un livello di patrimonio più elevato e di una riserva di capitale anticiclica; su questo fronte occorre assicurare che il funzionamento dei mercati finanziari e la ripresa dell’economia non siano messi a repentaglio da azioni avventate.

Il potenziamento del quadro prudenziale deve essere affiancato da un miglioramento delle procedure interne di gestione del rischio da parte delle banche, con una vigilanza adeguata. I miglioramenti apportati allo schema di Basilea 2, che ho menzionato, comprendono anche linee guida prudenziali per rimediare alle carenze nelle pratiche di gestione del rischio delle banche messe in luce dalla crisi finanziaria. Si prevede un innalzamento degli standard in relazione a: governance interna e gestione del rischio a livello di impresa, esposizioni fuori bilancio e cartolarizzazione, gestione delle concentrazioni di rischio, incentivi per la gestione del rischio e dei rendimenti nel lungo periodo. Le banche e le autorità di vigilanza dovrebbero recepire immediatamente le modifiche.

Infine, è altrettanto necessario correggere la visione troppo a breve termine, stabilendo un maggiore rapporto fra i compensi dei banchieri e i rischi e i risultati. Nelle linee guida per lo schema di Basilea 2 sono stati incorporati i principi per pratiche remunerative corrette che sono stati pubblicati il 2 aprile 2009 dal Forum per la stabilità finanziaria, ricostituito come Comitato per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board) in quella stessa data. L’adozione dei principi è in corso a livello mondiale, con il patrocinio del Comitato di Basilea e della International Organization of Securities Commissions (IOSCO). Su richiesta dei ministri delle finanze e dei governatori del G20, il Comitato per la stabilità finanziaria ha inoltre elaborato standard di attuazione per i principi, che sono stati approvati dai leader del G20 a Pittsburgh in settembre.

Nell’UE, sono state introdotte disposizioni importanti sulla remunerazione dei banchieri nella proposta di modifica della direttiva sui requisiti patrimoniali avanzata dalla Commissione europea in luglio. In tale documento si afferma che le pratiche retributive dovrebbero promuovere una gestione prudente del rischio e obiettivi di redditività a lungo termine, nonché scoraggiare l’assunzione di rischi eccessivi. Si conferisce inoltre alle autorità di vigilanza bancaria il potere di sanzionare le banche qualora non soddisfino i requisiti previsti. Gli strumenti a disposizione dell’autorità di vigilanza in tali circostanze vanno dall’imposizione di una modifica nella struttura retributiva alla facoltà di richiedere che siano detenuti fondi aggiuntivi, al diritto di comminare sanzioni e ammende.

Gli sviluppi in materia di gestione del rischio e di retribuzioni sono da apprezzare. Il rafforzamento della corporate governance, una maggiore trasparenza e meccanismi di applicazione credibili avranno un effetto positivo sulla stabilità finanziaria. Appoggiamo pertanto i principi retributivi e gli standard di attuazione del Comitato per la stabilità finanziaria e ne sollecitiamo la pronta applicazione. Desidero evidenziare in questa occasione che la coerenza a livello internazionale è essenziale per preservare condizioni di parità concorrenziale, in termini sia di contenuto che di tempistica delle misure. Rischiamo altrimenti non soltanto un trasferimento di talenti o addirittura istituzioni finanziarie da una giurisdizione all’altra, ma anche di perdere slancio nell’attuazione ad opera dei legislatori locali.

Il programma di riforma definito dai leader del Gruppo dei Venti prevede inoltre che la portata della regolamentazione sia estesa a tutti i mercati, le istituzioni e gli strumenti finanziari di rilevanza sistemica che in precedenza non erano regolamentati, fra questi: i titoli derivati OTC, gli hedge fund e le agenzie di rating. Se non viene gestita in modo coerente a livello mondiale, l’attività in questi ambiti – essendo a vocazione tipicamente internazionale – comporta un rischio di arbitraggio normativo e di evasione.

Dobbiamo prendere atto con soddisfazione dei rapidi progressi compiuti nell’estendere la portata della regolamentazione. Ad esempio, lo scorso aprile è stato approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea un regolamento dell’UE relativo alle agenzie di rating, inteso ad accrescere la trasparenza e a ridurre potenziali conflitti di interesse; in luglio l’amministrazione statunitense ha presentato una proposta legislativa corrispondente. Nello stesso spirito, sulle due sponde dell’Atlantico sono state formulate proposte legislative riguardanti la sorveglianza dei pool di capitali privati, fra cui in particolare gli hedge fund.

E' ben noto l’intenso dibattito sulla regolamentazione degli hedge fund in Europa. Colgo l’occasione per ribadire il richiamo della BCE a realizzare una regolamentazione coerente e coordinata a livello mondiale. Dal momento che esistono già proposte concrete sia nell’Unione europea sia negli Stati Uniti, ritengo che vi sia l’esigenza e l’opportunità di portare avanti un dialogo tra giurisdizioni per formulare una risposta coordinata a livello internazionale e preservare condizioni di parità concorrenziale.

Terzo, si lavora all’istituzione di un quadro di regolamentazione e vigilanza con un orientamento macroprudenziale. La crisi ha messo in luce l’importanza di una stretta interazione tra vigilanza macro e micro prudenziale per preservare la stabilità finanziaria, poiché la vigilanza micro prudenziale, da sola, non è in grado di valutare appieno i rischi sistemici presenti nei mercati finanziari.

Di recente, la Commissione europea ha proposto l’istituzione di un Comitato europeo per il rischio sistemico (ESRB) al quale affidare la sorveglianza macroprudenziale del sistema finanziario, per prevenire o attenuare i rischi sistemici ed evitare il propagarsi di turbolenze finanziarie. Il Comitato individuerà i rischi potenziali per la stabilità finanziaria, segnalerà i casi significativi e formulerà raccomandazioni su politiche tese a mitigare e a contenere i rischi identificati.

Nello svolgimento dei suoi compiti, il Comitato europeo per il rischio sistemico sarà coadiuvato dal Comitato tecnico consultivo, che permetterà di riunire le competenze e le conoscenze approfondite delle banche centrali nazionali e delle autorità di vigilanza in materia di mercati finanziari. Sarà altresì indispensabile stipulare accordi efficaci per la cooperazione e lo scambio di informazioni tra il Comitato europeo per il rischio sistemico e le nuove autorità europee di vigilanza, come prevedono le proposte legislative della Commissione.

3) Una risposta mondiale alla crisi finanziaria

La dimensione mondiale della crisi finanziaria ha suscitato una risposta internazionale che presenta caratteristiche inedite.

Come ho già menzionato, nell’autunno del 2008 il Gruppo dei Venti ha assunto un ruolo guida, definendo un programma di riforma delle politiche di regolamentazione e vigilanza. Per la prima volta nella sua storia, il G20 ha concordato un’ampia serie di misure, a cui dovranno dare seguito le autorità nazionali e gli organismi deputati alla definizione degli standard internazionali. Al vertice di Pittsburgh, in settembre, i leader del G20 hanno ribadito l’importanza del coordinamento mondiale e hanno designato il G20 quale principale istanza di coordinamento internazionale.

In secondo luogo, per imprimere maggiore slancio al processo e migliorare la comprensione delle interconnessioni mondiali dei mercati finanziari, è stato attribuito un ruolo centrale al nuovo Comitato per la stabilità finanziaria, a cui ho accennato poc’anzi. Questo organismo gode ora di un fondamento istituzionale più solido e di una partecipazione allargata anche agli altri membri del G20, alla Spagna e alla Commissione europea. In giugno anche il Comitato di Basilea ha rivisto la propria composizione, includendo tutti i paesi del G20, Hong Kong e Singapore.

Il ruolo guida assunto dal G20 nella riforma del quadro di regolamentazione e la composizione allargata del Comitato per la stabilità finanziaria e del Comitato di Basilea stimoleranno un’attuazione adeguata e tempestiva delle riforme, anche in importanti paesi emergenti. Al tempo stesso consentiranno il coordinamento degli sforzi a livello internazionale.

4) Prospettive per il futuro

Il sistema finanziario attraversa una fase di transizione ed è chiaramente difficile formulare previsioni per il futuro. Il sistema bancario mondiale sta riemergendo da un crisi finanziaria che gli ha inflitto gravi perdite in termini di fiducia e di valore. Nel contempo, le iniziative sul piano della regolamentazione cambieranno radicalmente le strutture bancarie e i prodotti finanziari nel prossimo futuro.

È possibile che la crisi finanziaria abbia causato un arresto temporaneo dell’integrazione del settore bancario a livello mondiale. Questo perché le banche potrebbero avere avuto la necessità di concentrarsi sui propri mercati principali e sul risanamento dei bilanci. Inoltre, alcuni piani nazionali di stabilizzazione contemplano misure di sostegno ai creditori (piccole e medie imprese e famiglie), che hanno carattere prettamente nazionale. Tuttavia, quando l’economia registrerà un recupero e il funzionamento dei mercati tornerà alla normalità, ritengo probabile la ripresa dei fattori di lungo periodo che in passato hanno promosso l’integrazione finanziaria.

Le attuali riforme della regolamentazione dovrebbero avere, invece, un effetto più permanente. Le banche, in futuro, dovranno disporre di livelli di patrimonio più elevati (e qualitativamente superiori) e di attività più liquide, affineranno i processi interni di gestione del rischio e presteranno maggiore attenzione alle asimmetrie di scadenza. Infine, i bilanci saranno più trasparenti in relazione alle attività svolte nei mercati dei capitali.

La crisi finanziaria offre un’occasione preziosa per la riforma della regolamentazione da parte della comunità internazionale. In questo momento è forte l’impulso politico a migliorare lo stato delle cose, ma potrebbe svanire rapidamente ai primi segnali di ripresa economica. È quindi indispensabile una rapida attuazione delle misure concordate, per la futura stabilità dei mercati finanziari.

A mio giudizio, inoltre, le banche dovranno ripensare alcune strategie di finanziamento. In passato vi erano settori di attività che dipendevano in ampia misura dalle cartolarizzazioni e dal mercato monetario non garantito. Queste due fonti di finanziamento si sono sostanzialmente esaurite durante la crisi ed è incerta la misura in cui si riprenderanno. È quindi probabile che le banche siano costrette a reperire fonti alternative. Dall’inizio della crisi, molti istituti hanno già parzialmente compensato la carenza di liquidità nel mercato monetario accrescendo attivamente la base di depositi. Pur essendo opportuno che continuino ad adoperarsi in tal senso, le banche dovrebbero anche pensare di abbandonare i settori di attività più dipendenti dalla disponibilità di finanziamenti a breve termine.

Un altro aspetto importante nel medio periodo è la strategia di uscita dalle misure di sostegno pubblico, anche sul piano delle politiche finanziarie e di bilancio. È importante strutturare con chiarezza le strategie di uscita, affinché agevolino il rientro ordinato e graduale delle misure.

Un aspetto altrettanto rilevante è la tempistica: sarà necessario soppesare attentamente i rischi di un’uscita prematura e di un’uscita tardiva. Un’uscita tardiva potrebbe causare una distorsione della concorrenza, favorire il moral hazard insito nei meccanismi di protezione dai rischi verso il basso, nonché creare rischi per le finanze pubbliche.

Ma esistono anche rischi associati a una possibile uscita anzitempo. In particolare, la sostenibilità della ripresa economica – mondiale e dell’area dell’euro - e il rafforzamento della stabilità finanziaria continuano a essere subordinati al mantenimento delle misure di sostegno.

5) Conclusioni

Mi accingo a concludere.

I mercati finanziari sono stati scossi da turbolenze per oltre due anni, durante i quali le banche sono state messe a dura prova. Le difficoltà del settore finanziario si sono propagate all’economia reale sul finire del 2008, dando luogo a una recessione particolarmente grave in termini storici sulle due sponde dell’Atlantico. Negli ultimi mesi sono emersi crescenti segnali di stabilizzazione dell’attività economica nell’area dell’euro; questi ci suggeriscono che è terminato il periodo di significativa contrazione e seguirà una fase di stabilizzazione e ripresa molto graduale. Anche gli andamenti recenti dei mercati finanziari – generalmente positivi e migliori delle attese – hanno influito favorevolmente sulle prospettive di stabilità finanziaria. Permangono, tuttavia, numerosi rischi e fragilità, che – associati a un’elevata incertezza – denotano una persistente vulnerabilità dell’economia e del settore finanziario.

Ma la crisi finanziaria rappresenta anche un’opportunità di riforma della regolamentazione. Inoltre, offre alle banche l’occasione di rivedere radicalmente le pratiche di gestione del rischio e verificare che i metodi adottati siano idonei ad affrontare le complessità dei mercati finanziari. A livello politico, l’accordo del G20 sul programma di regolamentazione non ha precedenti, in termini sia di portata sia di copertura geografica. Dobbiamo ora assicurare che le misure decise trovino rapida applicazione a livello nazionale, regionale e settoriale. É importante che non perdiamo questo treno.

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